17/05/2022
I cani devono socializzare. Quante volte lo sentiamo dire? Quando portiamo a casa un cucciolo per la prima volta il “mi raccomando, fallo socializzare” diventa quasi un mantra, e qualunque esperto di cinofilia vi confermerà l’importanza della socializzazione, soprattutto nei primi mesi di vita. Ma vi siete mai chiesti cosa significa davvero “far socializzare”?
Se la prima immagine che vi è venuta in mentre è un’area cani con tanti quattro zampe che corrono insieme o due pelosetti che si incontrano per strada e si annusano scodinzolando, sto per distruggervi un mito. Socializzare significa soprattutto conoscere il mondo: le zampe provano sensazioni molto diverse se poggiano su un marciapiede, su un terreno sterrato o sulla moquette di un negozio; un tram che sferraglia non avrà lo stesso impatto emotivo dello squittio di uno scoiattolo; e siamo sicuri che quel tipo alto con cappello e ombrello appartenga alla stessa specie di quella bimbetta alta qualche spanna che caracolla facendo versetti?
Far socializzare un cucciolo, in buona sostanza, vuol dire fargli vivere più esperienze possibile – ovviamente andando per gradi e proponendo sempre tutto in modo divertente. In questo modo il piccolo svilupperà una mente aperta, flessibile e curiosa, e avrà tanti strumenti utili per far fronte a tutte le sfide che gli presenterà la vita.
Purtroppo per i cani, il famoso “fallo socializzare” viene troppo spesso interpretato in modo semplicistico e superficiale, e molti proprietari, convinti di far bene, riducono la passeggiata del loro amico quadrupede a un’ora e mezza di area cani dove la rete lo costringe in uno spazio, spesso davvero risicato, insieme a un pugno di conspecifici e altrettanti esseri umani che, tra una chiacchiera e un’occhiata al cellulare, ogni tanto lo invitano “ad andare a giocare”. Ma siamo sicuri che sia davvero ciò che i cani desiderano? Proprio in quel momento, per quel tempo e con quei cani?
Spostiamo la stessa scena in aperta campagna, con spazi ampi e soprattutto senza reti. I cani starebbero per due ore nello stesso posto a correre in circolo prendendosi a spallate? Probabilmente no. Alcuni, dopo essersi annusati e aver magari interagito un po’, tornerebbero volentieri alla loro passeggiata col proprio compagno umano. Del resto, un conto è far due chiacchiere con un conoscente, e un altro è essere costretti a reggere la conversazione per due ore filate. Altri girerebbero proprio al largo, perché saper convivere e comunicare efficacemente, non vuol necessariamente dire essere socievoli. Se fossero persone, li definiremmo cordiali, ma un po’ orsi e rispetteremmo il fatto che, se li invitassimo a una festa, ci risponderebbero gentilmente di no.
L’area cani ci può stare, soprattutto se si vive in città, a patto però che sia solo una delle tappe della passeggiata e che, mentre si è al suo interno, il cane non passi in secondo piano rispetto al cellulare. Quando possibile, invece, cerchiamo di portare il nostro amico a passeggiare in ampi spazi aperti – al parco o in campagna – se possibile libero dal guinzaglio, così che possa decidere se e come avvicinarsi ai suoi simili. A volte sceglierà di non farlo, e si limiterà ad annusare tutte le p**ì e le pupù che incontrerà sulla sua strada: anche questo è socializzare.
Ma il più dannoso effetto collaterale di quel “fallo socializzare” è un altro. Molti proprietari, appena vedono un altro binomio all’orizzonte, lo puntano zelanti, invitando il proprio cane a seguirlo per “andare a conoscere un nuovo amico”. Ora, mettiamoci per un attimo “nel pelo” del nostro cane: come ci sentiremmo se qualcuno ci trascinasse di forza verso un perfetto sconosciuto, pretendendo che ci facciamo amicizia al primo sguardo chiunque egli sia? Magari ha l’alito pesante, ha uno sguardo che ci sembra minaccioso o semplicemente non ci piace a pelle.
In più, secondo il galateo canino, un quadrupede che si avvicina a un atro in linea retta – e magari anche a passo spedito – è considerato maleducato e invadente, quando non minaccioso.
Se la situazione non fosse già abbastanza “imbarazzante” – per usare un termine che noi umani associamo facilmente a una serie di sensazioni spiacevoli in ambito sociale – ci si aggiunge il guinzaglio. Il cane comunica con tutto il corpo; ogni espressione, ogni micromovimento cambia il significato del messaggio che vuole trasmettere. Tuttavia molto spesso, nell’approcciarsi all’altro binomio, il proprietario tende d’istinto ad accorciare il guinzaglio, limitando le possibilità di movimento del cane e mettendolo in una situazione ancora più scomoda: non solo non riesce a comunicare efficacemente le proprie intenzioni all’altro, ma non ha nemmeno la possibilità di allontanarsi in caso l’altro cane lo preoccupi. E se non si può scappare, l’unica cosa che resta da fare è difendersi. Questo è il motivo per cui molti cani si trasformano dal Dottor Jackyll a Mr Hide a seconda che siano o meno legati.
E no, due cani in piedi sulle posteriori “appesi” per il guinzaglio che agitano le anteriori uno verso l’altro non stanno giocando, sono solo profondamente frustrati!
Ovviamente è possibile far sviluppare al cane le competenze per reggere bene l’incontro da legati, e imparare noi stessi a manovrare bene il guinzaglio in tali circostanze, perché, soprattutto vivendo in città, le interazioni “scomode” possono capitare; se però incontrare o non incontrare un altro binomio da legati e su un marciapiede stretto dipende da voi, fate un favore al vostro cane, prendete spazio, allargatevi descrivendo una curva, anche se implica il dover scendere dal marciapiede. Meglio poche interazioni ben fatte, con i giusti spazi e tempi, che tante che generano stress nei cani quanto nei loro compagni a due zampe.
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