15/04/2024
CANI LIBERI: UN RISCHIO PER FAUNA SELVATICA E NATURA
La gestione, la tutela e il rispetto per la fauna selvatica e la natura passano anche per una gestione consapevole e rispettosa del proprio animale domestico.
Premessa: non mi avventuro in digressioni sul cane e sulle sue esigenze etologiche, perché mi occupo esclusivamente di fauna selvatica e non di animali domestici. Lascio volentieri ad altri il piacere di parlare di cani, confidando che chi lo fa lo faccia bene e nel rispetto degli altri animali, soprattutto di quelli che un cane libero può molestare e danneggiare.
Fermo restando che un cane ha diritto di potersi muovere all'aria aperta, e fermo restando che godersi uno spazio verde col proprio cane è sicuramente un piacere, purtroppo i consigli di esperti improvvisati e sedicenti addestratori/istruttori cinofili non tengono conto di una semplice e ineluttabile verità: i boschi non sono solo "roba nostra".
È convinzione diffusa che lasciare i cani liberi di correre per prati, boschi e campagne sia cosa buona e giusta. Un sacrosanto diritto del cane, che può così essere "felice" e sfogare i suoi istinti scorrazzando di qua e di là, scavando, espletando i suoi bisogni, abbaiando e inseguendo altri animali di passaggio nella bucolica cornice del bosco. Veterinari e sedicenti etologi - intenti a raccontare alle persone ciò che le persone vogliono sentirsi raccontare - rinforzano di continuo questi luoghi comuni, spingendo sempre più la massa verso la credenza errata che lasciare un cane libero di correre in un bosco sia qualcosa di giusto ed essenziale al benessere del cane: dopotutto, “anche lui deve potersi esprimere”.
Non sono giardini e/o parchi di cui disporre a piacimento, né devono diventare sfogatoi per cani: sono la dimora di innumerevoli specie libere e selvatiche, a cui il cane - non un predatore naturale ma un’intromissione del tutto artificiosa - può arrecare un danno.
E in boschi, foreste e luoghi naturali in genere bisogna muoversi con rispetto, in nome della tutela di tutte queste creature che devono già affrontare ogni giorno sfide sempre più impegnative per sopravvivere in un mondo reso sempre più ostile dall’uomo.
La tentazione di liberare il cane nel bosco può essere tanta, ma se mettere il proprio cane al primo posto può essere comprensibile per una questione affettiva, diventa doveroso anche aprire la mente e ragionare a tutto tondo. Il cane è frutto di coevoluzione con l’uomo e selezione da parte dell’uomo: non esiste in natura, non esiste allo stato selvatico - i cani che a milioni imperversano liberi in molte zone del mondo non sono animali selvatici bensì randagi e ferali. Per questa ragione, è nostra responsabilità tenere sotto controllo il nostro cane nel rispetto degli animali selvatici: anche loro esistono, e sono molto più importanti di quanto molti credano.
Purtroppo, i modi in cui un cane può danneggiare l'ecosistema o interferire con esso sono tanti:
- Predazioni dirette su animali selvatici: un cane libero può inseguire, ferire o predare diverse specie selvatiche. Caprioli, lepri, ricci, scoiattoli, volpi, cinghiali e quant’altro. Una predazione ad opera di animale domestico è semplicemente fuori contesto, si tratta di un’intromissione che non fa parte delle dinamiche che regolano il mondo naturale e dunque non deve avve**re.
- Il danno può essere ancora più grave nella bella stagione, in presenza di esemplari giovani di fauna selvatica: i cuccioli e i pulli che crescono sul terreno non possono difendersi né fuggire, e vengono predati ancora più facilmente.
- Anche quando il cane non riesce a predare/ferire un animale selvatico, causa comunque uno stress e un dispendio di energie extra dovuto allo spavento e all'inseguimento, senza considerare il fattore emotivo: una lepre o un capriolo, pur riuscendo a fuggire, entrano in uno stato di forte stress dovuto alla paura. Se questo è normale quando a tentare una predazione è un carnivoro selvatico (lupo, volpe), non è affatto normale quando a causare questi problemi è un cane lasciato libero di "esprimersi". Lo stress dovuto allo spavento e all’inseguimento, in alcune specie selvatiche, può portare addirittura alla morte e in molti casi - ben che vada - alla compromissione del normale spettro etologico di questi animali che vengono “distratti” dalla loro vita e dalle loro attività e che impiegano preziose calorie per fuggire al cane che li stana e li insegue. Un cane può ad esempio compiere azioni di disturbo in specie che si stanno alimentando o sono in fase di corteggiamento/riproduzione.
- Le deiezioni dei cani, nei boschi, spesso non vengono raccolte dai padroni che pensano che gli escrementi, dopotutto, siano una cosa "naturale". Nel caso dei cani, niente di più sbagliato: gli odori rilasciati da urina e feci di cane non fanno parte del contesto boschivo e possono confondere tutti gli animali selvatici impegnati a marcare il territorio, provocando loro stress inutili. Suddette deiezioni, inoltre, possono trasmettere patologie e parassiti dall'animale domestico (cane) a specie selvatiche (volpi, lupi e molti altri), su cui possono esserci effetti anche gravi.
- Un cane lasciato libero in un bosco, talvolta, potrebbe anche non rispondere più al padrone e non tornare. Iniziando a vivere allo stato brado/randagio, questi cani potrebbero diventare un rischio permanente per la fauna selvatica, per altri cani, per le persone. Senza considerare la possibilità - nel caso di alcune razze/varietà - dell'ibridazione col lupo. Tutto questo, ammesso che il cane sopravviva e che non faccia una pessima fine.
Tutto questo non significa che i cani debbano vivere segregati negli appartamenti: ovviamente un cane può (anzi, deve!) essere condotto all'aperto, tuttavia i padroni sono tenuti a seguire alcune precise regole dettate oltre che dalla conoscenza e dalla coscienza - merce rara, che a molti manca - anche dal rispetto per tutti gli animali. Perché è chiaro che gli animali vanno amati e rispettati tutti, non solo quelli che godono dello status di “bambini”.
Dunque cani sempre al guinzaglio, senza in certi casi dimenticare la museruola. Raccogliere sempre gli escrementi, non solo in zone urbane ma anche per i boschi.
Non lasciare mai il cane libero, se non in apposite aree che esistono proprio per permettere ai cani un po' di movimento: in caso di mancanza di aree adibite a cani, la cosa giusta da fare è rimostrare col proprio comune e non riversare queste mancanze sulla natura e sulla fauna selvatica: perché devono essere loro a pagare?
Quando si decide di prendere un cane, bisogna assumersi delle responsabilità: responsabilità nei confronti del cane e anche della fauna selvatica.
Vietato usare scuse come "ma tanto il mio è buono" o "ma tanto il mio obbedisce".
Se non si ha voglia/tempo/modo di soddisfare i bisogni del proprio cane anche nel rispetto degli altri animali, anche scegliere di non avere un cane può essere un gesto maturo e responsabile.
E il tutto senza considerare i rischi che il cane stesso corre se lasciato libero nel bosco: può perdersi e morire di stenti, o ve**re predato a sua volta. Anche un momentaneo allontanamento dal padrone, magari a pochi metri di distanza, può significare un morso di vipera. Vipera che tendenzialmente si fa i fatti suoi, ma che logicamente reagisce per difesa e che magari poi viene tacciata di essere “cattiva e pericolosa”, messa mediaticamente alla gogna quando non uccisa a bastonate perché “è un rischio per il mio cagnolino, che deve poter esplorare il boschetto in tutta sicurezza”.
Stesso dicasi per potenziali "fiabeschi" incontri con cinghiali, lupi, istrici: per un cane libero potrebbe non finire bene.
Per rinforzare il concetto, proseguo evidenziando un inoppugnabile dato di fatto: il cane è una minaccia seria e concreta alla biodiversità su tutta la Terra. E non potrebbe essere altrimenti, con circa 470 milioni di cani padronali nel mondo (dato aggiornato ad alcuni anni fa, costantemente in crescita) a cui vanno ad aggiungersi randagi e ferali per un totale di circa un miliardo di cani.
Sì, un miliardo.
Ve lo scrivo in numero: 1.000.000.000 di cani. In altre parole, un prodotto dell'uomo che l'uomo ha selezionato per essere un compagno ma che poi ha letteralmente e irresponsabilmente sparpagliato ovunque sul pianeta, andando ad alterare ecosistemi e a manomettere dinamiche naturali consolidatesi in milioni di anni.
Il tutto si origina da un egoismo di fondo - il cane piace, viene utile, è protagonista di uno dei primi business al mondo ergo genera interesse e denaro - e dalla solita incapacità di gestione con cani che scappano, che vengono tenuti senza guinzaglio per boschi/prati/pascoli/sentieri/alta montagna, che vengono lasciati regolarmente liberi (“gli faccio fare un giro, si sfoga un po’ e poi torna”), che vengono continuamente abbandonati e - che se sopravvivono - vanno a rimpolpare le popolazioni di randagi e ferali in un circolo vizioso che si autoalimenta e non ha mai fine.
E i numeri sono costantemente in crescita, frutto di un mercato che sfrutta e spreme l'emotività delle persone: cani ormai sbattuti e propinati in ogni dove e con ogni mezzo, su ogni social media e su ogni canale, spacciati come panacea per tutti i mali e gestiti come una merce irrinunciabile. Che spesso finiscono in mano a persone che non hanno idea di come gestirli, che si stufano, che infine li fanno sparire.
Situazione frutto anche di regole poco stringenti che sorridono a questo sistema, e di governi che non possono né vogliono affrontare seriamente il problema perché piegati a questa macchina che smuove miliardi.
Ricordo peraltro che il cane, dipinto dalla propaganda come "amico dell'uomo" è suo malgrado protagonista del maggior numero di attacchi (talvolta mortali) proprio nei confronti dell'uomo ogni anno nel mondo. Numeri di gran lunga superiori a quelli di qualsiasi animale selvatico, anche predatori universalmente riconosciuti dalla collettività come "mangiatori di uomini": lupi, leoni, tigri, orsi, iene, coccodrilli e squali impallidiscono.
Una gestione responsabile del cane è dunque auspicabile anche nell’interesse dell’uomo stesso.
È chiaro che la colpa non è dei cani ma dell'umano, che li ha resi protagonisti di un'ossessione e che è incapace di gestirli responsabilmente: una tale quantità preponderante di animali domestici - cani o gatti che siano - deve imporre delle riflessioni che devono (dovrebbero) sfociare nel rispetto e in un’inversione di tendenza. In tal senso, non aiuta quella propaganda che li propone come bambini, pagliacci, creature delle fiabe, personaggi dei cartoni animati, angeli custodi, infine irrinunciabili feticci. Ma questo è un altro discorso.
Sono comunque buon senso e responsabilità che mancano: ne pagano le conseguenze il mondo naturale, i cani stessi, le persone.
Il concetto che i pet sono un'entità estranea al mondo naturale, che gli animali domestici gestiti male sono una delle principali piaghe dell’ecosistema e che non bisogna permettere che interagiscano e interferiscano con esso è uno dei più difficili da inculcare ai non addetti del settore. Per questa ragione, chi ha coscienza e conoscenza sarà sempre tenuto a insistere su questo punto.