The Shadi's friends

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The Shadi's friends Nella vita ci sono tante occasioni per fare del bene, ognuno fa la sua scelta. Io spero di averla fatta per questo cavallo. Stefano
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13/02/2022

None of the video footage or music is mine. I only claim ownership of the editing, hence the watermark. Please take the time to read this description as well...

27/10/2021

Mi capita di parlare di equitazione, un certo tipo di equitazione con persone che di cultura equestre ne hanno ben poca.
Alcune non necessariamente sono tenute ad averne, ma altre figure che lavorano nell'ambiente dell'equitazione dovrebbero!

Queste persone spesso fanno affermazioni che non hanno un fondamento , non si sa da chi le hanno sentite , non si sa su quale trattato le hanno lette eppure continuano ad affermare senza argomentare che si fa cosi e basta.

Siccome in equitazione il "secondo me" senza argomentare, senza dettagliare, senza un fondamento , ma un fai da te basato sull' empirismo inteso come "Superficialità dovuta a scarsa informazione o a mancanza di approfondimento." conta quanto il due di picche a briscola chiamata oltre che a volte dannoso e poco etico invito/suggerisco di iniziare a leggere un po di piu, in quanto non è mai troppo tardi.

Suggerisco quindi una serie di trattati scritti da importanti personaggi dal rinascimento ad oggi.
Spero per il benessere dei cavalli che il mio invito venga seguito.

"Siccome quasi tutti i libri storici presenti sul mio sito sono difficilotti da leggere, sia per il contenuto sia perchè sono scritti in italiano antico, consiglierei di cominciare a leggere questi libri che si possono acquistare facilmente in rete.

"Caprilli, vita e scritti" di Di Carlo Giubbilei

"Le opere della cavalleria. La tradizione italiana dell'arte equestre durante il Rinascimento e nei secoli successivi.
G. Battista Tomassini
In pratica questo libro è il riassunto di 500 anni di Equitazione dal rinascimento fino a Caprilli.

Per integrare quanto scritto nel libro di Giovanni Battista Tomassini
leggere Il libro scritto dal Colonnello Paolo Angioni "A cavallo di un secolo"

Dopo aver letto questo libro consiglierei di leggere un capolavoro dell'equitazione , a parere mio naturalmente ,
Paillard Jean Saint-Fort - CAPIRE 'LEQUITAZIONE - Traduzione Colonnello Paolo Angioni
Questo libro in particolare andrebbe studiato ancora prima di salire a a cavallo.

Altro libro a seguire ma ormai introvabile E' questo :
I IL DITO NELLA PIAGA. Ciò che i cavalieri devono sapere per mantenere in salute il proprio cavallo di Gerd Heuschmann

Siccome questo libro non si trova piu suggerisco
ALLA RICERCA DELL' EQUILIBRIO. Principi classici per la performance del cavallo sempre dello stesso autore , un pò piu difficile rispetto al precedente.

Segue altro capolavoro immancabile
"ANDATURE E SENSAZIONI" di Pierre chambry
Purtroppo è introvabile
Andature e sensazioni è un manuale che riunisce tecnica e sentire in equitazione. Tecnica: fisiologia, propulsione, attitudini e andature; sensazioni: ascolto dei movimenti del cavallo.
Consigliato a tutti quelli che continuano a mettere gambe senza sapere quando dove e come usarle senza rendere sordo un cavallo e senza contrastarlo.

Quante volte ci sentiamo dire gambe gambe , metti gambe..
Ma mi vuoi dire benedetto istruttore dove quando e perchè ??
Per finire questo percorso bisognerebbe studiare
"Come si alimenta il cavallo” - Fabio Terruzzi "

Fno a qua praticamente non avrete imparato niente di tecnica in quanto studiando questi libri avrete la conoscenza della storia della equitazione fatta dai grandi cavalieri del passato,
Saprete come funziona un cavallo sia mentalmente che fisicamente
Capirete che non c'è piu niente da inventare tutto è gia stato inventato compresi i vari sussurratori di cavalli .
Saprete riconoscere chi sa e chi si spaccia di sapere , a cominciare da quelli che alla prima difficoltà del cavallo ti consigliano di cambiare l'imboccatura con una piu forte.
Leggete cosa scriveva FIASCHI nel suo trattato del 1556

"Non ci si deve però illudere sugli effetti dei diversi tipi di morso. S’inganna chi pensa di risolvere i difetti fisici dell’animale mutando continuamente briglia, soprattutto se ne accresce la severità.
Il risultato che si ottiene cosi facendo è esattamente contrario , perchè il tormento che si infligge all’animale finisce per renderlo prima riottoso poi insensibile e sfrenato.
Chi lo fa dimostra solo di procedere alla cieca a causa della propria ignoranza."

Questa frase dovrebbe essere stampata all'ingresso di ogni maneggio

Alla fine di tutte queste letture potrai accedere allo studio di libri piu tecnici , a cominciare da questo :
Jean Licart - EQUITAZIONE RAGIONATA - Traduzione Colonnello Paolo Angioni
A questo punto credo che sarete in grado di scegliere da soli con quali libri proseguire il percorso.

27/10/2021
05/10/2021

Condivido questo scritto del Colonnello Paolo Angioni a proposito del falso mito delle IMBOCCATURE. Spero serva. Lo spero per i cavalli.

“Si continua a scrivere e dibattere il tema di vari tipi di imboccature. L'imboccatura e' semplicemente il tramite che unisce la mano alla bocca del cavallo, la sensibilità del cavaliere a quella del cavallo. Anche la mano è un tramite della sensibilità e del cervello dell'uomo. A parte il capezzone a leva, descritto da autori italiani e già usato nel Cinquecento, ora chiamato hackamore, prima dell'invenzione di tutti questi tipi di imboccature che fanno fare affari d'oro ai produttori e ai commercianti di bardature, c'erano il filetto e il morso e filetto o briglia, con i derivati del primo e della seconda, con i derivati, cioè, della leva che aumenta la potenza della trazione agendo sia sulle barre sia sulla barbozza.
Soffermarsi tanto a lungo sui tipi di imboccatura equivale a diffondere la falsa opinione che ci siano imboccature meno o più piacevoli per il cavallo e fa dimenticare che l'unico elemento importante, piacevole, per modo di dire, o spiacevole, è la mano del cavaliere. Se è buona non ci sono problemi. Se è cattiva, tanto vale attaccare le redini a una museruola con leva o senza leva per limitare gli effetti nocivi della mano. La mano si può educare. E prima della mano bisognerebbe educare la sensibilità del cavaliere, anch'essa migliorabile in relazione all'età e alla natura del cavaliere.
La storia delle imboccature è una presa in giro del neofita o del cavaliere inesperto, che sono la fortuna del commerciante. Ogni nuova imboccatura ha sul cavallo l'effetto sorpresa, che dura qualche giorno. Poi il cavallo, che ha difetti o difese o difficoltà nel lavoro, trova la strada per sottrarsi o per vincere il nuovo strumento, perché il suo istinto lo porta a concentrare tutta la sua attenzione sull'origine del fastidio, mentre il cavaliere ha tante cose cui pensare.
Mettete un cavallo alla corda con qualsiasi tipo di imboccatura e vedete un po' se fa difese con la bocca. Nessuna, perché non c'è la mano che tira o agisce a sproposito.
Osservate i cavalieri al passo in un campo di prova o in una scuola di equitazione dove si dovrebbero insegnare i principi e i metodi della buona equitazione. Quasi tutti hanno le mani ferme, spesso appoggiate al garrese. Il cavallo nella locomozione al passo oscilla l'incollatura, il cosiddetto bilanciere, formato da collo e testa. A ogni passo completo avanza e ritrae due volte l'incollatura. E sono due tironi provocati dalla mano ferma del cavaliere.
Come il passo, il galoppo è un'andatura basculata. Ad ogni falcata di galoppo il bilanciere si abbassa e si allunga, si alza e si ritrae. E a ogni falcata è un bel tirone. Il cavallo si difende come può. Talvolta sottraendosi e incappucciandosi, talaltra alzando, se può, la testa. Contro l'incappucciamento non ci sono armi a portata di mano (tranne le desuete redini rigide). Contro l'innalzamento della testa c'è la redine di ritorno. Così la povera bestia non solo non può evitare il fastidio, ma deve subirlo disciplinatamente.
Siccome l'imboccatura agisce sulle barre e sulla lingua, e sulla barbozza se ha una leva, non potendo il cavallo modificare la posizione delle barre, per cercare di sottrarsi al fastidio o addirittura al dolore, inizia a cercare una via di scampo, incomincia a muovere la lingua, a passarla sopra il ferro, a farla uscire lateralmente, a ritrarla verso il fondo del palato. E siccome non basta, incomincia a muovere la testa, a sbatterla, a puntare sulla mano, a strappare le redini per eliminare la pressione di una mano cattiva. E' ovvio che dopo un po' di tempo di simili raffinate torture, anche se si elimina la causa del fastidio, cambiando cavaliere quindi mano, per esempio, rimne l'a manifestazione dell'insofferenza, perché il cavallo è un abitudinario.
Allora il cavaliere, dopo aver passato la capezzina sotto il filetto e averla stretta di qualche buco, "così non apre più la bocca", oppure avendo aggiunto all'imboccatura una paletta contro lo scavalcamento della lingua, incomincia a domandarsi il perché di simili sconsiderate reazioni e studia il modo di aggirare il problema, rendendo più dolce l'imboccatura (non la sua manaccia), chiedendo consigli ai colleghi più esperti e recandosi infine dal suo sellaio per iniziare gli esperimenti in genere senza fine.
Poi ci sono coloro che seguono le mode, vedono un cavalire in genere di nome con uno strano aggeggio e lo mettono subito in bocca al proprio cavallo. E' un po' come la moda, ora, della martingala con forchetta, aggiustata in modo che è come se non ci fosse e che certo male non fa, o di quella ridicola retina che si mette sulla testa dei poveri cavalli, che spesso scende a coprire parzialmente gli occhi. Osservare le fotografie per convincersene.
Il cavaliere dovrebbe invece con modestia e umiltà esaminare il proprio modo di stare in sella, studiare la locomozione del cavallo, seguire i movimenti naturali dell'incollatura, industriarsi con ogni attenzione per avere sulle barre e sulla commessura delle labbra un contatto il più leggero possibile, sempre uguale, smetterla di ritenere che con le redini "si sostiene" il cavallo, abbandonare a intervalli completamente le redini per mettere a riposo un organo tanto delicato come la bocca e a intervalli lasciare che l'incollatura si distenda a piacimento. Allora si renderebbe conto che due sono le migliori imboccature: il filetto e la briglia. La loro dolcezza o la loro severità dipendono soltanto dalla dolcezza e dalla severità della mano del cavaliere. Buon lavoro e invito a riflettere. Paolo Angioni”

01/10/2021

E' sempre colpa dell'istruttore ?

Nel 2016 scrissi questo post in un forum molto seguito.
Anni fa in un forum ci si chiedeva come mai alcuni istruttori facessero il loro lavoro quasi senza voglia , senza motivazione , quali potevano essere le cause.

Nel 2016 scrissi questa cosi:
"Ci sono molte variabili da tenere in considerazione. La prima è che quasi tutto è regolato dal guadagno.
E questo vale a tutti i livelli .
Anche qui c’è da distinguere, il centro è una ASD ? Pratica agonismo ? E’ semplicemente una cascina dove si ha la passione dei cavalli ?
L’istruttore è dipendente ? E’ un istruttore freelance? Ha un contratto di collaborazione con l’associazione ASD ?

Se il centro guadagna bene allora guadagnano bene tutti, istruttore , groom maniscalco, etc.
Piu si guadagna piu c’è possibilità di comprare buoni cavalli da scuola , quindi il rapporto allievo cavallo può essere piu mirato, o comprare attrezzature per la gestione del cavallo (Lampada infrarossi per l’inverno ad esempio) o per gli insegnamenti (barriere nuove ad esempio).
Perchè questo funzioni , il centro deve guadagnare , l’istruttore è costretto a fare quello che gli dice il suo capo che solitamente è il proprietario del centro e se quello dice metti 10 allievi per volta cavalli e pony tutti insieme l’istruttore se non vuole perdere il posto esegue.
Ovviamente la qualità della lezione non può essere che scadente.
L’istruttore non ha colpe ma l’allievo ha tutto il diritto di lamentarsi e chiedere di fare lezioni piu specifiche , mirate e meno numerose.

Secondo me, gli istruttori migliori sono quelli che lavorano "in proprio" e non dipendono da una scuderia”

Per mia fortuna io insegno motivato dalla passione, ho i capelli bianchi, vivo della mia pensione e passare tempo con i cavalli all’aria aperta , insegnare ad andare a cavallo e vedere la soddisfazione degli allievi al termine della lezione è , a mio vedere , un bel modo di trascorrere il tempo. Certo quattro soldi in piu mi fanno comodo siamo onesti.
Non facciamo agonismo e questo a mio avviso fa la differenza. Si respira un aria di serenità e di tranquillità.
Qualche garetta la facciamo ma fra di noi garette dell’oratorio il sociale per capirci, giusto per divertirci e tutto finisce in una mangiata.

Ovviamente ho fatto delle scelte, non facendo agonismo rinuncio anche ad una parte di guadagno che arriverebbe da portare gli allievi in gara etc etc.

Ho fatto delle scelte, perchè posso permettermelo, e quindi la lezione si basa sul massimo rispetto del cavallo e sulla qualità della lezione che si svolge quasi sempre singola o al massimo con due/tre allievi. Da sella si scende solo se arriva il risultato, anche minimo , può essere semplicemente una transizione fatta meglio della settimana precedente o il saltino migliorando la posizione delle gambe rispetto la lezione precedente
Se vedo un allievo in difficoltà la lezione successiva la farà singola fino a quando lo riterrò necessario.

Tuttavia , pur lavorando nelle migliori condizioni qualche problema con gli allievi si trova sempre.

C’è chi si rende perfettamente conto che m***ando una volta sola a settimana i risultati tarderanno ad arrivare e acetta,

C’è una categoria di allievi , ragazzini, che m***a una volta a settimana ma fanno altri 1000 sport e quando m***ano durano 20 minuti e poi non ce la fanno piu . Cosa si fa ?

Tanti non si rendono conto che nonostante sia il cavallo ad essere l’atleta anche il cavaliere un minimo di forma fisica deve averla anche se si m***a poco.

Poi ci sono quelli che m***ano un pò e poi saltano un mese o anche due e poi riprendono. E bisogna iniziare tutto di nuovo. E’ sbagliato considerare il numero di anni da cui si è iniziato a m***are per ti**re le somme e vedere i risultati. Poiché andrebbero contate il numero di lezioni fatte e soprattutto se sono state fatte con costanza.
Sei mesi di lezioni, una due volte alla settimana ma costanti valgono più di due tre anni di equitazione dove si è m***ato poco e con molte interruzioni e ripartenze, poiché questo è il modo più sbagliato per crescere, per andare avanti.
Allora è difficile costruire l’assetto e l’equilibrio i risultati non arrivano e spesse volte, anche se l’evidenza direbbe il contrario, si preferisce dare la colpa all’istruttore o al cavallo.

Poi ci sono i genitori, quasi sempre mamme , che a casa fanno ripassare la lezione al proprio figliolo, metti le mani cosi, i piedi li tieni sbagliati, non devi far fare al cavallo quello che vuole etc etc.
Ecco consiglio a questi genitori di lasciare i propri figli e tornare a prenderli solo a lezione abbondantemente finita.

Di seguito allego il profilo dell’istruttore visto da quel grandissimo cavaliere e personaggio che è stato il conte Fabio Mangilli.

Mi rendo conto che quello che scrive è nella maggior parte dei casi non applicabile

L’ISTRUTTORE

L’istruttore che dirige una ripresa di allievi ha ben poco tempo da passare in silenzio. Si ottiene ben poco facendo andare gli allievi dietro un capo ripresa e facendo eseguire collettivamente delle figure di maneggio.
L’istruttore deve parlare con voce sufficentemente alta ma non deve strillare e tantomeno irritarsi con chi non riesce a fare quanto gli viene consigliato.
Si deve considerare che m***a a cavallo solo chi lo fa di spontanea volontà per soddisfare un proprio piacere o per seguire una attività prescelta.
Non si può quindi pensare che chi vuole imparare faccia dell’ostruzionismo all’istruttore.
L’istruttore deve spiegare il perchè di ogni azione , come deve essere eseguita e quale è il risultato che si deve ottenere l’allievo non può costruirsi un corredo di conoscenze proprie e si abituerà ad eseguire , senza raziocinio, ciò che gli viene consigliato di volta in volta
L’istruttore trae la sua capacità ed il conseguente successo del suo lavoro esclusivamente dalla mente.
La sua mente deve essere un grande deposito di conoscenze.
In queste capacità deve trovare le indicazioni da suggerire, la capacità di spiegare come deve essere fatta un’azione cosa si vuole ottenere con essa e quale è lo scopo di ricercarne la rispondenza.
L’istruttore deve ispirare fiducia nei suoi allievi, sia con la sicurezza del suo sapere che con la linearità del suo comportamenteo.
L’istruttore deve usare un linguaggio discreto, dal quale eliminare molte parole superflue per rendere l’eloquio essenziale e chiaro.
Mai deve irritarsi per farsi intendere, quando si rende conto che un allievo , o gli allievi, non hanno afferrato un concetto, deve sospendere il lavoro per esporre con calma quanto vuol far capire.
L’occhio dell’istruttore deve correre continuamente alla ricerca dei piccoli errori di compostezza o dei modi di agire, alle varie e frequenti tensioni muscolari, agli scorretti atteggiamenti del cavallo che l’allievo non cerca di modificare.
Accade che qualche cavaliere , pressato dalle insistenti osservazioni, perda la intima calma e con essa l’obbiettività di giudizio, chiudendosi all’accettazione dei consigli di chi cerca di essergli utile.
E’ importante che un istruttore non lasci un allievo scivolare in un simile stato d’animo.
La persona che si da all’istruzione equestre ,non trova una molla sufficente nel fatto che cavalieri provenienti dalla sua scuola raccolgano successi, ma deve essere spinta da una vocazione , deve sapersi imporre fatiche e sacrifici per il piacere di dare , di trasmettere , di creare.
Deve avere la forza di soffocare le sempre possibili delusioni e di andare avanti sempre cercando il meglio.
Le soddisfazioni sono, quasi sempre , solo intime, ma ciò deve essere sufficente.

01/10/2021
01/10/2021

La calma piu assoluta è indispensabile in tutte le azioni dell addestramento. Ora, anche la volontà più ferma non permette sempre al cavaliere di evitare che la sua calma morale venga turbata e non permette mai che la sua calma fisica sia ristabilita istantaneamente quando è stata alterata da una perdita, anche leggera e momentanea della calma morale.
Uno scatto di impazienza può essere represso come si è prodotto,ma le sue conseguenze sulla tensione nervosa del cavaliere dura piu a lungo,sopratutto piu a lungo di quanto il.cavaliete stesso se ne renda conto.
Il cavallo, al contrario,, che percepisce istantaneamente questo nervosismo, ne partecipa immediatamente, e non lo supera se non dopo che è sparito nel cavaliere.
A questo proposito, l'animale è dotato di una sensibilità straordinariamente delicata,al punto che il semplice gioco delle orecchie è un indicatore permanente del suo stato d'animo, se cosi si puo dire,e permette al cavaliere di rendersi conto egli stesso o nel caso in cui questa perdita della calma provenga da una causa totalmente indipendentemente dal cavallo.
Ne risulta che, al minimo turbamento della serenità, il cavaliere ha la necessità assoluta di aspettare che il tempo eserciti la propria azione per ristabilire integralmente la sua calma fisica, che presiede a quella del cavallo.
Un tempo "morto" o un tempo di riposo, se non è in gioco la sottomissione, è indispensabile prima di riprendere la lezione.
Dopo una viva contrarietà che nulla ha a che fare col cavallo, l'addestratore deve avere la saggezza di rimandare la lezione del giorno e sapersi accontentare di offrire al proprio allievo una semplice salutare passeggiata. ,
Da EQUITAZIONE ACCADEMICA general Decarpentry

01/10/2021

** Studio dimostra che non c'è sollievo dalla stabulazione in solitaria **

Oggetti da leccare, specchi, cibo distribuito più di 3 volte al giorno... niente di tutto questo riesce a ridurre il disagio di un cavallo che vive in bo. Lo sapevamo, ma lo conferma con una ricerca ad hoc un team francese.

I ricercatori hanno preso in esame 12 fattori chiave gestionali per valutare se un cambiamento ritenuto più in linea con l'etologia del cavallo influenzasse il manifestarsi di alcuni comportamenti: stereotipie, aggressività verso l'umano e disinteresse in generale. Nessuna modifica apportata ai box ha portato delle significative variazioni nel tasso di incidenza dei comportamenti su indicati. Minimamente significativi sono stati una lettiera in paglia rispetto che in altri materiali, una finestra aperta verso l'esterno e una riduzione dei cibi concentrati a favore del fieno: modifiche in questa direzione hanno prodotto alcuni cambiamenti comportamentali, ma poco significativi.

I fattori presi in considerazione per lo studio sono stati: genere, età, lettiera, presenza di una finestra, presenza di una griglia fra i box, l'uso di mangimi concentrati, la disciplina equestre, il livello di performance ed il tempo speso nelle competizioni o nell'allenamento. Nessuno di questi fattori però, pur se modificato, riesce a sopperire alla mancanza di un gruppo sociale, della libertà di movimento e di espressione.
Lo studio è durato 9 mesi e ha coinvolto 187 cavalli sportivi, ospitati in box senza accesso al pascolo o paddock.

Ruet, la ricercatrice che ha condotto lo studio, conferma quello che altri studi hanno già trovato: tanto più a lungo un cavallo vive in una condizione di isolamento in box, quanto più è probabile che mostri quei comportamenti di cui sopra. Il team aveva predetto all'inizio dello studio che un cambio di attività (per esempio, aumentare il tempo di allenamento per aumentare la possibilità di "sfogare" l'energia) o l'uso di "diversivi" nel box come oggetti da leccare o p***e con cui giocare, o ancora che due cavalli potessero vedersi attraverso una grata posta fra i box, potessero cambiare l'insorgenza di aggressività, inattenzione e stereotipie. Ma l'esito è stato, appunto, negativo.

Far vivere i cavalli in gestione naturale è, in fin dei conti, l'unico modo non solo per ridurre al minimo i problemi comportamentali, ma anche per stabilire una relazione sincera, in cui l'interesse del cavallo nei nostri confronti non è dato dal fatto che siamo l'unico diversivo della giornata, ma dovuto alla scelta fatta da un individuo sereno e soddisfatto della sua vita.

Riferimento: Housing Horses in Individual Boxes Is a Challenge with Regard to Welfare
Alice Ruet, Julie Lemarchand, Céline Parias, Núria Mach, Marie-Pierre Moisan, Aline Foury, Christine Briant and Léa Lansade. Animals 2019, 9(9), 621

01/10/2021

IL SALTO, di Ruggero Ubertalli.

Ai primi del '900 in Italia nacque il "Sistema di equitazione naturale".
Protagonista fu un ufficiale di cavalleria , Federico Caprilli, morto ancora giovane a 39 anni nel 1907.
Il suo sistema , che fu studiato e riconosciuto come il migliore dalle cavallerie di tutto il mondo , meno che dalla Francia che lo applicherà solamente intorno all'anno 1920 circa, oggi non esiste piu, per tanti motivi.

Mi sono impegnato da anni a tenerlo vivo sia insegnandolo sia cercando materiale storico e mettendolo a disposizione per tutti coloro che sono appassionati di equitazione.

Ringrazio tantissimo del Pra che mi ha mandato due articoli , recuperati sulla rivista "Il Cavallo Italiano" del 1923 scritti dal Capitan E Pralormo dal Capitano Ruggero Ubertalli, che fu uno dei migliori allievi di Federico Caprilli

Ne riporto qui alcune righe , il testo completo lo trovate alla mia pagina web di equitazione.

"... Cio che ha pubblicato ultimamente in Francia il Capitano De Sevy, e che il Capitano Pralormo ha riportato nella rivista "Il cavallo italiano" del Giugno scorso, mi ha maggiormente convinto di una opinione che mi sono formato da molto tempo e cioè, che per avere uguale parere sul cavallo e soprattutto sul suo equilibrio occorre m***arlo con lo stesso sistema e sentirlo nello stesso modo".

http://greenhorseasd.altervista.org/articoli.html

01/10/2021

Il mondo dell'equitazione è sempre piu in mano a gente che non ha mai aperto un libro. Tanto a che serve , mica si impara a m***are sui libri. C'era un signore però che una volta aveva detto : "Montate piu che potete ma non fate prendere polvere ai libri"
Nuno Olieira

"...Vedo spesso cose che mi danno fastidio, ma non posso parlare. Ognuno è libero di fare ciò che vuole e chi insegna, insegna solo ciò che sa. "
Questa è una frase che mi è venuta in mente recentemente.
Chi l'ha scritta è un cavaliere di nome Poliaga e non aggiungo altro.

LA FOTO È UN ESEMPIO NEGATIVO

Pubblico qui il testo intero , chissa ..

𝐋’𝐞𝐪𝐮𝐢𝐭𝐚𝐳𝐢𝐨𝐧𝐞 𝐞̀ 𝐮𝐧𝐚 𝐬𝐨𝐥𝐚. 𝐆𝐥𝐢 𝐢𝐧𝐬𝐞𝐠𝐧𝐚𝐦𝐞𝐧𝐭𝐢 𝐝𝐞𝐢 𝐯𝐞𝐜𝐜𝐡𝐢 𝐌𝐚𝐞𝐬𝐭𝐫𝐢 𝐬𝐢 𝐭𝐫𝐚𝐦𝐚𝐧𝐝𝐚𝐧𝐨 𝐧𝐞𝐥 𝐭𝐞𝐦𝐩𝐨

Vedo spesso cose che mi danno fastidio, ma non posso parlare. Ognuno è libero di fare ciò che vuole e chi insegna, insegna solo ciò che sa. Però dentro di me, fremo e rifletto sulle incoerenze cui assisto. Non è possibile che una persona ragionevole tratti il cavallo non come un animale domestico, bensì come fosse un pezzo di legno. Ma persino un pezzo di legno va trattato in un dato modo. Questo povero animale, che si chiama cavallo e che per la sua indole sottomessa e docile ha fatto e fa tutto ciò che l'uomo riesce a fargli capire, è troppo spesso maltrattato dall'uomo perché non esegue ciò che l'uomo stesso non è capace di chiedergli con un linguaggio semplice e chiaro. Forse, al giorno d'oggi, l'educazione è un po' carente.
L'educazione fra gli uomini è sempre più rara. Figuriamoci se parlando di un animale si può ti**re fuori la parola 'educazione'. Eppure non si può educare una persona o un animale se non si è educati. Essere educati, non è un segno di debolezza, anzi direi che è proprio il contrario.
Una persona bene educata, è una persona padrona di sé e delle sue azioni, e perciò è una persona forte. Guardando i cavalieri di oggi, non dico tutti ma una forte maggioranza, non fanno che tormentare il proprio cavallo con varie sevizie, strattoni in bocca, speroni nel costato, museruole strette che affaticano la respirazione, abbassa testa, redini di ritorno, elastici incrociati, e chi più ne ha più ne metta. A mio modo di vedere questi metodi sono tutti sbagliati, e perciò dannosi. Nella mia lunga vita, ho comperato molti cavalli che, lavorati da cavalieri 'esperti' che si servivano dei metodi seviziatori menzionati, dopo un certo periodo si rifiutavano di lavorare, anche se sottoposti a feroci punizioni. Questi cavalli si erano fatti una cattiva opinione degli uomini e giudicavano l'uomo come il loro carnefice. Il metodo per poter riavere la fiducia dal cavallo non consisteva altro che nel concedere al cavallo la massima fiducia. L’intelligenza di un cavallo, non è paragonabile a quella dell'uomo, però il suo istinto naturale di conservazione fa sì che egli usi un certo discernimento, per potersi procurare da vivere e per potersi difendere da eventuali nemici.
È sempre molto attento a non farsi del male e distingue ciò che gli può procurare un dolore da una possibile fonte di piacere.
Conoscendo quindi come ragiona un cavallo arrivare a riacquistare la sua fiducia è solo questione di tempo e di azioni corrette. Il principiante moderno non conosce il carattere del cavallo e non conosce le cose essenziali che un qualsiasi cavaliere - provetto o principiante - dovrebbe conoscere I giovani da parte loro non sempre sono ricettivi e volenterosi. Io continuo a vedere giovani incapaci di salire a cavallo senza l'aiuto del palafreniere! Poi ... poi ce il punto doloroso, perché non riguarda più i giovanissimi, ma riguarda quelli che dovrebbero essere di esempio ai giovani. Tutti i giorni osservo cavalieri che partecipano ai concorsi ippici, dotati anche di una certa attitudine a cavalcare, che trattano i loro cavalli con dei modi odiosi e con azioni piene di cattiveria.
Con le mani disturbano in continuazione la bocca del cavallo e con le gambe, munite di speroni (spesso con le punte) ne tormentano in continuazione il costato. Ambedue le azioni sono spesso intercalate da brusche strapponate in bocca. Questo è un punto che richiede un chiarimento. Il cavaliere comunica al cavallo i suoi ordini tramite il corpo ,le gambe e la mano. Il cavallo, per natura, è un esecutore di ordini. Ma come può un cavallo ( e anche un uomo) capire un ordine che gli viene trasmesso alla bocca quando questa delicatissima bocca è continuamente maltrattata da richiami inconsistenti e contraddittori? Se io ho per mano una persona e questa mia mano serve per portare questa persona in un dato posto, non posso sperare che dandogli continui strattoni, questa persona continui a lasciare la sua mano nella mia. Questa persona cercherà di sottrarsi alla mia stretta e il cavallo, infatti, si regola in egual modo. Un animale ( compreso l'uomo) metterà tutta la sua attenzione per eseguire un ordine, quando quest'ordine verrà impartito in modo chiaro e non doloroso. La base, quindi dell'equitazione, in primissimo luogo è il rispetto della bocca. Pensate ai cavalli guidati con le redini lunghe e cioè, ai cavalli attaccati, ai trattori, per esempio, che rispondono ai vari spostamenti richiesti dal guidatore in ragione di centimetri. Non ho mai visto in vita mia un guidatore fare delle chiamate sulla bocca del cavallo pari alle chiamate di certi cavalieri. La mano del cavaliere deve essere morbida ed elastica, trasmettendo gli ordini alla bocca del cavallo con la massima chiarezza e mediante azioni progressive fino anche a fare sentire al cavallo un atto di forza. Ma appena ottenuta la risposta, la mano deve ridiventare morbida ed elastica e non incutere più al cavallo soggezione, bensì trasmettergli fiducia e sicurezza. In gran parte il problema della buona equitazione dipende dalla mano del cavaliere. Un assetto scorretto, che cade all'indietro, in avanti o di lato, dà noia al cavallo, ma se il cavallo avrà molta libertà di collo (perché la mano gli permetterà di usarlo) difficilmente questo cavallo si rifiuterà di fare ciò che dal cavaliere gli verrà richiesto. La spiegazione è semplice. Il cavallo che può disporre liberamente della sua incollatura, istintivamente troverà il suo equilibrio a seconda che il peso del cavaliere sia o meno in armonia con il suo naturale equilibrio. Se voi prendete un bambino e lo mettete a cavalcioni sul-le vostre sp***e, e mentre camminate, il bambino si sposta a destra o a sinistra, voi che siete liberi di muovervi come meglio vi aggrada, troverete immediatamente l'equilibrio a seconda dello spostamento del bambino. Ma supponiamo che questo bambino vi prenda per il naso, obbligandovi a tenere la testa rivolta in alto, a destra a sinistra, e che sbilanciandosi a destra e a sinistra vi inciti a correre, voi come sopportereste questo suo comportamento? Insomma è il portatore che deve aver modo di equi-librarsi relativamente allo spostamento del carico che porta e non viceversa. Da questa considerazione risulta chiaro ed evidente, che il cavaliere deve avere un contatto costante con la bocca del cavallo, senza però impedire che il cavallo usi la sua incollatura per potersi equilibrare. Naturalmente il cavaliere provetto, e dotato di molta sensibilità, è capace di sentire e seguire, con il proprio corpo, l'equilibrio del suo cavallo facilitandolo nei movimenti. Anche qui mi spiegherò con un esempio: pensate al motociclista che porta dietro di sé un'altra persona. Se questo passeggero è dotato di molta sensibilità seguirà ogni movimento del motociclista; in caso contrario, il moto-ciclista si troverà in difficoltà ogni qual volta dovrà curvare. E qui entriamo nel campo dell'assetto in sella, di cui parleremo in un prossimo articolo.

Carlo Defendente Pogliaga

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