20/02/2022
Il gatto dei portoni
Neve si risvegliò, avvolta da un profumo meraviglioso. Aprì gli occhi e si guardò intorno. Si trovava distesa sotto l’auto parcheggiata. Accanto a lei c’era del cibo. Ancora non sapeva di cosa si trattasse, ma il profumo che emanava la convinse ad allungare il musetto e mangiarne a sazietà per poi riaddormentarsi.
Ogni volta, al suo risveglio, trovava altro cibo ad aspettarla. Non aveva sempre lo stesso gusto, ma era croccante, buonissimo e la faceva sentire di nuovo forte. Sentiva di potersi muovere, alzarsi sulle zampe e cambiare posizione per poi riaddormentarsi. Ormai aveva perso la nozione del tempo. Sperava solo che il miracolo del cibo magico continuasse a nutrirla.
Una sera, però, risvegliandosi dal suo letargo al profumo del cibo, intravide il suo salvatore. Le assomigliava, con due occhi gialli e un manto nero con chiazze bianche sul dorso. L’animale se ne stava tranquillo, acquattato vicino a lei, sotto la macchina, ma il suo pelo profumava di pulito.
«Un gatto casa» sussurrò Neve, sentendosi a disagio perché il suo corpo, invece, emanava un olezzo che la gatta tollerava a malapena. Se solo avesse avuto la forza di leccarsi il pelo, si sarebbe sentita meglio. Non le era mai mancata la forza di volontà, eppure, non riusciva ancora a pulirsi da sola.
Il gatto alzò leggermente lo sguardo, incrociando i bellissimi occhi verdi di Neve, spalancò la bocca e fece cadere sull’asfalto delle crocchette.
«Grazie» mormorò Neve prima di divorarle.
«Stai meglio» disse il nuovo gatto, accovacciandosi accanto a lei.
“Sì e lo devo a te e a questo cibo meraviglioso. Come si chiama?»
Il gatto sorrise e la fissò di nuovo.
«Crocchette, così lo chiamano gli umani. Sono ottime per farci riprendere le forze».
«Già. Non le avevo mai mangiate prima d’ora».
«Io mi chiamo Oscar. Non sono un gatto casa, però».
Neve scosse la testa, cercando di capire.
«Un tempo lo ero. Avevo una famiglia che mi accudiva. Poi tutto cambiò e mi ritrovai per strada.»
«Randagio?»
«Sì. All’inizio fu terribile. Ero triste e abbattuto. Non capivo cosa avessi fatto di male per essere stato cacciato dalla famiglia. Pensavo che nessuno volesse ancora la mia compagnia e il pensiero mi faceva male quanto la mia pancia vuota, ma quei giorni sono passati, ho resistito al primo inverno all’aperto e non ho mai cambiato quartiere. Poi ho trovato altre famiglie che conoscevano la mia prima casa e hanno cominciato a nutrirmi. Ora ne ho quattro e non intendo rinunciare a nessuna.»
“Quindi, adesso cosa sei?»
«Un gatto dei portoni. Ho più famiglie che mi vogliono bene e si preoccupano se non mi vedono. È bello sentirsi amato. Dovresti provare anche tu».
Neve non aveva compreso tutto quello che Oscar le aveva miagolato, ma l’aveva fatta sentire meglio. La gatta pensò che fosse questo che facevano i veri amici, farci sentire meglio. Oscar non era prepotente come Mozzo e si preoccupava davvero per lei. Per tutti i gatti, lo aveva visto persino donarle le sue crocchette miracolose. Mozzo questo non lo avrebbe mai fatto!
«Appena te la senti, seguimi. Ti porterò nel giardino dove potrai guarire!»
Neve annuì di nuovo, addormentandosi poco dopo vicino al suo nuovo amico, sentendosi al sicuro per la prima volta nella sua vita. Sognò di giardini meravigliosi, della primavera che le scaldava dolcemente il pelo. In realtà era ancora inverno. Oscar, vedendo Neve in difficoltà, si era sdraiato accanto a lei e le infondeva calore con il suo corpo. Così Neve poteva finalmente sognare il sole primaverile. Oscar, invece, fece solo brevi pisolini, ascoltando con attenzione i rumori della strada e proteggendo la sua nuova amica con il suo corpo grassottello. Per fortuna l’auto che li ospitava non era mai utilizzata dal suo proprietario. Oscar lo sapeva perché aveva imparato il linguaggio degli umani, ascoltando le conversazioni dei cittadini che transitavano lungo la Via. Si lamentavano della vecchia Volvo che occupava uno dei parcheggi più ambiti della zona, ma il gatto sapeva anche che non avrebbero denunciato l’auto ai Carabinieri. Capire il linguaggio umano era uno dei talenti di Oscar, ritenuto il gatto più intelligente del quartiere. Perciò Neve aveva ancora tempo per riprendersi. Appena sarebbe stata meglio, però, Oscar sapeva di doverla portare al sicuro. A due passi da loro, nel condominio circondato da un lauro meraviglioso, c’era un giardino bellissimo che non utilizzava mai nessuno degli umani che ci abitavano. Lo chiamavano condominiale, giardino condominiale. Lì avrebbe portato la sua nuova amica. Sorridendo per l’idea brillante che aveva avuto, Oscar si rimise quieto, accanto a Neve. Ormai la notte era arrivata. Umani e cani erano rientrati nelle loro case e anche il gatto ora poteva concedersi un sonno ristoratore, sognando il giardino incantato che avrebbe condiviso con la sua nuova amica.