Giuseppe Febbraio DVM

Giuseppe Febbraio DVM Medico Veterinario, PhD, Diploma Master Universitario II livello in Gastroenterologia ed Endoscopia

L’osservazione di cristalli nel sedimento urinario dipende da diverse variabili che ne influenzano la formazione: entità...
10/07/2025

L’osservazione di cristalli nel sedimento urinario dipende da diverse variabili che ne influenzano la formazione: entità della saturazione dell’urina da parte dei precursori dei cristalli stessi, pH urinario, concentrazione totale dei soluti urinari (cioè, peso specifico dell’urina), presenza di promotori e inibitori della formazione di cristalli nell’urina, tempo intercorso tra il pasto e la raccolta delle urine (marea alcalina post prandiale), periodo di tempo trascorso tra il prelievo e l’analisi e refrigerazione prima dell’analisi.
La cristalluria è spesso presente nell’urina che è stata refrigerata, mentre potrebbe risultare assente nello stesso campione analizzato subito dopo il prelievo (La cristalluria nell’urina refrigerata ha scarso significato clinico).
𝐒𝐞 𝐧𝐨𝐧 𝐬𝐢 𝐭𝐢𝐞𝐧𝐞 𝐜𝐨𝐧𝐭𝐨 𝐝𝐢 𝐭𝐮𝐭𝐭𝐢 𝐪𝐮𝐞𝐬𝐭𝐢 𝐟𝐚𝐭𝐭𝐨𝐫𝐢, 𝐢𝐥 𝐬𝐢𝐠𝐧𝐢𝐟𝐢𝐜𝐚𝐭𝐨 𝐜𝐥𝐢𝐧𝐢𝐜𝐨 𝐝𝐞𝐥𝐥𝐚 𝐜𝐫𝐢𝐬𝐭𝐚𝐥𝐥𝐮𝐫𝐢𝐚 𝐩𝐮𝐨̀ 𝐞𝐬𝐬𝐞𝐫𝐞 𝐟𝐚𝐜𝐢𝐥𝐦𝐞𝐧𝐭𝐞 𝐦𝐚𝐥𝐞 𝐢𝐧𝐭𝐞𝐫𝐩𝐫𝐞𝐭𝐚𝐭𝐨.
Quando è importante il tipo di cristallo (causa una calcolosi attuale o pregressa o in quanto si sospetta un’anomalia vascolare epatica o tossicità da liquido antigelo) occorre analizzare campioni freschi. Si devono analizzare il numero, la grandezza e la struttura dei cristalli sempre tenendo a mente il pH urinario e la concentrazione delle urine.
Struvite, fosfati amorfi ed ossalati sono esempi di cristalli che si possono trovare nei normali campioni di urina. Acido urico, ossalato di calcio e cistina si osservano tipicamente nell’urina acida, mentre struvite o triplofosfato e ammonio biurato si trovano tipicamente nell’urina alcalina. Nei campioni concentrati di urina normale dei cani si possonono osservare cristalli di bilirubina.
👉 𝐂𝐀𝐔𝐒𝐄 𝐃𝐈 𝐂𝐑𝐈𝐒𝐓𝐀𝐋𝐋𝐔𝐑𝐈𝐀
Il rilevamento di cristalli di urato d’ammonio in altre razze oltre che Dalmata e Bulldog inglese può indicare insufficienza epatica (anomalia vascolare epatica).
I cristalli di ossalato di calcio in cani con insufficienza renale acuta indicano l’ingestione di liquido antigelo.
Spesso, la cristalluria preoccupa a causa dell’urolitiasi. La valutazione dei cristalli urinari può aiutare a rilevare condizioni che predispongono alla formazione di uroliti, a stimare la composizione degli uroliti e a valutare l’efficacia della terapia per sciogliere o preve**re la loro formazione. Tuttavia, in presenza di urolitiasi, la cristalluria non deve essere l’unico criterio usato per valutare la composizione dei calcoli. Gli animali con cristalluria non formano necessariamente uroliti e il riscontro di cristalluria non è sempre un’indicazione per il trattamento.
Per esempio, cani e gatti secernono grandi quantità di fosfato di ammonio magnesio (sruvite). Con un pH urinario superiore a 6.5, questa normale secrezione inizia a diventare visibile e più cristalli diventano evidenti. Quindi, la cristalluria da struvite è normale nella maggior parte dei cani e gatti. L’urolitiasi diventa rischiosa quando il ph diventa costantemente alcalino, di solito quando a causa di un’infezione da patteri ureasi produttori (nei cani) o quando l’urina è molto concentrata e si associa a un pH superiore a 6.5 (nei gatti).
La presenza di cristalli di cistina nell’urina del cane e del gatto e anormale ed indicativa di cistinuria. L’urolitiasi da cistina è un problema secondario ad una tubulopatia congenita nel corso della quale non vengono riassorbiti numerosi amminoacidi. La cisteina, in particolare, si trasforma in cistina che precipita appunto a formare i cristalli e poi gli uroliti.
𝑵𝒆𝒇𝒓𝒐𝒍𝒐𝒈𝒚 𝒂𝒏𝒅 𝑼𝒓𝒐𝒍𝒐𝒈𝒚 𝒐𝒇 𝒔𝒎𝒂𝒍𝒍 𝒂𝒏𝒊𝒎𝒂𝒍 ( 𝒋𝒐𝒆 𝑩𝒂𝒓𝒕𝒆𝒈𝒆𝒔, 𝑫𝒂𝒗𝒊𝒅 𝑱.𝑷𝒐𝒍𝒛𝒊𝒏) 𝒆 𝒔𝒆𝒎𝒑𝒓𝒆 𝒈𝒓𝒂𝒛𝒊𝒆 𝒂 𝑪 𝑶𝒔𝒃𝒐𝒓𝒏𝒆
👨🏼‍⚕𝐅𝐞𝐛𝐛𝐫𝐚𝐢𝐨 𝐆𝐢𝐮𝐬𝐞𝐩𝐩𝐞 𝐃𝐕𝐌, 𝐏𝐡𝐃
𝐃𝐢𝐩𝐥𝐨𝐦𝐚 𝐌𝐚𝐬𝐭𝐞𝐫 𝐈𝐈 𝐥𝐢𝐯𝐞𝐥𝐥𝐨 𝐆𝐚𝐬𝐭𝐫𝐨𝐞𝐧𝐭𝐞𝐫𝐨𝐥𝐨𝐠𝐢𝐚 𝐝𝐞𝐥 𝐜𝐚𝐧𝐞 𝐞 𝐝𝐞𝐥 𝐠𝐚𝐭𝐭𝐨

𝐄𝐍𝐓𝐄𝐑𝐎𝐏𝐀𝐓𝐈𝐀 𝐂𝐑𝐎𝐍𝐈𝐂𝐀 & 𝐏𝐀𝐒𝐓𝐎𝐑𝐄 𝐓𝐄𝐃𝐄𝐒𝐂𝐎La malattia infiammatoria intestinale (IBD/Enteropatie croniche idiopatica) è un im...
13/04/2025

𝐄𝐍𝐓𝐄𝐑𝐎𝐏𝐀𝐓𝐈𝐀 𝐂𝐑𝐎𝐍𝐈𝐂𝐀 & 𝐏𝐀𝐒𝐓𝐎𝐑𝐄 𝐓𝐄𝐃𝐄𝐒𝐂𝐎
La malattia infiammatoria intestinale (IBD/Enteropatie croniche idiopatica) è un importante argomento di discussione e ricerca in gastroenterologia ancora oggi.
Le enteropatie croniche idiopatiche, definite semplicemente enteropatie croniche (EC), sono caratterizzate da una storia di sintomi gastroenterici con durata superiore alle tre settimane, come vomito, diarrea, dimagramento, associato o meno a ipoalbuminemia nausea, anoressia/pica, borborigmi.
Il termine idiopatiche implica l’esclusione di cause non gastroenteriche quindi metaboliche, endocrine, tossiche, infettive/parassitarie, pancreatiche per le quali la sola istologia è inadeguata.
Nel cane le EC vengono classificate sulla base della risposta clinica a determinate terapie empiriche in:
1. Enteropatia che risponde alla dieta,
2. Enteropatia che risponde all’immunosoppressione,
3. Enteropatia che risponde agli antibiotici.
I cani con grave perdita proteica intestinale, tale da far diminuire le albumine sotto livelli critici (1,5g/dL), sono classificati come affetti da PLE (Enteropatia Proteino-Disperdente)
La gastroenterologia moderna prevede che una enteropatia cronica o IBD che dir si voglia, si manifesti in un individuo geneticamente predisposto, attivata da una interazione tra fattori ambientali, alterazioni del microbiota (disbiosi), componenti della dieta, e sistema immunitario associato all’apparato gastroenterico. Tutto questo genera un processo infiammatorio più o meno grave che determina la comparsa dei sintomi.
𝐋𝐚 𝐠𝐞𝐧𝐞𝐭𝐢𝐜𝐚 𝐡𝐚 𝐮𝐧 𝐫𝐮𝐨𝐥𝐨 𝐢𝐦𝐩𝐨𝐫𝐭𝐚𝐧𝐭𝐞 𝐧𝐞𝐥𝐥𝐨 𝐬𝐯𝐢𝐥𝐮𝐩𝐩𝐨 𝐝𝐞𝐥𝐥𝐞 𝐩𝐚𝐭𝐨𝐥𝐨𝐠𝐢𝐞 𝐢𝐧𝐟𝐢𝐚𝐦𝐦𝐚𝐭𝐨𝐫𝐢𝐞 𝐧𝐞𝐥𝐥’𝐮𝐨𝐦𝐨. 𝐀𝐧𝐜𝐡𝐞 𝐢𝐧 𝐯𝐞𝐭𝐞𝐫𝐢𝐧𝐚𝐫𝐢𝐚 𝐥𝐚 𝐩𝐫𝐞𝐝𝐢𝐬𝐩𝐨𝐬𝐢𝐳𝐢𝐨𝐧𝐞 𝐝𝐢 𝐚𝐥𝐜𝐮𝐧𝐞 𝐫𝐚𝐳𝐳𝐞 𝐜𝐚𝐧𝐢𝐧𝐞 𝐩𝐞𝐫 𝐥’𝐈𝐁𝐃/𝐄𝐂 𝐬𝐨𝐬𝐭𝐢𝐞𝐧𝐞 𝐜𝐨𝐧 𝐟𝐨𝐫𝐳𝐚 𝐮𝐧 𝐫𝐮𝐨𝐥𝐨 𝐩𝐞𝐫 𝐥𝐚 𝐠𝐞𝐧𝐞𝐭𝐢𝐜𝐚 𝐝𝐞𝐥𝐥’𝐨𝐬𝐩𝐢𝐭𝐞.
Questa predisposizione di razza (ad es, Boxer, Bouledogue Francese e Pastori Tedeschi), assieme alla risposta alla terapia, punta verso un’interazione fra la suscettibilità dell’ospite e il microbiota. Nei Boxer e nei Bouldogue Francesi con colite granulomatosa, la remissione duratura è correlata all’eradicazione degli E.coli invasivi a livello della mucosa del colon che sono simili ai ceppi isolati nella malattia di Crohn nell’uomo.
Gli sudi condotti sul 𝐏𝐚𝐬𝐭𝐨𝐫𝐞 𝐓𝐞𝐝𝐞𝐬𝐜𝐨 hanno identificato polimorfismi in fattori dell’immunità innata, cioè i recettori di tipo Toll (TLR), che sono segregati con la malattia.
“Recenti studi clinici condotti presso il Royal Veterinary Center, hanno dimostrato che i cani di qualsiasi razza con IBD attiva clinicamente grave esprimono livelli più elevati di TLR2 e TLR4 nel duodeno, a confronto con cani sani. Nel PT in particolare, l’espressione di TLR2 si è dimostrata essere 60 volte più elevata in confronto ai cani sani. Inoltre, sempre recentemente, si è scoperto un’alterazione della comunità microbica caratterizzata da diversità ristrette accanto all’arricchimento delle specie all’interno della famiglia delle Enterobateriaceae in cani con IBD e, in particolare, nei 𝐏𝐓 𝐜𝐨𝐧 𝐈𝐁𝐃. . Inoltre i ricercatori, hanno messo a punto un’analisi di mutazione del TLR2, TLR4 e TLR5 in 10 PT con IBD. Uno dei tre polimorfismi che hanno identificato nel gene TLR5 del PT è stato ulteriormente valutato in uno studio caso controllo e si è riscontrato che era significativamente associato ad IBD in questa razza. (Allenspach K)”
𝑪𝒐𝒏𝒄𝒍𝒖𝒔𝒊𝒐𝒏𝒊
Siamo ancora lontani dall’obiettivo di trovare modi migliori per diagnosticare e trattare le EC nel cane.
Nei prossimi anni la ricerca continua fornirà migliori conoscenze e regimi di trattamento più precisi per i numerosi animali che presentano segni compatibili con la malattia infiammatoria intestinale.
Ipotesi eziopatogenetiche
L’IBD coinvolge un’interazione complessa tra genetica dell’ospite, microambiente intestinale(principalmente batteri e costituenti dietetici), sistema immunitario e fattori scatenanti ambientali dell’infiammazione intestinale. I passaggi specifici che portano a IBD, assieme alla base per la variazione fenotipica e le risposte imprevedibili al trattamento, sono sconosciuti.
• Suscettibilità genetica
• Perdita della tolleranza immunologica ai componenti dei batteri endogeni
• Aumentata permeabilità della mucosa intestinale che favorisce una aumentata esposizione degli antigeni al sistema immunitario intestinale
• Una carenza selettiva di IgA – i Pastori Tedeschi con malattia intestinale cronica hanno mostrato di avere una relativa deficienza di IgA a livello della mucosa intestinale.
👇
Allenspach K, Smith K et al. Evaluation of mucosal bacteria and histopathology, clinical disease activity and expression of Toll-like receptors in German Shepard dogs with chronic enterpathies.
Vet Microbiol 2010; 146: 326-335.

👨🏼‍⚕𝐅𝐞𝐛𝐛𝐫𝐚𝐢𝐨 𝐆𝐢𝐮𝐬𝐞𝐩𝐩𝐞 𝐃𝐕𝐌, 𝐏𝐡𝐃
𝐃𝐢𝐩𝐥𝐨𝐦𝐚 𝐌𝐚𝐬𝐭𝐞𝐫 𝐈𝐈 𝐥𝐢𝐯𝐞𝐥𝐥𝐨 𝐆𝐚𝐬𝐭𝐫𝐨𝐞𝐧𝐭𝐞𝐫𝐨𝐥𝐨𝐠𝐢𝐚 𝐝𝐞𝐥 𝐜𝐚𝐧𝐞 𝐞 𝐝𝐞𝐥 𝐠𝐚𝐭𝐭𝐨

𝐌𝐄𝐃𝐈𝐂𝐈𝐍𝐀 𝐅𝐄𝐋𝐈𝐍𝐀 𝐈𝐋 𝐆𝐀𝐓𝐓𝐎 𝐆𝐈𝐀𝐋𝐋𝐎 𝐋𝐈𝐏𝐈𝐃𝐎𝐒𝐈 𝐄𝐏𝐀𝐓𝐈𝐂𝐀 𝐅𝐄𝐋𝐈𝐍𝐀 (𝐅𝐇𝐋)La lipidosi epatica (HL) è una sindrome, comune nel gatto, ...
24/03/2025

𝐌𝐄𝐃𝐈𝐂𝐈𝐍𝐀 𝐅𝐄𝐋𝐈𝐍𝐀 𝐈𝐋 𝐆𝐀𝐓𝐓𝐎 𝐆𝐈𝐀𝐋𝐋𝐎
𝐋𝐈𝐏𝐈𝐃𝐎𝐒𝐈 𝐄𝐏𝐀𝐓𝐈𝐂𝐀 𝐅𝐄𝐋𝐈𝐍𝐀 (𝐅𝐇𝐋)
La lipidosi epatica (HL) è una sindrome, comune nel gatto, associata a digiuno prolungato o malnutrizione proteico-calorica seguita da un accumulo eccessivo di lipidi all’interno degli epatociti, con conseguente disfunzione epatica, potenzialmente letale.
La maggior parte degli autori ritiene che quasi tutti i gatti con lipidosi epatica, se non addirittura la totalità, siano affetti da un’altra malattia
primaria. Un’ampia serie di casi ha però evidenziato una percentuale del 28% di malattia probabilmente idiopatica, spesso indotta dallo stress.
𝐂𝐀𝐑𝐀𝐓𝐓𝐄𝐑𝐈𝐒𝐓𝐈𝐂𝐇𝐄 𝐔𝐍𝐈𝐂𝐇𝐄 𝐃𝐄𝐈 𝐅𝐄𝐋𝐈𝐍𝐈
I gatti sono carnivori obbligati, per cui la loro capacità di sintetizzare per via endogena molti aminoacidi essenziali e acidi grassi essenziali si è notevolmente ridotta o persa nel tempo. Inoltre, il metabolismo dei carboidrati è diverso da quello delle specie onnivore, con i gatti che hanno un fabbisogno complessivo di carboidrati inferiore e una minor propensione a utilizzare grassi e proteine, rispetto ai carboidrati, per ottenere energia e una tendenza a favorire le vie della gluconeogenesi dipendenti dagli aminoacidi per mantenere la normoglicemia
𝐏𝐀𝐓𝐎𝐅𝐈𝐒𝐈𝐎𝐋𝐎𝐆𝐈𝐀
La fisiopatologia della lipidosi epatica è complessa e poco compresa. La lipidosi epatica colpisce solo il gatto e non è stata descritta nel cane. L’elevato fabbisogno proteico dei gatti, associato ad alterazioni del normale metabolismo lipidico, potrebbe tradursi in un accumulo epatico di lipidi dovuto a inappetenza prolungata. L’anoressia, accompagnata da malnutrizione proteico-calorica, causa lipolisi periferica, in seguito alla quale gli acidi grassi liberi vengono rilasciati nella circolazione e finiscono nel fegato dove vengono trasformati in trigliceridi (TG) che si accumulano negli epatociti. Questo accumulo eccessivo di TG epatici può alterare la normale funzione epatica e rappresenta la principale caratteristica della lipidosi epatica.
𝐂𝐋𝐈𝐍𝐈𝐂𝐀
La maggior parte dei gatti con lipidosi epatica sono di mezza età o anziani e hanno antecedenti di obesità o sovrappeso.
Gli elementi prevalenti sono anamnesi da inappetenza della durata, in genere di 5-7 giorni, perdita di peso corporeo (in particolare della massa magra ma anche perdita di grasso principalmente dai depositi periferici) anche del 25% e sintomi gastrointestinali variabili (vomito, diarrea e costipazione). Le altre caratteristiche anamnestiche riflettono i processi patologici primari o sottostanti. Alla presentazione, la maggior parte dei gatti presenta ittero (gatto giallo) ed epatomegalia non algica con profilo uniforme. I gatti con squilibrio elettrolitico grave sviluppano notevole ventrofessione della testa/collo. Alcuni gatti accusano ipersalivazione, che riflette verosimilmente la nausea o la presenza dell’encefalopatia epatica.
I gatti colpiti presentano una storia clinica di anoressia o importante riduzione dell’appetito (che dura da alcuni giorni a molte settimane) e una evidente perdita di peso (in particolare la massa magra) è, inoltre, associata a squilibri metabolici significativi e complicanze potenzialmente letali.
Considerando che la FHL non comporta lesioni epatiche necrotico infiammatorie, le anomalie ematologiche e biochimiche riflettono per lo più il processo patologico sottostante o primario e la grave colestasi causata dall’accumulo di trigliceridi epatocellulare. Non c’è un’ovvia predisposizione di razza o di sesso, ma è possibile che esista una tendenza individuale a sviluppare la HL.
𝐋𝐀𝐁𝐎𝐑𝐀𝐓𝐎𝐑𝐈𝐎
Gli esami diagnostici in caso di sospetta lipidosi epatica devono includere analisi di laboratorio e studi di diagnostica per immagini. Agli esami di laboratorio i pazienti con lipidosi epatica mostrano in genere anemia non rigenerativa con poichilocitosi e corpi di Heinz, che riflettono la presenza di stress ossidativo. Le principali anomalie nelle analisi biochimiche del siero, indicative di colestasi intraepatica, includono forte aumento della bilirubina totale, dell’attività della fosfatasi alcalina (ALP) e aumento variabile dell’attività dell’alanina aminotransferasi (ALT) e dell’aspartato aminotransferasi (AST).
Altre anomalie agli esami biochimici sono variabili e possono includere iperglicemia o ipoglicemia, bassi valori di azoto nel sangue, ipokaliemia, ipofosfatemia o ipomagnesemia. È stato segnalato che il 45% dei gatti con lipidosi epatica presenta anomalie della coagulazione come conseguenza della carenza di vitamina K. L’analisi delle urine potrebbe evidenziare bilirubinuria, chetonuria o lipiduria. Ulteriori esami dovrebbero includere la misurazione della lipasi pancreatica, dato che la lipidosi epatica potrebbe ve**re confusa con la pancreatite acuta, nonché dei livelli sierici di folati e cobalamina, (B12) visto che i gatti con lipidosi epatica sono spesso affetti da malattia intestinale che potrebbe alterare i livelli di queste vitamine del gruppo B.
All’ecografia i pazienti potrebbero mostrare segni di epatomegalia con iperecogenicità diffusa del parenchima epatico. L’agoaspirato con guida ecografica e la citologia mostrano una vacuolizzazione nel citoplasma, con contenuto lipidico, nella maggior parte degli epatociti. Questi risultati, oltre alle valutazioni cliniche, di laboratorio e di imaging generalmente sono sufficienti per formulare una diagnosi clinica di lipidosi epatica. Generalmente non c’è bisogno di effettuare una biopsia epatica con istopatologia per effettuare la diagnosi, tuttavia potrebbe aiutare a capire
se l’animale soffre di altri disturbi epatici concomitanti.
𝐓𝐑𝐀𝐓𝐓𝐀𝐌𝐄𝐍𝐓𝐎
L’istituzione di un supporto nutrizionale intensivo è fondamentale per il trattamento della patologia.
Una terapia efficace richiede la correzione delle disfunzioni (a livello ad es di fluidi, elettroliti, adeguato apporto proteico/calorico e vitamine), oltre alla diagnosi e al trattamento della patologia primaria sottostante. La diagnosi precoce ed un efficace trattamento può far guarire > 80% dei gatti colpiti.
La nutrizione assistita è la pietra miliare nel trattamento e prevenzione della FHL. È importante coprire i fabbisogni proteico calorici del paziente basandosi sul reale peso corporeo di ogni singolo paziente o ripristinare il corretto peso corporeo.

Messaggio chiave
La lipidosi epatica è una sindrome colestatica frequente e potenzialmente letale che colpisce i gatti di appartamento in sovrappeso
• Correggere l’eventuale disidratazione e le anomalie elettrolitiche. Identificare e trattare le altre malattie di base, se presenti. Iniziare il prima possibile un supporto nutrizionale intensivo.
• L’uso di una sonda per nutrizione consente una pratica e non stressante somministrazione delle sostanze nutritive.
• L’alimentazione forzata è fortemente sconsigliata perché provoca ulteriore stress e può portare all’avversione per il cibo.
• Le modificazioni elettrolitiche sono una importante causa di morbidità e mortalità del paziente e circa il 50% dei pazienti sviluppa una coagulopatia.
• Pochi gatti con lipidosi epatica possono essere gestiti con alimentazione orale forzata e anzi questa procedura può accellerare la comparsa della “ sindrome del rifiuto di cibo”.
• La FHL si presenta come una grave sindrome acuta che può provocare la morte del gatto a causa di una grave disfunzione e di insufficienza epatica, se le misure terapeutiche non vengono adottate rapidamente.
I gatti hanno una propensione alla vacuolizzazione lipidica epatocellulare secondaria a malattia sistemica, che probabilmente riflette aspetti unici del metabolismo felino. Il loro status di carnivoro obbligato implica diverse peculiarità fisiologiche e metaboliche che riguardano il metabolismo di proteine, carboidrati e acidi grassi, che li rendono diversi da altre specie animali che non sono carnivore obbligate, come il cane e l’uomo.
La HL è stata suddivisa in primaria e secondaria. Nella forma primaria, l’anoressia si verifica in un animale sano in seguito a una ridotta disponibilità di cibo, alla somministrazione di cibo non appetibile, o alla ridotta assunzione di cibo secondaria a un evento stressante. La forma secondaria, la forma più comune, in cui l’anoressia come conseguenza di una malattia sottostante (diabete mellito, pancreatite, malattia infiammatoria intestinale, neoplasia, insufficienza renale, malattia infiammatoria epatobiliare)

PROGNOSI E MONITORAGGIO
La prognosi della lipidosi epatica dipende da diversi fattori: avvio tempestivo ed efficace della terapia nutrizionale, patologie sottostanti concomitanti e condizioni generali del paziente. La disponibilità del proprietario a contribuire al trattamento del proprio animale a domicilio rappresenta un’ulteriore variabile. I tassi di recupero vanno da circail 60% fino al 92%. Gli elevati tassi di sopravvivenza segnalati escludono i casi con patologia secondaria letale. La prognosi è più sfavorevole nei gatti con insufficienza epatica, fortemente debilitati o in età avanzata. L’assenza di gravi malattie concomitanti e il successo della terapia nutrizionale migliorano la prognosi, anche nei casi con malattia soggiacente. L’accumulo epatico di lipidi è un processo reversibile, e una volta risolta la lipidosi epatica i casi di recidiva sono estremamente rari. Nel periodo di recupero i gatti vanno esaminati ogni 1-2 settimane per valutare il consumo volontario di cibo, il peso corporeo e il punteggio della condizione corporea e muscolare.
👨🏼‍⚕𝐅𝐞𝐛𝐛𝐫𝐚𝐢𝐨 𝐆𝐢𝐮𝐬𝐞𝐩𝐩𝐞 𝐃𝐕𝐌, 𝐏𝐡𝐃
𝐃𝐢𝐩𝐥𝐨𝐦𝐚 𝐌𝐚𝐬𝐭𝐞𝐫 𝐈𝐈 𝐥𝐢𝐯𝐞𝐥𝐥𝐨 𝐆𝐚𝐬𝐭𝐫𝐨𝐞𝐧𝐭𝐞𝐫𝐨𝐥𝐨𝐠𝐢𝐚 𝐝𝐞𝐥 𝐜𝐚𝐧𝐞 𝐞 𝐝𝐞𝐥 𝐠𝐚𝐭𝐭𝐨

🎉 Buon Anno a Tutti! 🎉Auguri di cuore a voi e ai vostri amici pelosi per un anno sereno e in salute! 🐶🐱Beppe!
02/01/2025

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Beppe!

“𝐄𝐏𝐀𝐓𝐎𝐏𝐀𝐓𝐈𝐄 𝐁𝐈𝐋𝐈𝐀𝐑𝐈 𝐃𝐄𝐋 𝐆𝐀𝐓𝐓𝐎”𝐋𝐀 𝐂𝐎𝐋𝐀𝐍𝐆𝐈𝐓𝐄 𝐅𝐄𝐋𝐈𝐍𝐀 🐈‍⬛🐈La sindrome colangite felina è una malattia infiammatoria epatica ...
11/12/2024

“𝐄𝐏𝐀𝐓𝐎𝐏𝐀𝐓𝐈𝐄 𝐁𝐈𝐋𝐈𝐀𝐑𝐈 𝐃𝐄𝐋 𝐆𝐀𝐓𝐓𝐎”
𝐋𝐀 𝐂𝐎𝐋𝐀𝐍𝐆𝐈𝐓𝐄 𝐅𝐄𝐋𝐈𝐍𝐀 🐈‍⬛🐈
La sindrome colangite felina è una malattia infiammatoria epatica che coinvolge i dotti biliari e, occasionalmente, il tessuto epatico circostante.
La colangite felina è una malattia relativamente comune del gatto, ed è molto diversa dalle epatopatie osservate nel cane.
Nei gatti si riconoscono tre forme di colangite:
1. Colangite neutrofila
2. Colangite linfocitaria
3. Colangite associata a trematodi epatici
Questa “sindrome” può costituire una sfida diagnostica per numerosi motivi. Innanzi tutto, i segni clinici e le alterazioni di laboratorio associati alla colangite si sovrappongono a quelli di altre malattie come la pancreatite e la lipidosi epatica.
In secondo luogo i gatti affetti da colangite spesso presentano malattie concomitanti (pancreatite, disturbi gastrointestinali). In alcuni gatti sono interessati due di questi organi ma non il terzo (es: colangite e pancreatite in assenza di malattia intestinale); in altri la malattia di uno di questi organi predomina nel quadro clinico mentre le altre sono confermate istologicamente senza che siano necessariamente presenti risvolti clinici rilevanti.
Infine, questa sindrome non può essere diagnosticata con certezza con le sole tecniche di diagnostica per immagini e la diagnosi definitiva richiede generalmente l’esame istologico.
Colangite neutrofila
Si ritiene che la colangite neutrofila derivi da un’infezione ascendente dal tratto gastrointestinale. Sono comuni i disturbi concomitanti di pancreas e intestino. In concomitanza, si può sviluppare anche una colecistite (infiammazione della cistifellea) oppure le due condizioni possono occorrere separatamente.
Generalmente, nei gatti, la forma neutrofilica tipica di colangite ha una insorgenza acuta (< di 2 settimane).
I segni clinici includono letargia, febbre, vomito anoressia e ittero (variabile). I gatti possono mostrare talvolta dolore addominale, epatomegalia e occasionalmente scialorrea. Le ragioni della profondità e varietà delle presentazioni cliniche compatibili con la colangite feline sono che
1. Si tratta di un gatto
2. I gatti arrivano spesso dal veterinario con più di un problema
Ci sono decine di condizioni che potrebbero essere facilmente associate alla colangite, queste comprendono pancreatite, malattia infiammatoria intestinale (IBD), infezioni batteriche croniche tra cui la pielonefrite, colelitiasi, ostruzione biliare extraepatica, neoplasie, toxoplasmosi.
La colangite linfocitaria
La colangite linfocitaria è caratterizzata da un profilo istopatologico cronico, che progredisce per mesi o anni e che all’inizio può essere clinicamente silente. È più comune nei gatti più giovani.
La fisiopatologia sottostante non è ben compresa, sebbene si sospetti un processo immunomediato. Nei casi gravi le principali diagnosi differenziali sono il linfoma e la peritonite infettiva felina (FIP).
I segni clinici possono includere letargia, inappetenza/polifagia, vomito, perdita di peso, addome disteso a causa del versamento addominale e ittero; in genere tende ad essere una condizione più cronica in cui i segni clinici possono avere un andamento altalenante o mostrare una lenta progressione. Febbre e dolore addominale sono riportati raramente. Come per la colangite neutrofila è possibile notare anche manifestazioni cliniche di malattie concomitanti (diarrea da malattia infiammatoria cronica).
Gli indicatori diagnostici includono ipergammaglobulinemia, enzimi epatici e bilirubina aumentati, e talvolta lieve neutrofilia e anemia. L’ipoalbuminemia (>2,0 g/dL) non sempre è presente. L’ecografia mostra epatomegalia con aumento diffuso dell’ecodensità e dotti biliari distesi. La biopsia epatica permette di ottenere la diagnosi.

👉𝑪𝒐𝒎𝒎𝒆𝒏𝒕𝒐
La 𝐜𝐨𝐥𝐚𝐧𝐠𝐢𝐭𝐞 𝐟𝐞𝐥𝐢𝐧𝐚 è un disturbo relativamente comune nel gatto e la colangite neutrofilica (acuta e cronica) sembra essere l’epatopatia infiammatoria più comune, mentre la colangite linfocitica sembra più frequente nei persiani e nei gatti norvegesi delle foreste. I gatti affetti da colangite possono essere gravemente malati. I pazienti più critici possono essere anche anoressici con gli effetti deleteri che ne conseguono, fra cui la predisposizione allo sviluppo di lipidosi epatica felina.
Esiste una varietà di alternative terapeutiche la cui scelta dipende dall’ottenimento di una diagnosi accurata. La diagnosi di ottiene attraverso la combinazione dei segni clinici e dei test diagnostici, il più importante dei quali potrebbe essere la biopsia epatica. In entrambi i casi, le patologie associate sono comuni e spesso comportano complicazioni importanti. Indagare sempre la possibilità di una malattia pancreatica o gastrointestinale concomitante è importante: 𝐢 𝐠𝐚𝐭𝐭𝐢 𝐩𝐨𝐬𝐬𝐨𝐧𝐨 𝐚𝐯𝐞𝐫𝐞 𝐭𝐚𝐧𝐭𝐞 𝐝𝐢𝐚𝐠𝐧𝐨𝐬𝐢 𝐪𝐮𝐚𝐧𝐭𝐞 𝐧𝐞 𝐝𝐞𝐬𝐢𝐝𝐞𝐫𝐚𝐧𝐨.
👇
NOTA BENE
I gatti malati non si presentano con la colangite, ma con segni aspecifici che potrebbero indicare praticamente qualsiasi condizione.
La colangite cronica associata a tramatodi epatici è acquisita attraverso l’ingestione di lumache, lucertole o pesce crudo (ospiti intermedi). In genere questa forma non si osserva alle nostre latitudini.
Recentemente è stato verificato la presenza di un agente virale (hepadnavirus) in casi di epatite cronica. Non è stato possibile ancora dimostrare se il virus sia la causa o un reperto di coincidenza. Importante è l’esame istologico con aspetti particolari riferibili a epatite cronica dell’interfaccia. Importante la diagnosi ai fini terapeutici.
👨🏼‍⚕𝐅𝐞𝐛𝐛𝐫𝐚𝐢𝐨 𝐆𝐢𝐮𝐬𝐞𝐩𝐩𝐞 𝐃𝐕𝐌, 𝐏𝐡𝐃
𝐃𝐢𝐩𝐥𝐨𝐦𝐚 𝐌𝐚𝐬𝐭𝐞𝐫 𝐈𝐈 𝐥𝐢𝐯𝐞𝐥𝐥𝐨 𝐆𝐚𝐬𝐭𝐫𝐨𝐞𝐧𝐭𝐞𝐫𝐨𝐥𝐨𝐠𝐢𝐚 𝐝𝐞𝐥 𝐜𝐚𝐧𝐞 𝐞 𝐝𝐞𝐥 𝐠𝐚𝐭𝐭𝐨

𝐄𝐏𝐀𝐓𝐈𝐓𝐄 𝐂𝐑𝐎𝐍𝐈𝐂𝐀 𝐍𝐄𝐋 𝐂𝐀𝐍𝐄 🐶🐕L’epatite cronica (EC) del cane è una malattia di natura infiammatoria e degenerativa a caric...
13/11/2024

𝐄𝐏𝐀𝐓𝐈𝐓𝐄 𝐂𝐑𝐎𝐍𝐈𝐂𝐀 𝐍𝐄𝐋 𝐂𝐀𝐍𝐄 🐶🐕
L’epatite cronica (EC) del cane è una malattia di natura infiammatoria e degenerativa a carico del fegato caratterizzata da una insorgenza lenta e da un andamento cronico e progressivo. Il termine EC è una definizione prettamente istologica.
Inoltre è fondamentale differenziare istologicamente l’EC primaria da una epatite reattiva aspecifica (secondaria).
Nell’epatite cronica primaria il meccanismo patologico origina nel fegato e lo coinvolge direttamente causando delle alterazioni istologiche significative.
Nell’epatite cronica secondaria, invece, il processo patologico scatenante origina al di fuori del fegato (ad esempio nell’intestino, nel pancreas o nel cavo orale) con successivo coinvolgimento del fegato con comparsa di alterazioni lievi e poco significative. Questa forma viene chiamata anche EC reattiva a significare la reazione del fegato a un processo patologico insorto altrove.
La prevalenza dell’epatite cronica primaria del cane è largamente sconosciuta. Tuttavia, si sospetta che la malattia sia sotto-diagnosticata per la scarsa propensione a eseguire biopsie del fegato necessarie al raggiungimento della diagnosi e per via della sua subdola insorgenza e lenta progressione che la rendono difficilmente sospettabile.
𝐂𝐎𝐒𝐀 𝐂𝐀𝐔𝐒𝐀 𝐋’𝐄𝐏𝐀𝐓𝐈𝐓𝐄 𝐂𝐑𝐎𝐍𝐈𝐂𝐀
Nella maggior parte dei cani con EC non è possibile determinare l’eziologia e si parla quindi di processi idiopatici.
In medicina veterinaria si sospetta che la malattia sia dovuta a una aberrante attivazione del sistema immunitario del cane nei confronti di componenti cellulari del fegato con successivo instaurarsi di un processo infiammatorio auto-propagante che a sua volta porta all’instaurarsi di danni strutturali irreversibili (malattia su base immunomediata). Nell’uomo, invece, la maggior parte delle cause è virale.
Un’altra possibile eziologia di cui tener conto è la tossicità da rame. In condizioni naturali il rame assunto con la dieta viene assorbito a livello intestinale e arriva al fegato dove viene utilizzato per catalizzare reazioni cellulari essenziali, viene immagazzinato come riserva e la quantità in eccesso viene eliminata attraverso le vie biliari e quindi attraverso l’intestino con le feci.
In alcuni casi a causa di un difettoso meccanismo di trasporto e/o escrezione del rame, questo metallo pesante si accumula in maniera eccessiva nel fegato dove causa un grave e progressivo danno ossidativo con morte delle cellule epatiche e una importante risposta infiammatoria secondaria (accumulo di rame primario).
Tuttavia è possibile che in alcuni casi di epatite cronica su base immunomediata, l’accumulo di rame avvenga secondariamente alla perdita di funzione delle cellule del fegato causata dal processo infiammatorio (accumulo di rame secondario). Va da sé che la distinzione tra queste due forme di accumulo da rame sarà importante ai fini terapeutici e potrà avve**re solo mediante la misurazione effettiva della quantità da rame presente nella biopsia epatica.
𝐒𝐄𝐆𝐍𝐀𝐋𝐀𝐌𝐄𝐍𝐓𝐎 𝐄 𝐒𝐄𝐆𝐍𝐈 𝐂𝐋𝐈𝐍𝐈𝐂𝐈
L’epatite cronica è relativamente frequente nel cane e mostra una significativa predisposizione di razza, il che suggerisce una base genetica della patologia, ma può presentarsi in qualsiasi razza, meticci compresi. Di solito si sviluppa in cani di mezza età, ma possono essere coinvolti anche cani più giovani o anziani.
𝐋𝐞 𝐫𝐚𝐳𝐳𝐞 𝐦𝐚𝐠𝐠𝐢𝐨𝐫𝐦𝐞𝐧𝐭𝐞 𝐚 𝐫𝐢𝐬𝐜𝐡𝐢𝐨 𝐢𝐧𝐜𝐥𝐮𝐝𝐨𝐧𝐨 𝐚𝐝 𝐞𝐬𝐞𝐦𝐩𝐢𝐨:
• Bedlington Terrier (forma rame-associata su base genetica)
• Dalmata (forma rame-associata)
• West Highland White Terrier (forma rame-associata)
• Labrador Retriever (forma immunomediata e forma rame-associata)
• Doberman Pinscher (forma immunomediata e forma rame-associata)
• English e American Cocker Spaniel (forma immunomediata)
• English Springer Spaniel (forma immunomediata)
𝑰 𝒔𝒆𝒈𝒏𝒊 𝒄𝒍𝒊𝒏𝒊𝒄𝒊 𝒑𝒊𝒖̀ 𝒄𝒐𝒎𝒖𝒏𝒊 𝒔𝒐𝒏𝒐 𝒂𝒔𝒑𝒆𝒄𝒊𝒇𝒊𝒄𝒊 e possono includere disoressia/anoressia, letargia/depressione, vomito.
Poliuria e polidipsia sono considerati segni precoci. Segni più specifici come ittero, ascite sono meno comuni e indicano generalmente una fase più avanzata della malattia.
𝐂𝐎𝐌𝐄 𝐒𝐈 𝐏𝐔𝐎’ 𝐒𝐎𝐒𝐏𝐄𝐓𝐓𝐀𝐑𝐄
Data la capacità di riserva del fegato, molti cani con EC rimangono subclinici e la patologia viene identificata durante screening ematici di routine dall’aumento degli enzimi epatici all’esame biochimico. E in questa fase che si deve arrivare alla diagnosi, poiché la terapia nella fase più avanzata ha spesso meno successo.
Tra gli enzimi epatocellulari la ALT sierica (enzima epatocellulare) è il miglior test di screening per l’EC. Normalmente la ALT aumenta di più rispetto alla fosfatasi alcalina (ALP- enzima della colestasi) il cui livello tende ad elevarsi in una fase più avanzata nel decorso della malattia. Se l’attività degli enzimi epatici rimane elevata per più di due mesi e le altre cause vengono escluse (vedi epatopatie secondarie), deve essere eseguita una biopsia epatica. Questo è ancora più importante nelle razze ad elevato rischio e in quelle predisposte a patologie curabili, quali le malattie da accumulo da rame.
𝐂𝐎𝐌𝐄 𝐒𝐈 𝐏𝐔𝐎’ 𝐒𝐎𝐒𝐏𝐄𝐓𝐓𝐀𝐑𝐄
Sulla base della biochimica, gli obiettivi principali, quando si sospetta una patologia epatobiliare dovrebbero essere:
• Stabilire se c’è una patologia epatobiliare
• Valutare la funzionalità epatica
• Stabilire se l’origine è primaria o secondaria
• Stabilire la corretta diagnosi
• Monitorare la risposta al trattamento
Sebbene questi passi sembrino chiari in linea di principio, le alterazioni degli enzimi epatici rappresentano una sfida poiché i segni clinici possono essere molto aspecifici, addirittura assenti in alcuni casi. Il primo step è integrare tra loro anamnesi, segni clinici ed esame fisico, quindi esami di laboratorio e diagnostica per immagini.
𝐃𝐈𝐀𝐆𝐍𝐎𝐒𝐓𝐈𝐂𝐀 𝐏𝐄𝐑 𝐈𝐌𝐌𝐀𝐆𝐈𝐍𝐈
L’ecografia è una parte indispensabile degli accertamenti diagnostici di routine in tutti i cani con sospetta EC. Allo stesso tempo è dimostrato che non esistono criteri ecografici tali da predire la presente di EC, anzi il fegato può essere normale alla scansione anche in presenza di malattia significativa.
In casi avanzati il fegato può apparire ridotto di dimensioni con architettura gravemente distorta e si può riscontrare la presenza di liquido libero in addome (ascite) o la proliferazione di piccoli vasi sanguigni (shunt portosistemici/ anomalie vascolari acquisiti).
𝐂𝐎𝐌𝐄 𝐂𝐎𝐍𝐅𝐄𝐑𝐌𝐀𝐑𝐄 𝐋’𝐄𝐏𝐀𝐓𝐈𝐓𝐄
Per confermare la diagnosi di epatite cronica sarà obbligatoria l’esecuzione di una biopsia epatica e successivo esame istologico.
Unitamente all’esame istologico della biopsia epatica è consigliato eseguire sempre un esame colturale della bile e delle colorazioni speciali per valutare l’accumulo di rame o pigmenti all’interno delle cellule del fegato.
𝑪𝒐𝒏𝒄𝒍𝒖𝒔𝒊𝒐𝒏𝒊
L’EC è una patologia generalmente a carattere ingravescente, può colpire qualsiasi razza canina e l’esordio può essere insidioso; lesioni istologiche possono essere presenti anche in assenza di aumento degli enzimi epatici.
Per una diagnosi definitiva, sono necessari campioni bioptici. Una terapia mirata è preferibile, ove possibile, sebbene in molti casi l’agente causale non venga identificato.
Dato che i cani possono avere un’infiammazione epatica significativa anche in assenza dei segni clinici si consiglia di sottoporre i propri animali a dei check up completi (tra i 5 e i 7 anni), in particolare, ma non solo, se razze predisposte.
La prognosi nella epatite cronica del cane dipenderà dallo stadio della malattia e dalla tempestività della diagnosi e dell’inizio di una terapia sintomatica e mirata (nutrizionale e farmacologica) in base al tipo di patologia: immunomediata e/o rame-associata.
👨🏼‍⚕𝐅𝐞𝐛𝐛𝐫𝐚𝐢𝐨 𝐆𝐢𝐮𝐬𝐞𝐩𝐩𝐞 𝐃𝐕𝐌, 𝐏𝐡𝐃
𝐃𝐢𝐩𝐥𝐨𝐦𝐚 𝐌𝐚𝐬𝐭𝐞𝐫 𝐈𝐈 𝐥𝐢𝐯𝐞𝐥𝐥𝐨 𝐆𝐚𝐬𝐭𝐫𝐨𝐞𝐧𝐭𝐞𝐫𝐨𝐥𝐨𝐠𝐢𝐚 𝐝𝐞𝐥 𝐜𝐚𝐧𝐞 𝐞 𝐝𝐞𝐥 𝐠𝐚𝐭𝐭𝐨

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