28/06/2024
Sto leggendo un libro che spiega e racconta, in modo semplice e fruibile anche per una persona come me, che sono profondamente ignorante in biologia, di come la dopamina agisca sui comportamenti.
Devo dire che è stato illuminante, e mi ha aiutata ad aggiungere importanti tasselli nel puzzle variegato della mia formazione.
Ovviamente si riferisce agli esseri umani (e agli animali sui quali, ahimè, sono stati fatti gli esperimenti), ma possiamo provare ad ipotizzare che anche sui cani abbia i medesimi effetti.
Diversamente da quanto si credeva un tempo, la dopamina non è l’ormone (o meglio, il neurotrasmettitore) del piacere (per usare un’espressione semplificata) bensì l’ormone del desiderio, prodotto da ciò che viene definita “ricompensa inattesa”: spinge cioè l’individuo ad attivarsi per cercare di raggiungere un obiettivo, rendendolo focalizzato, instancabile e non appagato sino a quando non ha concretizzato il risultato. Rende euforici e carichi di grinta, alla ricerca dell’emozione forte prodotta dalla ricompensa ai propri sforzi.
Cala, però, quando tale ricompensa diventa prevedibile, spingendo il soggetto a ricercare nuove situazioni che lo portino a provare l’ebbrezza della ricompensa inattesa, e se non è ben gestita si crea una sorta di dipendenza, in quanto impedisce al soggetto di godersi il traguardo, perennemente insoddisfatto del “qui e ora” e proiettato nel futuro, bramoso di scoperta e di avventura; lo spinge oltre i propri limiti, e ne stimola la creatività.
Se ci pensiamo bene, soggetti di questo tipo sono lavoratori instancabili, proprio come i cani che sono stati selezionati dalla mano dell’uomo per essere utili a svolgere sino allo sfinimento compiti ben precisi, cui sono predestinati sin dalla nascita dalle stesse richieste più o meno esplicite e consapevoli e dalle stesse aspettative (anch’esse più o meno consapevoli) di chi decide al loro posto, e cioè gli umani proprietari del loro tempo.
A compensare gli eccessi di dopamina vi sono sostanze definite “del qui e ora, H&N” come ad esempio la serotonina, l’ossitocina, le endorfine e gli endocannabinoidi.
Normalmente gli individui dotati di libero arbitrio possono fare scelte e cercare situazioni e contesti che li aiutino ad imparare a gestire la regolazione di queste sostanze, raggiungendo un equilibrio tra spinta motivazionale e appagamento nel raggiungimento degli obiettivi. Anche a livello di predisposizione genetica si tende a ricercare un partner che compensi le proprie caratteristiche, favorendo la generazione di una prole predisposta in modo equilibrato. Inoltre, anche attraverso la convivenza stessa si può sviluppare l’apprendimento di meccanismi utili a tali compensazioni.
È infatti ciò che avviene pure tra i cani liberi, che possono scegliere con chi unirsi e procreare.
Purtroppo però la sessualità dei cani che vivono in famiglia ormai non è più regolata dal libero arbitrio, ma è completamente gestita dall’uomo, e gli obiettivi che stimolano la selezione del partner non sono l’equilibrio e il benessere del cane quanto piuttosto il consolidamento di precise caratteristiche utili al raggiungimento di vantaggi per l’uomo, vantaggi che spaziano dalla performance spinta (eccesso di dopamina unito a carenza di sostanze H&N) alla docilità assoluta (eccesso di sostanze H&N che spengono la creatività e l’iniziativa unito a carenza di dopamina).
Ovviamente il paradigma selettivo non si sviluppa solamente su queste due coordinate, ma intervengono fattori molto complessi quali la produzione di sostanze coinvolte in altri circuiti e le caratteristiche morfologiche, che favoriscono scelte comportamentali diverse a seconda della direzione presa dalla selezione stessa.
Ma in questo momento sto leggendo questo libro, e su questi specifici aspetti sto ragionando.
Quando nella nostra vita è entrato Argo, ciò che maggiormente ci ha scombussolato (ora ce l’ho ben chiaro) è stata proprio la sua carica di dopamina, presente in forma esuberante già a livello genetico e poi in forma ancora più spinta a causa delle privazioni cui il suo vissuto lo aveva sottoposto.
Le forme di dipendenza provocate dalla dopamina, uniche fonti di piacere che avesse mai conosciuto, lo portavano nei primi mesi a fare fino a 28 km in un solo giorno, in pieno giorno sotto il sole cocente di luglio, incurante del caldo e della fatica: tornava a casa perché esausto, ma mai veramente appagato, pronto a ricominciare da capo non appena avesse recuperato le forze.
Era evidente fosse un piacere effimero e malsano, che lo consumava senza portargli alcuna vera e duratura serenità, ma non avevamo chiaro come aiutarlo.
Per Tino ed Etna, favoriti dalla genetica e da un vissuto che li aveva educati all’equilibrio tra interessanti stimolazioni e il “qui e ora”, vivere in questo modo era inconcepibile, e istintivamente tenevano lontano ciò che li disturbava.
Per me questa continua ricerca di emozioni forti, sia in casa che fuori, era estenuante e snervante: mi spaventavano i suoi eccessi e al tempo stesso mi commuoveva la sua esplicita richiesta, il suo “Vi prego, fermatemi!!!” urlato silenziosamente, cui non sapevo dare una valida risposta perché dall’altra parte mi scontravo con la volontà potente della sua dipendenza.
Tra alti e bassi, soddisfazioni e smarrimenti, passo dopo passo abbiamo fatto, tutti insieme, il nostro cammino.
Ho cercato di offrire ad Argo la possibilità di sperimentare molte situazioni, in modo che conoscesse altre forme di piacere e di soddisfazione e potesse scegliere quali sono nelle sue corde; ho cercato di dargli dei ritmi, affinché imparasse a chiudere le azioni e a godere dei i risultati; ho cercato di offrirgli il calore di una famiglia e degli amici; ho cercato di ascoltare ciò che Tino ed Etna, ma non solo, anche gli altri cani cui Argo ha dato la sua fiducia, mi suggerivano di fare; ho cercato di ascoltare lui, quando la consapevolezza di aver bisogno di essere fermato ha cominciato a dare i primi segnali (alcuni di voi si ricorderanno le sue richieste di essere messo a guinzaglio); ho cercato di entrare nel suo mondo, utilizzando i tracciati del GPS come canale di comunicazione tra di noi.
In questo modo, piano piano, il suo cervello ha cominciato a produrre in dosi appropriate anche le sostanze H&N (serotonina, ossitocina, endorfine, endocannabinoidi), e il suo comportamento è cambiato; ha persino cominciato a mettere su peso.
Ora è praticamente irriconoscibile, un altro cane pur senza aver perso nulla della sua potentissima personalità, e devo dire che l’aver compreso cosa stesse accadendo nel suo cervello e quali fossero i meccanismi che andavano incoraggiati e a quali invece convenisse mettere dei limiti mi è stato molto utile.
Non ho dimostrazioni scientifiche da citarvi, non posso affermare con certezza che ciò che avviene nella mente dell’uomo possa essere paragonato, in tutto o anche solo in parte, con ciò che avviene nella mente di un cane. Questo è ciò che sto studiando, e questo è ciò che ho vissuto e sto vivendo.
Mi andava di raccontarvelo.