16/09/2023
CRITERI DI SCELTA DEI COGNOMI DI FANTASIA PER I TROVATELLI
I trovatelli in Italia sono stati per secoli nominati assegnando loro solamente il nome di battesimo a cui si aggiungeva un cognome eguale per tutti indicante la loro comune esperienza di brefotrofio. Ad esempio a Firenze ed in Toscana, dove l’istituzione per l’infanzia abbandonata fu per secoli lo Spedale di Santa Maria degli Innocenti, gli esposti ebbero tutti il cognome di Innocenti nelle sue varianti di Innocente, Degli Innocenti o Nocenti da cui i derivati Nocentini, Nocentino. A Milano, invece, l’istituto che si occupava dell’infanzia abbandonata era l’ospizio di Santa Caterina della Ruota, annesso all’antico complesso dell’ospedale sforzesco, che aveva come simbolo una colomba, perciò qui i trovatelli vennero cognominati molto frequentemente come Colombo e Colombini. Per lo stesso motivo a Pavia, ad esempio, gli esposti vennero chiamati spesso Giorgi, mentre a Siena Della Scala: si rafforzava così il legame filiale che legava il bambino abbandonato all’istituto che l’aveva accolto. Ancor più spesso, però, gli abbandonati venivano chiamati con cognomi che riportavano chiaramente alla mente la loro condizione di abbandono: Esposto, Esposti, Orfano, Proietti, Sposito, Spositi, Trovatelli, Trovato, Ventura, Venturelli, Venturini. Altro modo di definirli era fare riferimento alla loro nascita illegittima: Bastardo, Bastardi, Dell’Incerti, D’Ignoto, D’Ignoti, D’Incerti, D’Incerto, D’Incertopadre, Ignoto, Ignoti, Incerto, Incerti, Incertopadre, Parentignoti, Spurio, Spuri. Si usava anche cognominarli riferentesi alla pietà pubblica e/o religiosa: Cadei, Casadei, Casadidio, Casagrande, Di Dio, Diotallevi, Diotiguardi. In ogni caso, non tutti i cognomi summenzionati possono ricondursi all’infanzia abbandonata: per averne la certezza, occorre sempre svolgere ricerche d’archivio.
All’inizio del XIX secolo questa esplicita trasparenza dei cognomi dei trovatelli cessò in seguito ad una nuova sensibilità di ordine etico, al fine di non far gravare più sul trovatello l’umiliazione derivante da una facile rintracciabilità del suo passato di bambino abbandonato. Nel 1811 Gioacchino Murat abolì con un decreto l’antico uso del Regno di Napoli di chiamare quasi tutti i trovatelli Esposito o Proietti e decise che gli amministratori degli istituti di accoglienza dovessero stabilire i cognomi degli abbandonati. Nel 1813 un analogo provvedimento di Giuseppe Beauharnais impose l’obbligo del cognome a tutti gli abitanti del Regno d’Italia. Con una successiva circolare imperiale del 29 novembre 1825 venne imposta la regola secondo cui ogni trovatello avrebbe dovuto ricevere un cognome individualizzato. Da questo momento per le istituzioni finalizzate all’accoglienza dei trovatelli si pose un nuovo problema: quello di inventare per ognuno di loro un cognome di fantasia. Così il cognome inventato fu non solo il prodotto della creatività del singolo amministratore dell’istituto di accoglienza, ma anche il riflesso dell’immaginario, della mentalità e delle vicende dell’epoca della sua attribuzione. Molte, perciò, furono le variabili: l’estro del momento; un richiamo all’aspetto fisico del bambino o alle sue origini sociali o geografiche; una prefigurazione di un destino possibile; un richiamo a fatti storici o di cronaca del momento. Occorreva in ogni caso trovare un cognome che nessun altro avesse, per evitare che un domani l'esposto si presentasse davanti a qualcuno che portava quel cognome chiedendogli conto di una paternità rifiutata: ciò diventava fondamentale nel caso di figli illegittimi.
Tra i vari modi di operare, lo Spedale degli innocenti di Firenze dal 1812 attribuì un cognome distinto per ogni trovatello. Qui i cognomi scelti terminavano con la lettera “i” al fine di armonizzarli con la prevalente terminazione vocalica dei cognomi più diffusi in Toscana e si scelsero per determinati periodi cognomi che iniziavano con la stessa lettera. Altra impostazione usata fu quella di segnalare, nel nome e cognome, la data particolare di accoglienza (ad esempio Prima Gennai). Il 30 giugno 1875 fu l’ultimo giorno di funzionamento della ruota degli esposti di questo ricovero fiorentino, perciò i bambini nominati in quel frangente furono una Laudata Chiusuri ed un Ultimo Lasciati.
Le fonti d’ispirazione nella ricerca dei cognomi possibili furono molte: oggetti correnti (Mestoli, Quaderni, Inchiostri, Tetti, Valigi); piante (Pioppi, Peri, Susini, Limoni); fiori (Rosai, Gelsomini, Gerani); mestieri (Artisti, Osti, Tintori, Merciai); nomi (Adeli, Angeli, Alberti, Teodori); personaggi storici (Benvenuto Napoleoni, Maria Stuarda); geografici (Mantovani, Romani, Senesi, Tamigi, Sassarini, Asiatici, Tirolesi); alcuni cognomi illustri, anche se vietati (Levi, Peruzzi, Tornabuoni); un richiamo all’abbandono (Portati, Venuti, Abbandonati, Soccorsi, Lasciati, Trovetti, Bastardi, Bastardini, Incerti, Ignoti); il mese in cui il bambino fu abbandonato (Gennari, Marzi, Maggi, Maggini); il giorno del mese (Tredici, Sedici, Quattordici); il santo del giorno o la specifica ricorrenza religiosa (Natale, Carnevali, Quaresimini); un augurio (Fortunati, Benarrivati, Bonaventuri); una difficoltà (Cascai, Borbotti, Scacciamondi); dati morali e comportamentali (Ridenti, Giusti, Pietosi, Placidi). A volte venivano modificati cognomi già esistenti o le vocali di un cognome già attribuito (Aschi/Eschi; Ameri/Amiri); o le consonanti (Faci/Fami, Fadi/ Fapi/Fasi) oppure si riprendeva nel cognome il nome (Anna Annetti).
A Lucca si cominciò a cognominare gli esposti solo dal il 1848, dopo l’annessione del Ducato lucchese al Granducato di Toscana: qui si usarono i nomi delle località e delle città di provenienza dei trovatelli (Lucchesi, Carraia, Carmigliano, Farneta, Camaiore, Nocchi).
A Pavia a fine 1825 si smise l’uso di chiamare i trovatelli Giorgi e si decise di scegliere per ogni anno una lettera con cui avrebbero dovuto iniziare i cognomi, attinti da un elenco sufficientemente lungo.
A Palermo il Conservatorio di Santo Spirito seguì lo stesso sistema alfabetico di Pavia (qui una lettera durava alcuni mesi per poi essere sostituita da un’altra). Qui, come all’Annunziata di Napoli, vennero usati cognomi toponimici, tratti cioè da toponimi della più varia natura (nomi di città, regioni, nazioni, fiumi).
Anche a Crema si usò un analogo sistema alfabetico, ma qui una lettera iniziale poteva essere usata per anni. Fino al 1839, si ricorse a cognomi spesso quasi impronunciabili derivati dalle denominazioni scientifiche delle piante, per poi decidere di usare anagrammi e giochi di parole che potevano rifarsi o alle caratteristiche fisiche e caratteriali dei trovatelli (Accampoloni= “mano piccola”) o ad azioni compiute dall’infante (Aberlacusi= “se baci urla”) o ad atteggiamenti dei genitori (Decorcipo= “cedi corpo”) o ad azioni compiute dall’inventore del cognome (Cittastore= “te riscatto”).
In Italia si è avuto anche il caso di cognomi inventati dagli istituti di accoglienza tra il 1885 ed il 1896 legati a località, personaggi e fatti connessi con la prima colonizzazione italiana; essi sono disseminati in tutta la Pen*sola: Adua, Alagi, Ambalagi, Asmara, Dogali, Eritreo, Macallè.
Moltissimi di questi cognomi sono rimasti in archivio, data l’alta mortalità infantile in quel periodo; i cognomi femminili, ovviamente, si sono estinti, in seguito ai matrimoni; una parte è scomparsa in seguito alle adozioni. In ogni caso sono molti ancora quelli che sussistono ancor oggi.
[fonte: https://blogincultura.blogspot.com/.../figli-di-nn-i...]