30/06/2024
Sono alla colonia estiva, un casermone in riva al mare con una enorme sala da pranzo al pianterreno e cameroni ciascuno con tre file di lettini al piano superiore. Ogni camerone ha un angolo separato da una tendina: è lì che dorme la sorvegliante che accompagna ogni gruppo. Sorvegliante certo, è un termine forte per una donna che avrà si e no vent'anni, però non ne trovo un altro per descrivere chi ci fa zittire appena spegne la luce, ci impone di dormire come se il sonno arrivasse a comando e che se ci scopre a chiacchierare all'indomani lo dirà alla suora che per punizione, non ci farà andare in spiaggia. Ero stato in un'altra colonia la scorsa estate, ma quella, in mezzo a un bosco di castagni per bambini più piccoli e ora che ho otto anni devo stare qua.Mio fratellino, invece, è ancora nella colonia nel bosco e lo invidio perché lì non ci sono suore ma solo maestre che non ci puniscono se la notte, tardiamo ad addormentarci. Però qui c'è il mare e ci portano tre ore ogni mattina a fare il bagno in riva, a turno perché c'è una sola assistente ogni cinquanta bambini. Al mare vengono anche le suore e mi chiedo come facciano, con il caldo che fa, a stare vestite da testa a piedi per tutto il tempo. Anzi, no, i piedi li tengono nudi. Le ho viste camminare sulla battigia e le ho viste sorridere di piacere quando le onde, ritirandosi, facevano scorrere via la sabbia tra le dita. Non è male questo posto. Ci sono miei amici, ne ho trovati di nuovi. Però penso sempre all'altra colonia, quella in montagna dove ci portavano a passeggiare all'ombra fresca dei castagni. Lì non c'erano giocattoli a parte qualche pallone. Però tra corse e nascondini, il tempo scorreva veloce. Era lì che avevo imparato a fare le ghirlande infilando in uno stelo i fiori di oleandro. Era lì che la maestra mi sgridò dicendo che quei fiori erano velenosi e che non li dovevo toccare. Ma poi l'avevo vista la mia ghirlanda di fiori rosa, tra le pagine del romanzo di Grazia Deledda che lei teneva sul comodino e che leggeva, la sera, prima di spegnere la luce e darci la buonanotte. Qui è tutto diverso: siamo noi che dobbiamo dare la buonanotte, in coro, alla suora che si affaccia per spegnere la luce. Succede ogni sera dopo la cena. Tutti saliamo di sopra, entriamo nei cameroni, ci spogliamo e ci infiliamo sotto le lenzuola. Poi si affaccia la suora: "Buonanotte sorella" e poi "Sssstt, dormite" e tutto diventava buio e silenzioso. Al mattino ci svegliano e per prima ci fanno rifare il letto. Poi ci vestiamo, andiamo in bagno a lavarci il viso e poi giù nel refettorio, dove ci aspetta una scodella di latte zuccherato e una fetta di pane. Alcuni di noi ci vorrebbero il caffè dentro quel latte bianco. Lo vorrei anche io. Ci sono bambini che non riescono a bere il latte bianco e lo vomitano. Sistematicamente le suore gli danno uno scappellotto e li sgridano. Per fortuna ci sono due maestre che li difendono ma serve a poco. Alla fine succede che quei bambini il latte lo passano di nascosto agli altri e si accontentano della fetta di pane asciutto. Io le ho sentite una volta, in cortile, le maestre che si lamentavano delle suore e che dicevano che per loro invece il caffè non mancava mai. Le ho sentite le maestre che dicevano che alla fine dell'estate avrebbero detto tutto al vescovo. Le ho sentite che dicevano che l'anno prossimo non sarebbero venute qui a lavorare. E io mi dispero perché sono convinto che senza di loro le suore saranno ancora più severe. Per fortuna in spiaggia ci danno la merenda che è sempre abbondante anche se è semplice pane e pomodoro o pane e marmellata. Allora quei bambini che non hanno bevuto il latte possono finalmente mangiare meglio e tranquilli. Anche il pranzo è buono. C'è sempre la pastasciutta con il sugo e una volta alla settimana ci fanno le cotolette. Domenica scorsa quando la mamma e il babbo sono venuti a trovarmi io ho detto che mi piace il pranzo della colonia e il babbo mi ha risposto che è buono perché le suore sanno cucinare bene. Io credo che non basti saper fare il sugo e le cotolette. E penso a quel latte bianco senza caffè e mi viene nostalgia della colonia dei bambini piccoli dove nel latte mettevano il caffè d'orzo e la colazione la mangiavamo tutti. Scoprirò tra qualche anno che la colonia tra i castagni è comunale invece, questa in riva al mare, è della chiesa. Ma il mare è il mare e quindici giorni di giochi in spiaggia e bagni valgono bene una colazione mediocre, soprattutto per noi bambini di campagna che il mare lo abbiamo lontano. Certo, terminata la colonia, ci andrò ancora al mare, magari in corriera e forse ci ospiteranno qualche giorno i nostri amici di Cagliari che hanno un casotto al Poetto. Ma qui il mare c'è tutto il giorno: non devo viaggiare per sentire il profumo della salsedine e dei pini. E poi ci sono i miei compagni di scuola, ci sono i nuovi amici che mi hanno insegnato parolacce "nuove", in cambio gliene ho insegnato delle mie e ridiamo e ce le sussurriamo all'orecchio quando passa la suora, soprattutto quella degli scappellotti. Quando rientriamo dalla spiaggia le maestre ci fanno fare la doccia nel cortile sul retro. Fa talmente caldo che nessuno di noi si accorge che quella sarà l'unica doccia di tutto il giorno, fatta con l'acqua fredda e un pezzetto di sapone da bucato. Che poi è bello fare la doccia tutti insieme, mai nudi ma con sopra i costumini: le suore non permettono che ci si spogli del tutto. Poi arriva il momento più divertente, quando le maestre ci aiutano ad asciugarci e lì scappano le risate, le corsette, i gridolini di piacere quando la maestra ci fa il solletico. Noi le spruzziamo scuotendo i capelli bagnati. Loro non si lamentano: ridono con noi e mi accorgo all'improvviso che hanno tutte l'espressione e forse anche l'età di nostra sorella. Non sono l'unico a capire che quelle ragazze sono il nostro punto di riferimento e che ci faranno giocare, star bene. Ci proteggeranno anche se quando a turno una di loro dorme con noi diventa all'improvviso severa e ci vieta di parlare nel buio della camerata. Di pomeriggio le suore e le maestre ci insegnano a cantare e poi ci leggono dei libri. Il più bello è quello che parla di un bambino che vive nella giungla e viene allevato dagli animali. Poi c'è la cena, la preghiera della sera e si va a dormire sempre troppo presto. E penso a quelle notti calde che stavo dietro il muro del cortile ad ascoltare i racconti dei mietitori che lavoravano per il proprietario della casa accanto. Tra qualche giorno tornerò a casa e saranno ancora notti calde trascorse a giocare per strada mentre gli adulti seduti sull'uscio cercano un po' di refrigerio dall'afa opprimente.Sì qui c'è il mare, c'è la spiaggia, ci sono tanti bambini e ho tanti nuovi amici. Ma da me è diverso. Da me c'è il bar sulla piazza della chiesa che resta aperto fino a tardi e che vende i ghiaccioli all'amarena che a me piacciono più di ogni cosa. Buon pranzo e buona domenica.