04/12/2024
“Ho capito che il Bosco Verticale sarebbe diventato importante non quando ha vinto il premio per il miglior grattacielo del mondo ma quando, qualche mese dopo, ho ricevuto dal grande GIUSEPPE MONTANARI l’immagine di Dylan Dog e Groucho che guardavano perplessi questa strana, bizzarra, alta casa per alberi, umani e uccelli nel cuore di Milano”.
L’architetto Stefano Boeri racconta un edificio diventato uno dei simboli di Milano ma anche un’icona pop protagonista di film, spot pubblicitari, libri e canzoni. Sono trascorsi 10 anni dall’inaugurazione, nell’autunno 2014, del Bosco Verticale milanese realizzato da Boeri Studio e gestito da Coima. Un edificio che ha creato un modello esportato in tutto il mondo, dai Paesi Bassi alla Cina. Per celebrare il decennale è stato realizzato un libro edito da Rizzoli e curato da Stefano Boeri Architetti che oggi, alle 18, verrà presentato al Teatro Parenti.
Stefano Boeri, tornando alle origini come è nata l’idea del Bosco Verticale?
“Era un’idea che covavo da tempo, nel 2007 mi trovavo per il Forum delle città a Dubai e osservando quella metropoli fatta di torri in mezzo al deserto mi sono deciso a proporla a Gerald Hines e Manfredi Catella. Al contrario di Dubai, l’idea era quella di un’architettura sostenibile e inserita nel contesto ambientale, con una facciata vivente, biologica e verde in grado anche di ridurre il consumo di energia. Hines e Catella hanno detto che era una follia, ma mi hanno posto alcuni quesiti pratici chiedendomi di tornare tre mesi dopo con una possibile soluzione. Mi sono messo al lavoro con una squadra di amici, tra cui ingegneri, etologi e botanici. Sono tornato da loro tre mesi dopo, li ho convinti e alla fine il progetto è partito”.
L'intervista di Andrea Gianni continua sul sito 📲