18/01/2023
Dalgli appunti del Colonnello P. ANGIONI:
Posizione in sella
Rispondo a B* e V*.
B*. Il metodo d’insegnamento dell’equitazione dovrebbe essere simile a quello che ha praticato per imparare la danza classica. Ma, diversamente dalla danza, l’equitazione non può farsi che attraverso un tramite, che è il cavallo. Il cavallo dovrebbe essere, considerato dal punto di vista equestre e non da quello dell’etologia o dell’animale da compagnia, uno strumento perfettamente accordato, come un pianoforte per un allievo del conservatorio che studia musica. Per essere tale, non c’è bisogno che il cavallo costi milioni di vecchie lire e che salti due metri. Occorre che sia un discreto modello, abbastanza rinsanguato, sano, ben alimentato e … ben lavorato. E qui è il problema. Il cavallo non nasce da sella. Va addestrato. Chi lo deve addestrare, cioè renderlo idoneo per l’istruzione? L’istruttore. L’istruttore è, o dovrebbe essere, come l’accordatore dei pianoforti. Dovrebbe passare tutto il tempo libero dagli impegni dell’insegnamento a lavorare i cavalli che utilizza per l’insegnamento. La qualità dell’istruzione dipende soltanto dall’istruttore e dalla bontà dello strumento che si utilizza, il cavallo.
La sua attività in sella è rigidamente condizionata dal cavallo che m***a. Dopo un anno e mezzo di equitazione, che vuol dire, m***ando 2 o 3 volte la settimana, più 2 che 3, circa 250 ore di equitazione, lei non può essere in grado di addestrare il cavallo che m***a (migliorare, correggere, perfezionare la rispondenza e la qualità delle andature, che sono paragonabili al suono del pianoforte e che trasmettono al cavaliere le sensazioni giuste), ammesso che sia sempre lo stesso. Per darle un’idea del confronto, un professionista (serio) in sella, nello stesso periodo avrebbe dovuto trascorrere circa 3000 ore. Lei non può fare che quello che le consente di fare il suo cavallo. All’istruttore, più che un insegnamento meno lasciato al caso e maggiore attenzione, dovrebbe chiedere che la metta in sella a un cavallo rispondente e con belle andature. Insegna di più, a ogni livello, un cavallo ben messo del migliore istruttore esistente a questo mondo disponendo di un cavallo malmesso o non ben messo.
Che consiglio darle? Esistono diversi manuali di pedagogia equestre. Non in italiano. Non saprei che consiglio darle, perché, se lei leggesse uno di quei manuali, sarebbe in grado di giudicare il metodo adottato dal suo istruttore e allora apriti cielo. Inizierebbero le baruffe e il m***are a cavallo diverrebbe un confronto-scontro.
La sequenza che le consiglio, ammesso che lei possa metterla in pratica, è la seguente. Avendo fatto danza classica lei sarà certamente leggera. Il primo obiettivo è la posizione in sella e successivamente l’assetto. Per la posizione in sella, che è fondamentale, senza la quale non può esserci alcun progresso sicuro e stabile, se va a cercare tra i miei vecchi post, ne troverà certamente alcuni dedicati al soggetto, una volta acquisita una posizione corretta e ferma (nel senso di esente da movimenti inutili o involontari), che riguarda soprattutto la parte inferiore del corpo, cioè la base, la posizione della gamba, deve ricercare la naturalezza, la scioltezza, la disinvoltura, che riguardano soprattutto la parte mobile del suo corpo, la parte superiore, il busto e le braccia. La posizione corretta consente la maggiore scioltezza e la naturalezza. Siccome ha fatto danza, certamente saprà come fare. Prima la posizione, poi, lavorando sulla posizione, la scioltezza e la naturalezza. Se lei avesse dieci anni le direi di fare il contrario. Il miglior esercizio per consolidare la base e acquisire l’equilibrio del busto, tanto importante al galoppo, è il passo, dapprima, poi il trotto in sospensione sulle staffe, con gli staffili abbastanza corti. Arrivando a stare in sospensione sulle staffe con le mani ai fianchi. Più si fa di questo esercizio, più si rafforza la base e più si acquista l’equilibrio.
V*. L’esercizio che ho consigliato a B* vale anche per lei, soprattutto se tende a sedersi e infastidire la schiena del cavallo. Tenga conto che, con la bocca, il tratto dorso-lombare (in equitazione chiamato reni) è la parte più delicata del cavallo e, mentre la bocca con un po’ di riposo, se è stata tormentata da una mano grossolana, si rimette a posto (a parte le conseguenze di ordine psichico), le reni del cavallo spesso richiedono cure e un lungo riposo se sono state maltrattate.
Quindi, quando è sola, faccia ripetutamente, fino a quando sente spuntare la fatica, che vuol dire irrigidimento delle cosce e dei polpacci (nel caso deve mettere il cavallo al passo, sedersi, levare i piedi dalle staffe e distendere le gambe, abbassando, abbandonando le punte dei piedi, per qualche minuto), passo e trotto in equilibrio sulle staffe, che vuol dire non toccare con le natiche la sella. Vuol dire retrocedere le gambe (ginocchio-tallone), abbassare il tallone con i piedi infilati soltanto per il primo terzo nelle staffe, aprire leggermente le punte dei piedi, di pochi gradi, spingere le suole in fuori, scendere bene con i ginocchi nei quartieri, non stringere i ginocchi, ma tenerli morbidamente aderenti ai quartieri. Non ci deve essere luce tra ginocchi e quartieri. Se trova barriere a terra o, ancor meglio, cavalletti (barriere alzate da suolo di circa 20 cm), passi al trotto in sospensione. La maggiore flessione degli arti provoca la maggiore elevazione dell’andatura e quindi movimenti che rendono instabile il suo equilibrio. Il suo istinto provvede a porre rimedio all’instabilità.
Paolo Angioni
Nella foto il Colonnello Angioni con una allieva