06/06/2021
https://m.facebook.com/story.php?story_fbid=214128333847096&id=100057497917967&sfnsn=scwspmo
È GIUSTO INTERVENIRE? QUANDO BISOGNA FARLO?
Tenendo sempre a mente il concetto che -come già specificato in più occasioni- la fauna selvatica non è detenibile per legge, è sempre doveroso essere informati su quando è giusto intervenire e come farlo. Spesso, quando ci si imbatte in un animale selvatico, per un comprensibile moto di empatia si è portati a pensare che sia in difficoltà e che abbia bisogno di aiuto. Questa situazione si configura soprattutto nella stagione delle nascite, approssimativamente dalla fine dell’inverno alla seconda metà dell’estate. In questo periodo capita di rinvenire esemplari giovani, addirittura neonati, di uccelli (pulli) e mammiferi (cuccioli). I piccoli ispirano sicuramente tenerezza, ma pochi sanno che in alcuni casi questi animali non vanno aiutati e non hanno bisogno del nostro intervento.
I giovani appartenenti a diverse specie, infatti, completano il loro svezzamento/la loro maturazione a terra, e non al sicuro in un nido o in una tana come comunemente si è portati a pensare. Questo fa parte della loro crescita e della loro maturazione a livello etologico: sono spesso esposti a un gran numero di predatori naturali, ma questo fa parte del gioco. I predatori, oltre che tenere sotto controllo le popolazioni di prede e sfoltirle, operano una selezione che un essere umano non può e non deve fare. Il rischio è parte integrante dell’esistenza di ogni selvatico, e la fase giovanile è una vera e propria “palestra di vita”.
Fra gli uccelli, i pulli più comunemente rinvenuti nei giardini cittadini sono i merli (Turdus merula). Riconoscibili per il piumaggio brunastro e per le timoniere ancora corte, i pulli di merlo saltano giù (non"cadono" come comunemente si crede) dal nido non appena ne sono in grado e iniziano a saltellare di qua e di là esercitandosi con brevi voli. Il contatto coi genitori viene mantenuto per mezzo di richiami, il padre e la madre seguono i piccoli imbeccandoli a terra e cercando di scacciare i predatori.
I pulli nidifughi come quelli dei galliformi (fagiani, pernici) o degli anatidi (germani reali, anatre e oche in generale) rappresentano un caso ancora più "estremo": seguono sempre la madre in gruppo, e solo se vengono rinvenuti da soli andrebbe valutato il prelievo.
Per tutti i passeriformi andrebbe fatto un discorso specie-specifico, poichè ogni specie ha la sua biologia/etologia: alcuni uccelli sono molto comuni anche in città ed è facile rinvenire i pulli, basti pensare ad alcuni corvidi (gazze, cornacchie, taccole), a cince, cardellini, fringuelli e tantissimi altri piccoli uccelli. In condizioni normali, questi uccelli lasciano il nido quando il piumaggio è sufficientemente sviluppato da permettere i primi voli. Il pullo dovrebbe dunque essere in grado di spostarsi da solo, con i genitori che dovrebbero "seguirlo" ancora per alcuni giorni. Se il pullo è ancora in fase di sviluppo precoce (piumaggio non ancora completo, difficoltà a stare in piedi, impossibilità di camminare/volare) va raccolto, tuttavia anche il rinvenimento di un pullo apparentemente sano e "quasi pronto"può essere comunque sintomatico di qualcosa che non va: questi piccoli uccelli vengono ritrovati spesso in giardini e contesti urbani, dove è facile notarli, ma in natura non dovrebbero essere così semplici da scorgere.
In ogni caso, va sempre valutata la situazione tenendo conto di diversi fattori: età, stato del piumaggio, stato di salute apparente, capacità di volo, contesto ambientale. Se è vero che alcuni pulli non vanno raccolti, altri potrebbero invece aver bisogno di essere presi.
Per quanto concerne i rapaci, nelle specie diurne i giovani si involano una volta pronti: un pullo sul terreno é in difficoltá e andrebbe raccolto. Nei notturni, i pulli possono cominciare a gironzolare nei paraggi del nido ancora prima dell'involo, arrampicandosi e svolazzando di ramo in ramo: una fase utile a sviluppare e rinforzare i muscoli di petto, ali e zampe e ad affinare i movimenti. Per queste ragioni non é cosí difficile rinvenire pulli di allocchi, civette, assioli, barbagianni e altre specie sul terreno o sui rami piú bassi di alberi e siepi. I genitori sono quasi sicuramente nei dintorni, ed é necessario valutare caso per caso la situazione per decidere cosa fare tenendo conto dell'etá, del piumaggio e di altri fattori ancora.
L'importante è informarsi prima di agire, non essere impulsivi e consultare degli esperti in caso di dubbi, se necessario facendo foto o filmati per rendere l'idea della situazione.
Su rondini e balestrucci (Hirundinidae) la situazione è più chiara: queste specie non seguono a terra i pulli che cadono inavvertitamente al suolo. La cosa migliore da fare sarebbe ricollocarli nel nido ma, viste le altezze a cui questi uccelli li costruiscono, non é quasi mai possibile. Vanno dunque raccolti.
Infine, gli unici uccelli che vanno raccolti sempre e in ogni caso sono i rondoni (Apodidae), sia che si tratti di adulti che di pulli: questi uccelli non riescono quasi mai a spiccare il volo da terra, ragion per cui un pullo che finisce al suolo é spacciato perché i genitori, giocoforza, non avranno la possibilitá di accudirlo.
Nei mammiferi, le “regole” dipendono dalla specie. Carnivori come la volpe e i mustelidi (tasso, faina, martora, puzzola) affrontano le prime settimane di vita nella tana: il ritrovamento di un esemplare giovanissimo/neonato all’addiaccio è dunque inusuale, ma talvolta le madri possono spostare la prole da una tana all’altra in caso di pericolo e “parcheggiare” momentaneamente i piccoli se costrette a fuggire. In questi casi tornano appena possibile a recuperare il prezioso carico, per cui è consigliabile lasciare il piccolo dove si trova senza toccarlo -per non comprometterne l’odore- e tornare eventualmente a controllare in seguito. Gli ungulati, invece, non hanno tane e crescono i piccoli all’aperto: i cinghiali nati da pochi giorni seguono già la madre e possono allontanarsi dalla “famiglia” nei loro primi giri esplorativi. Spesso non è il caso di intervenire, così facendo si rischierebbe di sottrarre il piccolo alle cure della madre e si potrebbe rischiare di incorrere proprio nelle ire di quest’ultima, magari appostata a pochi metri. Nella maggior parte dei casi, il piccolo cinghiale si ricongiunge spontaneamente alla madre. Nel caso dei cervidi (capriolo, cervo, daino), i piccoli restano immobili e ben mimetizzati nell’erba alta del sottobosco: non fuggono nemmeno all’avvicinarsi di un predatore -un comportamento detto pronazione- e di conseguenza vengono spesso ed erroneamente creduti in difficoltà o addirittura abbandonati, dunque vengono raccolti e sottratti alle cure della madre. Madre che non è sparita né ha abbandonato il proprio piccolo, ma che torna regolarmente ad allattarlo e a prendersene cura più volte al giorno e che spesso non si avvicina proprio a causa della presenza di chi preleva il giovane: argomento da trattare a parte proprio per la “resistenza” delle persone nel capire questo concetto. Lo stesso comportamento (esemplare giovane in pronazione, immobile e apparentemente abbandonato) viene attuato nelle lepri. Questi animali non andrebbero nemmeno toccati per non compromettere il loro odore, ed evitare le conseguenti perplessità della diffidente madre, che in alcuni casi potrebbe insospettirsi e lasciarli al loro destino.
I roditori arboricoli come scoiattoli, ghiri e moscardini crescono i piccoli in nidi posti in posizione sopraelevata: un giovane sul terreno va tenuto d’occhio, è sicuramente una situazione anomala ma talvolta la madre potrebbe tentare il recupero. I piccoli ricci restano assieme alla madre nelle prime settimane di vita, ma talvolta mamma riccio potrebbe lasciarli al loro destino in caso di pericolo e del suo conseguente istinto di sopravvivenza: in quel caso, i piccoli vanno raccolti.
Nei chirotteri (pipistrelli) i giovani restano sempre aggrappati al ventre della madre, ma talvolta possono cadere: in tal caso, prima di tenerli, bisogna tentare un ricongiungimento con mamma pipistrello ponendo il piccolo in una posizione protetta e sopraelevata -ad esempio all’interno di una bacinella ma su un asciugamano riscaldato- nello stesso punto del ritrovamento e durante le ore notturne, per dare al piccolo almeno una possibilità di essere recuperato.
Tutte queste regole dovrebbero scongiurare il prelievo di un animale selvatico quando non ce n’è bisogno.
Come regola generale, bisogna sempre intervenire quando l’esemplare è visibilmente debilitato, magari con atteggiamenti anomali (non fugge in caso di nostro avvicinamento), o ferito con perdite di sangue e liquidi ben visibili. Anche in caso di impatto con veicolo, intossicazione e avvelenamento con conseguenti sintomi di malessere. Se l’animale è in difficoltà per cause naturali (malattie, vecchiaia, eccessiva magrezza, parassiti) il metodo “scientifico” suggerirebbe di lasciarlo al suo destino come natura vuole, ma l’empatia spontanea della specie Homo sapiens, e l’etica che ci siamo dati, impongono di intervenire ove possibile se non altro per evitare sofferenze all’animale.
Nel caso dei giovani (pulli/cuccioli), l'esemplare sano che non dovrebbe essere raccolto/toccato in un normale contesto naturale può essere raccolto se si trova in prossimità di situazioni di pericolo evidenti come presenza di animali domestici e strade trafficate. Può essere corretto intervenire anche su giovani "tardivi", nati fuori tempo massimo e che si apprestano ad affrontare i primi freddi senza la massa grassa necessaria per fronteggiare la cattiva stagione, dunque destinati a morte quasi certa: capita spesso con ricci e ghiri.
In caso di predazioni, eventi del tutto naturali che regolano l’ecosistema, non bisogna intervenire per “salvare” la preda: non esistono buoni e cattivi, solo individui che cercano di sopravvivere secondo la loro natura. Le uniche predazioni che vanno interrotte (e possibilmente prevenute) sono quelle ad opera di animali domestici, per ragioni che ho già spiegato in innumerevoli occasioni: l’animale domestico è selezionato dall’uomo e ormai totalmente alienato dall’ecosistema, per cui le predazioni di cani e gatti su animali selvatici sono eventi causati dall’uomo e decontestualizzati rispetto al mondo naturale.
In caso di dubbi per quanto concerne la raccolta dell'animale, come ho già detto -repetita iuvant- é sempre consigliabile contattare un CRAS e consultare un esperto prima di procedere valutando bene la situazione perchè ogni "ritrovamento" fa storia a sè.
Mai fare di testa propria.
Dopo essersi assicurati che la raccolta dell’esemplare è la cosa giusta da fare, non bisogna mai (mai!) improvvisarsi veterinari/curatori/gestori di fauna selvatica. Questi animali non sono il cane o il gatto di casa, ma richiedono cure e accorgimenti particolari oltre che una buona dose di esperienza e professionalità. Spesso, credendo di fare la cosa giusta, si finisce per rovinare la vita all’animale in questione, per compromettere la sua salute o addirittura per provocare la sua morte. Senza dimenticare la legge che ne vieta la detenzione. La regola più importante è: non sentirsi degli eroi e non cercare di fare gli eroi.
C’è solo una cosa da fare: contattare il CRAS (Centro Recupero Animali Selvatici) più vicino e far pervenire l’animale recuperato nelle mani di personale esperto e autorizzato.