
10/02/2025
Personalmente non mi stupisco di questa previsione perché nei miei quattro anni di produzione di latte d'asina posso dire che per l'impegno quotidiano che richiede, per la pochissima produzione, il prezzo di vendita nonostante possa apparire alto, di fatto se non entri nel circuito della macellazione, non porta ad avere un guadagno ma a pagare solo i costi e non il lavoro incondizionato.
Quindi potendo solo immaginare che il lavoro in malga sia veramente logorante, per quanto gratificante, ma di fatto usurante, è chiaro che se non c'è il ricambio generazionale sia impossibile portarlo avanti con i dipendenti che costerebbero cifre improponibili, sempre se si riuscissero a trovare ed ancora più grave se non ti facesero rimpiangere di averli trovati, perchè a motivo della bassa produzione per inoperosità ed altro sarebbe la tua ultima stagione con danni economici e d'immagine. Concludendo posso dire che c'è un momento nel quale si deve cessare dignitosamente un' attività che ha dato lavoro ed una vita per quanto faticosa che merita di essere stata vissuta.
I pastori delle Alpi sono ai miei occhi l'emblema di un mondo che sta scomparendo, l'emblema della resistenza e non a caso da alcuni anni esiste con un nuova denominazione, in continuità di una Storica tradizione lo Storico Ribelle, il formaggio tradizionale prodotto in malga con i sistemi tradizionali e con solo latte vaccino e caprino di alpeggio.
È ragionevole, pensare che tra venti, massimo trent'anni non esisteranno più formaggi di malga. Chi conosce e frequenta le alpi potrà stupirsi di una previsione tanto pessimistica.
Infatti chi batte i sentieri in quota, anche semplicemente da turista domenicale, incontra mandrie, visita agriturismi e rifugi dove si allevano animali e si producono latticini, e acquista formaggi.
Ha l'impressione, insomma, che il sistema della monticazione delle mandrie e delle malghe sia ancora vivo e vitale e oltre tutto paga un prezzo per il formaggio di montagna relativamente alto.
Com'è possibile dunque credere che tutto questo mondo possa rapidamente sparire?
Tra i più importanti motivi è che il sistema delle malghe da latte è complesso e, come tale, delicato. Garantire la presenza in quota di animali da cui ricavare formaggio richiede uomini preparati, forti di competenze diverse. non semplicemente pastori, ma casari, stagionatori, commercianti. professionisti, insomma, sottoposti per quattro mesi a una fatica grandissima, a tempi di vita regolati su cadenze che non consentono omissioni, a sacrifici in termini di qualità della vita e di socialità.
Il pastore che sale con il suo gregge o mandria, sin dal primo giorno munge e caseifica. Il secondo giorno dovrà salare le forme del giorno prima e di nuovo mungere e caseificare. Il terzo dovrà girare le forme del primo giorno, salare quelle successive e ancora mungere. E cosi via per tre quattro mesi.
Immaginatevi che significa questo lavoro dopo cento giorni di attività: quanti quintali di formaggio bisognerà rivoltare, pulire, spostare per arrivare infine a venderlo e a ridiscendere a valle.
E nel frattempo dovrà badare agli animali, preoccuparsi che mangino il giusto, ricoverarli quando è necessario, seguire i parti, e intanto alimentarsi, riscaldarsi, lavare gli attrezzi, pulire le stalle, ricevere gli acquirenti, i turisti, i controllori sanitari, i tecnici. Insomma una vita dura, che a volte non viene neppure ricompensata dalla buona qualità dei formaggi o dal prezzo di vendita.
E facile intuire che le giovani generazioni non intendano sottoporsi a un'impresa tanto faticosa: è più semplice trovare un dipendente, che un figlio che intenda seguire le orme del padre malgaro.
Tratto da "L' Alpe".
Fotografia ©️ Gianfranco Bini.
Dal capolavoro "Lassù gli Ultimi".