20/09/2022
Del "Giuramento di Perasto" ogni tanto si sente parlare. La località all'interno delle Bocche di Cattaro che si rifiutò strenuamente di deporre le insegne della Serenissima per diverse settimane dopo la caduta (in realtà ciò avvenne in diverse altre località della Dalmazia, che però capitolarono prima). L'attaccamento dei perastini al leone alato è presto spiegato: erano i depositari e i difensori del gonfalone, in pace e in guerra. E quella bandiera, ammainata, la seppellirono come si fa con un parente che si è molto amato. Protagonista di tutto ciò fu il capitano della città, Giuseppe Viscovich, che vi presentiamo oggi per "Ritratti Veneziani" sul Gazzettino. Volto e colore gli sono restituiti come sempre da Matteo Bergamelli
Giuseppe Viscovich (1728-1804)
ultimo capitano veneziano di Perasto
C'è un luogo dell'Adriatico dove la Repubblica di Venezia continuò a esistere anche dopo la caduta della Serenissima, per diverse settimane. Una località nella quale - nel 1797 - il gonfalone col leone alato non fu ammainato che dopo tre mesi abbondanti dagli abitanti e dal loro capitano. Questo luogo è Perasto, oggi Perast, in Montenegro: si trova nell'ultima parte - la più interna - delle Bocche di Cattaro. Il capitano si chiamava Giuseppe Viscovich, era nato a Perasto nel 1728, e in quel 23 agosto del 1797 convocò tutti i suoi concittadini per seppellire l'amata bandiera veneziana, nel corso di una cerimonia conosciuta come "il giuramento di Perasto", pronunciato da Viscovich in lingua slava e tradotto più tardi in veneziano (lingua nella quale è conosciuto come "Ti co nu, nu co ti") e in italiano da Giustina Renier Michiel e da un discendente del capitano, Francesco Viscovich.
"In questo momento amaro - inizia così il lungo proclama - che lacera il nostro cuore; in quest'ultimo sfogo di amore e di fede al Veneto serenissimo dominio, il gonfalone della Serenissima Repubblica ci sia di conforto, o cittadini, che la nostra condotta passata come quella di questi ultimi tempi rende non solo più giusto questo atto fatale, ma virtuoso, e doveroso per noi. I nostri figli sapranno da noi, e la storia farà sapere all'Europa intera, che Perasto ha sostenuto fino all'ultimo la gloria del vessillo veneto, onorandolo con quest'atto solenne, e deponendolo bagnato del nostro pianto universale".
Un attaccamento alla bandiera veneziana che affondava - a quel tempo - le sue ragioni profonde nella storia: Perasto ebbe infatti il privilegio speciale, durante il periodo del governo veneto, di "Fedelissima Gonfaloniera", ovvero di custode esclusiva - in pace e in guerra - del Gonfalone di San Marco. Tradizione nata nel 1368 quando i perastini diedero spontaneamente aiuto ai veneziani, durante un terribile assedio alle Bocche di Cattaro. In tempo di pace il vessillo era tenuto gelosamente nella casa del capitano, mentre in guerra veniva issato sulla nave ammiraglia del Capitano Generale da Mar dell’armata veneta.
A difenderne le sorti era una compagnia scelta di 12 gonfalonieri perastini eletti di volta in volta dal Consiglio degli Anziani della comunità bocchese: nelle battaglie in mare dovevano impedire a ogni costo che il nemico si impossessasse delle insegne. Nel corso della terribile e sanguinosa battaglia di Lepanto, nel 1571, ben otto di loro non fecero ritorno a casa, pur di non far cadere il leone alato nelle mani degli ottomani.
"Per trecentosettantasette anni la nostra fede, il nostro valore ti ha sempre custodito per terra e per mare, ovunque fosti chiamato dai tuoi nemici - è un altro estratto del giuramento -; per trecentosettantasette anni le nostre sostanze, il nostro sangue, le nostre vite sono state sempre per te, o San Marco; e felicissimi ci siamo sempre reputati: Ti co nu, nu co Ti; e sempre con te, sul mare, siamo stati illustri e vittoriosi. Nessuno con te ci ha visti fuggire, nessuno ci ha visti vinti o impauriti!".
Dopo aver terminato il discorso ("il nostro cuore sia la tua onoratissima tomba, e il più puro e grande elogio le nostre lacrime"), Viscovich baciò il gonfalone e lo bagnò delle proprie lacrime, prima che tutti gli altri cittadini le rendessero omaggio; Viscovich trasse a sé un suo giovane nipote, Annibale, e gli disse: "Inginocchiati, baciala e ricordati di lei finché avrai vita". dopodiché la bandiera col leone marciano fu deposta in un bacile d'argento e fu trasportata dal Luogotenente e da due Giudici della comunità nella chiesa parrocchiale dove, chiusa in una cassetta, fu seppellita sotto l'altare maggiore.
Una volta issata la nuova insegna salutata da colpi di cannone, allo stesso modo in cui si era salutata quella della Repubblica veneziana, la comunità perastina tornò in chiesa dove fu cantato l'oremus pro Imperatore. Si concluse così la storia veneziana di Perasto dopo quasi quattrocento anni. Giuseppe Viscovich sopravvisse per altri sette anni ancora: morì a Perasto nel 1804, a 76 anni.
Quanto ad Annibale Viscovich, fu fedele al desiderio del nonno: cinquant'anni dopo - in qualità di Ufficiale superiore della Veneta Marina - fu a fianco di Daniele Manin per far sorgere e difendere la nuova Repubblica Veneta.