La Margherita

La Margherita Il centro per cani e umani "La Margherita" propone incontri e attività che hanno l'obiettivo di aiu
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Aiutiamo cani e umani a comprendersi meglio, a stare bene insieme, a lasciarsi "contaminare" uno dall'altro. Molto abbiamo noi da dare al cane, molto il cane ha da dare a noi: la convivenza migliore nasce da questo scambio. Il nostro obiettivo è quello di fornire a chi si rivolge a noi gli strumenti che permettono di comprendere la specie cane, e di aiutare entrambe le parti a sviluppare quelle competenze che permettano loro di esprimersi al meglio e di vivere secondo regole condivise.

Sto leggendo un libro che spiega e racconta, in modo semplice e fruibile anche per una persona come me, che sono profond...
28/06/2024

Sto leggendo un libro che spiega e racconta, in modo semplice e fruibile anche per una persona come me, che sono profondamente ignorante in biologia, di come la dopamina agisca sui comportamenti.

Devo dire che è stato illuminante, e mi ha aiutata ad aggiungere importanti tasselli nel puzzle variegato della mia formazione.

Ovviamente si riferisce agli esseri umani (e agli animali sui quali, ahimè, sono stati fatti gli esperimenti), ma possiamo provare ad ipotizzare che anche sui cani abbia i medesimi effetti.

Diversamente da quanto si credeva un tempo, la dopamina non è l’ormone (o meglio, il neurotrasmettitore) del piacere (per usare un’espressione semplificata) bensì l’ormone del desiderio, prodotto da ciò che viene definita “ricompensa inattesa”: spinge cioè l’individuo ad attivarsi per cercare di raggiungere un obiettivo, rendendolo focalizzato, instancabile e non appagato sino a quando non ha concretizzato il risultato. Rende euforici e carichi di grinta, alla ricerca dell’emozione forte prodotta dalla ricompensa ai propri sforzi.

Cala, però, quando tale ricompensa diventa prevedibile, spingendo il soggetto a ricercare nuove situazioni che lo portino a provare l’ebbrezza della ricompensa inattesa, e se non è ben gestita si crea una sorta di dipendenza, in quanto impedisce al soggetto di godersi il traguardo, perennemente insoddisfatto del “qui e ora” e proiettato nel futuro, bramoso di scoperta e di avventura; lo spinge oltre i propri limiti, e ne stimola la creatività.

Se ci pensiamo bene, soggetti di questo tipo sono lavoratori instancabili, proprio come i cani che sono stati selezionati dalla mano dell’uomo per essere utili a svolgere sino allo sfinimento compiti ben precisi, cui sono predestinati sin dalla nascita dalle stesse richieste più o meno esplicite e consapevoli e dalle stesse aspettative (anch’esse più o meno consapevoli) di chi decide al loro posto, e cioè gli umani proprietari del loro tempo.

A compensare gli eccessi di dopamina vi sono sostanze definite “del qui e ora, H&N” come ad esempio la serotonina, l’ossitocina, le endorfine e gli endocannabinoidi.

Normalmente gli individui dotati di libero arbitrio possono fare scelte e cercare situazioni e contesti che li aiutino ad imparare a gestire la regolazione di queste sostanze, raggiungendo un equilibrio tra spinta motivazionale e appagamento nel raggiungimento degli obiettivi. Anche a livello di predisposizione genetica si tende a ricercare un partner che compensi le proprie caratteristiche, favorendo la generazione di una prole predisposta in modo equilibrato. Inoltre, anche attraverso la convivenza stessa si può sviluppare l’apprendimento di meccanismi utili a tali compensazioni.

È infatti ciò che avviene pure tra i cani liberi, che possono scegliere con chi unirsi e procreare.

Purtroppo però la sessualità dei cani che vivono in famiglia ormai non è più regolata dal libero arbitrio, ma è completamente gestita dall’uomo, e gli obiettivi che stimolano la selezione del partner non sono l’equilibrio e il benessere del cane quanto piuttosto il consolidamento di precise caratteristiche utili al raggiungimento di vantaggi per l’uomo, vantaggi che spaziano dalla performance spinta (eccesso di dopamina unito a carenza di sostanze H&N) alla docilità assoluta (eccesso di sostanze H&N che spengono la creatività e l’iniziativa unito a carenza di dopamina).

Ovviamente il paradigma selettivo non si sviluppa solamente su queste due coordinate, ma intervengono fattori molto complessi quali la produzione di sostanze coinvolte in altri circuiti e le caratteristiche morfologiche, che favoriscono scelte comportamentali diverse a seconda della direzione presa dalla selezione stessa.
Ma in questo momento sto leggendo questo libro, e su questi specifici aspetti sto ragionando.

Quando nella nostra vita è entrato Argo, ciò che maggiormente ci ha scombussolato (ora ce l’ho ben chiaro) è stata proprio la sua carica di dopamina, presente in forma esuberante già a livello genetico e poi in forma ancora più spinta a causa delle privazioni cui il suo vissuto lo aveva sottoposto.

Le forme di dipendenza provocate dalla dopamina, uniche fonti di piacere che avesse mai conosciuto, lo portavano nei primi mesi a fare fino a 28 km in un solo giorno, in pieno giorno sotto il sole cocente di luglio, incurante del caldo e della fatica: tornava a casa perché esausto, ma mai veramente appagato, pronto a ricominciare da capo non appena avesse recuperato le forze.

Era evidente fosse un piacere effimero e malsano, che lo consumava senza portargli alcuna vera e duratura serenità, ma non avevamo chiaro come aiutarlo.
Per Tino ed Etna, favoriti dalla genetica e da un vissuto che li aveva educati all’equilibrio tra interessanti stimolazioni e il “qui e ora”, vivere in questo modo era inconcepibile, e istintivamente tenevano lontano ciò che li disturbava.
Per me questa continua ricerca di emozioni forti, sia in casa che fuori, era estenuante e snervante: mi spaventavano i suoi eccessi e al tempo stesso mi commuoveva la sua esplicita richiesta, il suo “Vi prego, fermatemi!!!” urlato silenziosamente, cui non sapevo dare una valida risposta perché dall’altra parte mi scontravo con la volontà potente della sua dipendenza.

Tra alti e bassi, soddisfazioni e smarrimenti, passo dopo passo abbiamo fatto, tutti insieme, il nostro cammino.
Ho cercato di offrire ad Argo la possibilità di sperimentare molte situazioni, in modo che conoscesse altre forme di piacere e di soddisfazione e potesse scegliere quali sono nelle sue corde; ho cercato di dargli dei ritmi, affinché imparasse a chiudere le azioni e a godere dei i risultati; ho cercato di offrirgli il calore di una famiglia e degli amici; ho cercato di ascoltare ciò che Tino ed Etna, ma non solo, anche gli altri cani cui Argo ha dato la sua fiducia, mi suggerivano di fare; ho cercato di ascoltare lui, quando la consapevolezza di aver bisogno di essere fermato ha cominciato a dare i primi segnali (alcuni di voi si ricorderanno le sue richieste di essere messo a guinzaglio); ho cercato di entrare nel suo mondo, utilizzando i tracciati del GPS come canale di comunicazione tra di noi.

In questo modo, piano piano, il suo cervello ha cominciato a produrre in dosi appropriate anche le sostanze H&N (serotonina, ossitocina, endorfine, endocannabinoidi), e il suo comportamento è cambiato; ha persino cominciato a mettere su peso.

Ora è praticamente irriconoscibile, un altro cane pur senza aver perso nulla della sua potentissima personalità, e devo dire che l’aver compreso cosa stesse accadendo nel suo cervello e quali fossero i meccanismi che andavano incoraggiati e a quali invece convenisse mettere dei limiti mi è stato molto utile.

Non ho dimostrazioni scientifiche da citarvi, non posso affermare con certezza che ciò che avviene nella mente dell’uomo possa essere paragonato, in tutto o anche solo in parte, con ciò che avviene nella mente di un cane. Questo è ciò che sto studiando, e questo è ciò che ho vissuto e sto vivendo.

Mi andava di raccontarvelo.

La prima cosa che vedo fare dai miei cani, quando si trovano a rapportarsi con altri cani, e che, di conseguenza insegna...
16/05/2024

La prima cosa che vedo fare dai miei cani, quando si trovano a rapportarsi con altri cani, e che, di conseguenza insegnano a fare a chi già non lo sa (e, purtroppo, sono la maggioranza di quelli che incontriamo) è costruirsi un territorio.

Che sia di parecchie centinaia di metri quadrati di campo o di pochi centimetri attorno alle mie gambe, questo territorio deve avere delle caratteristiche ben precise:

Innanzitutto, deve essere difendibile nel modo più efficace e con minore dispersione di energie possibile, per cui ben vengano ripari, pareti, accessi controllabili, ecc. e anche le dimensioni hanno un ruolo importante in questo senso.

In secondo luogo deve contenere il più possibile risorse di valore: acqua (ciotola, fosso, fontana, pozzanghera, bottiglietta nello zaino, ecc.); cibo (carcasse, briciole, cestini, bidoni della spazzatura, alimenti dentro alla nostra borsa, ossa, ecc.); spazi in cui è possibile predare (cataste di legna, ramaglie, anfratti, rive, aiuole abitate da topolini, muretti frequentati da lucertole, boschetti, e, se ci si trova in campagna, sono ottimi anche gli allevamenti di bestiame, cui non è necessario avervi accesso, ma è sufficiente che vengano inseriti all'interno del perimetro del territorio che si sta costruendo); luoghi in cui ripararsi e/o nascondersi (tettoie, la soglia di un negozio, la propria auto, anche se chiusa, manufatti di vario tipo, cespugli, ecc.)

Inoltre, a seconda del grado di fiducia che intercorre tra i cani che si stanno confrontando, può essere utile o meno mettere più distanza possibile tra i due territori o addirittura frapporre tra essi una fascia neutra, una sorta di cuscinetto di sicurezza, di proprietà di nessuna delle due parti e che serve a garantire maggiore tranquillità.

Infine, molto utile può essere la presenza di una pseudo minaccia da tenere d'occhio come alternativa al vero interlocutore (ad esempio altri cani chiusi in spazi recintati o a guinzaglio ma lontani; auto, persone, motorini o biciclette che passano; ecc.). Queste presenze consentono al cane di rinforzare il diritto di proprietà su quel territorio temporaneo attraverso la gestione dei confini, e a dargli la possibilità di dimostrare l'energia e la determinazione con cui intende difenderli; informazione, questa, molto importante nel caso in cui il cane o i cani con cui è in dialogo intendessero violarli.

Che vi siano a disposizione ore, o addirittura giorni, oppure i pochi secondi che precedono l'incrociarsi sui due lati opposti di una strada, questo è quanto un cane ha bisogno di fare per affrontare l'inevitabile necessità di presentarsi ad un conspecifico estraneo, che può anche trovarsi fuori dalla nostra vista ma ben presente al suo olfatto.

Imparare a riconoscere i rapidi gesti e le precise azioni che servono a costruire questo territorio, come ad esempio le marcature (urina, feci, strusciarsi a terra o sui muri) e la geometria con cui vengono disposte nell'ambiente; oppure la gestione delle risorse incluse nel territorio che il cane sta costruendo (bere da una pozzanghera, accennare un'azione predatoria su un gatto o sui colombi, raccogliere cibo da terra, rovistare tra i rifiuti, fermarsi ad annusare sulla soglia di un bar o di una macelleria, ecc.); o ancora la difesa dei confini (sparare su una bicicletta, abbaiare ad un cane dietro ad un cancello, controllare l'orizzonte, ecc.) può esserci utile per capire come muoverci per essergli di supporto e soprattutto per comprendere qual è il vero evento critico che lo porta a sentire la necessità di produrre energia, perchè spesso non coincide con il target cui quell'energia viene rivolta.

"Prima costruisciti una "casa" tua, dove ti senti a tuo agio, e poi parliamo" è ciò che vedo che i miei cani dicono agli altri cani; se hai una casa tua che ti soddisfa e ti rappresenta sentirai meno forte il desiderio di conquistare la mia, e potremo confrontarci con maggiore tranquillità, cercando di capire in che modo possiamo essere utili l'uno all'altro.

La smania che ha spesso l'essere umano di avanzare sempre, senza prendersi il giusto tempo e il giusto spazio, come se uscire con il cane avesse il solo scopo di camminare anziché costruire esperienze appaganti per entrambi, finisce con il confondere il suo compagno a quattro zampe, che impara a muoversi nell'ambiente in modo totalmente estraneo alle sue esigenze di specie.

Quando basterebbero davvero pochi accorgimenti, e ragionare tenendo conto anche di un modo diverso dal nostro di andare per il mondo.

Ieri sera ho guardato per l'ennesima volta un film che mi ha sempre molto affascinata: "Edward Mani di Forbice".Non ho p...
23/04/2024

Ieri sera ho guardato per l'ennesima volta un film che mi ha sempre molto affascinata: "Edward Mani di Forbice".
Non ho potuto fare a meno di pensare a quanti cani "Edward Mani di Forbice" ho incontrato e ancora, purtroppo incontrerò, nel mio lavoro, vittime di una genetica scelleratamente spinta, che li ha dotati di potenti e pericolosi strumenti fisici, fisiologici e comunicativi, cresciuti rinchiusi nei loro castelli reali o virtuali (costituiti cioè dall'iper-protezione da parte dell'umano, che impedisce loro di fare le GIUSTE esperienze), e la cui indole dolce è resa reattiva dalla paura, che a sua volta genera paura, in un volano di reazioni a catena che portano lontano dalle intenzioni iniziali di ciascuna delle parti.

La mentalità sempre più chiusa e autoreferenziale in cui il genere umano si sta arroccando nei confronti di questi animali sta dando vita a individui cui vengono sempre meno riconosciute le caratteristiche di specie, e a relazioni in cui sono contemplate le esigenze di una sola parte, anche laddove vi è la convinzione di agire nell'esclusivo interesse dell'altra.

Negando al cane la sua natura di predatore, e la sua necessità di conoscere l'altro anche attraverso il confronto fisico gli si impedisce di prendere piena consapevolezza di se stesso, delle proprie capacità e del proprio ruolo nel mondo.

Pretendendo che abbia le competenze emozionali di un monaco tibetano nonostante sia stato strappato dagli insegnamenti impartiti dai membri della sua specie e della sua famiglia in età tenerissima, ancora privo di qualunque struttura caratteriale e, quando va bene, scaraventato poi in situazioni sociali che di quotidiano e naturale non hanno neppure un tentativo di parvenza, in mezzo a gruppi privi di alcuna forma organizzativa si esercita una richiesta destinata ad essere delusa.

Attribuendogli poteri soprannaturali, spiritualità angeliche, missioni salvifiche lo si priva del diritto di vivere la sua propria vita, volta a soddisfare le sue proprie esigenze..

Accettare come normali e inevitabili comportamenti che nessun altro cane equilibrato considererebbe tollerabili: invasione degli spazi, irruenza, traiettorie dirette, azioni cariche di energia, presidi stretti di risorse comuni... significa ignorare importanti campanelli d'allarme, segnali di un disagio che il cane sta cercando di comunicare, che vengono invece accolti con tenerezza, simpatia, indulgenza.
"Fa le feste", "Vuole giocare", "E' curioso", "E' vivace"...
E in realtà più probabilmente sta dicendo "Fermati!" "Vattene!!!" "Non so cosa fare!" "Rispettate il mio spazio!!!"

Grida inascoltate che si perdono in un universo di incomprensione.

E quante volte, poi, quando queste grida si quietano perchè finalmente il cane comincia ad essere finalmente ascoltato, questa calma viene scambiata per depressione, malattia, malessere!
Sembra che l'umano abbia necessità di circondarsi di disagio altrui, forse per mimetizzare meglio il proprio.

I canili straripano, i rifugi si moltiplicano, gli stalli prolificano; senza contare poi tutti quei cani chiusi nei recinti di proprietà, nei giardini, nei salotti. E a tutti quelli rinchiusi nella gabbia dello psicofarmaco, del guinzaglio a vita, dell'etichetta comportamentale.

Sono troppi per pensare che siano solo il prodotto di umani negligenti, insensibili, cattivi, incapaci e superficiali.
C'è qualcosa in questo sistema che chiaramente non funziona: questo modo di vivere con il cane non sta portando un reale benessere né all'uomo né al cane.

Eppure il patto costantemente si rinnova: gli umani continuano a cercare il cane, e il cane continua a cercare gli umani. Segno che questa alleanza non è ancora estinta, e che è talmente forte da resistere anche a questo momento di estrema crisi.

Ma è necessario che noi si recuperi un poca di consapevolezza, che si faccia quel famoso passo indietro e si vada a cercare un poco più vicino a lì dove questa alleanza è sorta, quando, col consenso di ciascuna delle parti, ha preso vita la volontà di lasciarsi contaminare uno dalla ricchezza dell'altro: coevoluzione, la chiamano. Rispetto reciproco della natura dell'altro amo chiamarla io.

Se davvero abbiamo stima e considerazione di questa specie, accettiamola sino in fondo, per quella che veramente ancora è, senza sconti e senza omissioni.
Non disperdiamo le nostre risorse e le nostre energie in sport, esercizi, attività, comandi e gestione, dove è vivo solo il nostro ego e del cane non c'è praticamente nulla, ma impegniamoci a trovare lo spazio (fisico e mentale) nella nostra quotidianità in cui questo nostro amico, alleato e complice, possa essere REALMENTE se stesso.

"La cosa migliore da fare quando si è tristi - replicò Merlino, cominciando a soffiare e sbuffare - è imparare qualcosa....
18/04/2024

"La cosa migliore da fare quando si è tristi - replicò Merlino, cominciando a soffiare e sbuffare - è imparare qualcosa.
È l'unica cosa che non fallisce mai.
Puoi essere invecchiato, con il tuo corpo tremolante e indebolito, puoi passare notti insonni ad ascoltare la malattia che prende le tue vene, puoi perdere il tuo solo amore, puoi vedere il mondo attorno a te devastato da lunatici maligni, o sapere che il tuo onore è calpestato nelle fogne delle menti più vili. C'è solo una cosa che tu possa fare per questo: imparare.
Impara perché il mondo si muove, e cosa lo muove.
Questa è l'unica cosa di cui la mente non si stancherà mai, non si alienerà mai, non ne sarà mai torturata, né spaventata o intimidita, né sognerà mai di pentirsene. "

06/04/2024

Quando un cane si trova in presenza di uno stimolo che suscita in lui emozioni contrastanti, ed è combattuto tra adottare un comportamento oppure adottarne un altro di valore opposto, perché entrambi contengono elementi di rischio e/o richiedono una rinuncia a qualcosa di importante, ha due possibilità: optare per un terzo comportamento, che ha solo l’obiettivo di incanalare le energie prodotte da quello stimolo ma non è funzionale ad alcuno vero scopo (comportamento sostitutivo), oppure elaborare le proprie emozioni e trasformarle in impulso a fare qualcosa di utile e costruttivo, che lo faccia stare bene e che apporti miglioramenti all’ambiente.

La seconda opzione è più complessa della prima, in quanto richiede la capacità di aprire un dialogo con l’ambiente e confrontarsi con ciò che ha elicitato le emozioni contrastanti, e la calma e la fiducia necessarie a mettere in atto un processo complesso. Ma questa soluzione permette di non disperdere inutilmente energie preziose, che nel primo caso, invece, finirebbero con l’abbassare la pressione cui è sottoposto il soggetto senza per apportargli alcun ulteriore vantaggio.

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Si è liberato un posto come binomio!Ancora disponibili posti come uditori.
03/04/2024

Si è liberato un posto come binomio!
Ancora disponibili posti come uditori.

Il 27 marzo del 2018 Tino (o forse era Etna? chissà) scriveva questo. E da allora ben poco è cambiato, mi sa 😂"Una cosa ...
27/03/2024

Il 27 marzo del 2018 Tino (o forse era Etna? chissà) scriveva questo. E da allora ben poco è cambiato, mi sa 😂

"Una cosa è certa, le regole del nostro gruppo-cani bisogna che le facciamo noi...

L'umana, povera, per quanto si impegni, è evidente che combina un casino; fondamentalmente perchè non ci capisce una mazza.

Non nego che abbia delle capacità, e che rivesta ruoli fondamentali.
Ad esempio la sua tecnica di caccia è infallibile, anche se ancora non l'ho capita, perchè è una predatrice solitaria: parte con la sua scatolona con le ruote e massimo un'ora ritorna carica del ben di dio, che noi non riusciremmo a procurarcelo manco in un mese... solo questo ci basta per venerarla!

Ma ha anche un senso dell'orientamento incredibile, nonostante abbia un naso che non vale proprio una beata cippa. Eppure, magicamente, ci riporta sempre a casa, che davvero ti domandi come diavolo faccia a ritrovare la strada a volte anche a diverse centinaia di chilometri di distanza! anche qui, però, la scatolona con le ruote ha la sua importanza.

Poi ha sta roba che sa aprire (e chiudere, così caldo e fresco non si disperdono, e ci si sente più al sicuro...intelligenti 'sti umani!) le porte, e quindi è bene tenersela buona, così scatta volentieri ad ogni necessità, altrimenti, se ha le b***e girate, bofonchia e tira indietro il c**o, e non esegue prontamente le richieste.

Rappresenta anche un'utile roccaforte per coprire le ritirate, e devo dire che in questo se la cava piuttosto bene.

Ma per tutto il resto...

Certo, ce la mette tutta, ma a volte la sua ingenuità è imbarazzante!

Ha la capacità olfattiva di una cimice raffreddata, e nonostante siano anni che cerchiamo di farle capire la differenza tra adrenalina e dopamina, testosterone e feromoni di allarme, si incarta e finisce col prendere sempre la decisione sbagliata... siamo arrivati al punto di pensare che o è scema o non li sente proprio!

E' che noi le vogliamo bene e aggiustiamo tutto con eleganza, così nessuno se ne accorge... ma i salti mortali che dobbiamo fare per pararle il c**o... solo noi lo sappiamo!

E come se non bastasse, la vista... lei è convinta che sia il suo senso di elezione... lasciamoglielo credere!

In realtà percepisce un decimo di ciò che accade: i suoi occhi sono lenti, e così vicini tra loro che vede solo davanti a sè, perdendosi tutto ciò che avviene intorno; e mentre ragiona per cercare di capire un nostro gesto, noi ne abbiamo fatti altri cento, e se li è persi tutti.

In fondo ci poteva andare anche peggio... ma pure così, ragazzi, porcaccia la miseria se è dura tenere tutto in equilibrio!"

27/03/2024

Tino Etna e Argo incontrano per la prima volta Jasper, labrador maschio di circa due anni.

Nonostante le buone competenze sociali e il buon carattere del giovane, i cani si prendono i loro tempi e i loro spazi per comunicare serenamente.

Perchè mai obbligarli ad adeguarsi alle nostre richieste se le loro esigenze sono queste?

Il fatto che molto probabilmente avrebbero saputo gestirsi tempi più veloci e distanze più ravvicinate senza farsi male non è un buon motivo per obbligarli a sentirsi a disagio e in imbarazzo, perchè a lungo andare queste emozioni così pesanti inficiano sull'equilibrio dei soggetti.

Le finestre sensoriali sulle quali poggia la comunicazione di questa specie sono talmente differenti dalle nostre che non è pensabile che sia un umano, che essenzialmente si basa solo sui dati forniti dalla vista e dall'udito, spesso, tra l'altro, interpretandoli in modo distorto, a dare indicazioni.

Quello che però un umano può fare è dare espressione alle sue proprie emozioni, quali elementi che i cani possono prendere in considerazione quando si accingono a prendere decisioni, in modo tale che queste scelte siano concertate tra tutti.

“Il cliente ha sempre ragione”Questa affermazione così drastica e potente riecheggia nelle orecchie di chiunque abbia a ...
23/03/2024

“Il cliente ha sempre ragione”

Questa affermazione così drastica e potente riecheggia nelle orecchie di chiunque abbia a che fare nel proprio lavoro direttamente col fruitore del servizio che produce, influenzando fortemente le sue emozioni e di conseguenza i suoi atteggiamenti e le sue decisioni.

Senza dubbio è una frase utile a definire una linea di condotta professionale, che induce il fornitore del servizio a svolgere il proprio operato con particolare attenzione alle esigenze di chi lo acquista, cercando di elevare in questo modo la qualità dello standard della sua prestazione.

Ma quando il servizio si rivolge ad un umano accompagnato dal suo cane, chi dei due è il cliente?
Le esigenze di chi vanno ascoltate?

Ormai è sempre più chiaro a qualunque professionista del settore quanto sia importante per l’equilibrio di un cane avere una vita ricca di esperienze sociali con i propri simili e adeguatamente strutturata.
Ma questo significa prima di tutto saper rispettare le regole, ed essere in grado di difendere il proprio spazio sapendo però anche stare al proprio posto.

Tutto questo il cane non lo impara se non facendo dei tentativi ed errori, e laddove il tentativo giusto viene premiato dall’approvazione dell’interlocutore e del gruppo di riferimento, l’errore per essere preziosa fonte di esperienza deve dare seguito ad inevitabili conseguenze, definite dal conflitto con l’interlocutore e dalla mancanza di approvazione da parte delle figure di riferimento.

Quando noi strappiamo il cucciolo alla sua famiglia di origine (che secondo il suo etogramma dovrebbe essere l’istituzione deputata alla sua formazione sociale nei primi 10-18 mesi della sua vita) all’età di soli due o tre mesi, è chiaro che creiamo una terribile distorsione nel suo percorso di crescita: il messaggio che se fosse inviato da chi parla la sua stessa lingua e gode della sua piena fiducia arriverebbe al giovane cane in modo fluido, diretto e mai traumatico, inviato invece da un estraneo, conspecifico o di altra specie, non può godere delle medesime qualità.

Impossibilitati, per mancanza dei giusti strumenti, ad attuare interventi efficaci e di facile comprensione per il cucciolo, e molto spesso anche incapaci di comprendere quali siano i comportamenti sui quali intervenire in quanto ci lasciamo guidare dai principi che reggono la nostra socialità e non da quelli che reggono la sua, noi umani ci dimostriamo totalmente inadeguati a crescere il cucciolo secondo le sue esigenze di specie.

Spesso siamo convinti di aver fatto un ottimo lavoro solo perché rispetta le nostre regole, e mettiamo in secondo piano il fatto che porti rispetto anche verso i suoi conspecifici, giustificando suoi comportamenti invadenti e bullizzanti e considerandoli “gioco”, “curiosità” e, quando va di lusso, “mancanza di esperienza”.
Anzi, dirò di più: la maggior parte delle volte questi comportamenti vengono approvati e incoraggiati dagli umani e viene messo alla gogna invece il cane che cerca di riportare la situazione al giusto equilibrio con risposte che gli umani, sempre più iperprotettivi, etichettano come gratuitamente aggressive.

Tornando quindi al discorso iniziale, il professionista che gestisce le relazioni tra gli umani presenti durante un’occasione di incontro tra cani che non appartengono al medesimo nucleo familiare e che quindi devono dedicare del tempo a definire compiti, ruoli e struttura gerarchica, si trova tra l’incudine e il martello: da una parte i cani e la loro necessità di parlare secondo il proprio linguaggio, che contempla anche ringhi, morsi, correzioni inflitte con una certa dose di energia (proporzionale alla mole e alle caratteristiche genetiche delle parti), dall’altra gli umani, la cui sensibilità è sempre più orientata al rifiuto e alla condanna delle caratteristiche comportamentali tipiche di un predatore.

Ora, secondo voi, per quanto serio e incorruttibile possa essere questo professionista, chi cercherà di accontentare?

Ovviamente cercherà di evitare, e non solo per motivi strettamente professionali, il conflitto con la propria specie, perché è la cosa più naturale del mondo.

Ma ciò significa che il cane che riuscirà ad ottenere maggiore protezione da parte degli umani, vuoi perché giovane, vuoi perché di piccola taglia, vuoi perché abile a elicitare particolari emozioni, vuoi perchè il suo umano è in grado di far pendere alla loro parte la bilancia che pesa l'influenza, sarà anche quello che, indipendentemente dalla sua esperienza, dalla sua correttezza, dalla sua abilità sociale nel risolvere conflitti, dalle sue qualità caratteriali e dalla sua sensibilità nel comprendere le necessità del gruppo, godrà di maggiori privilegi e imparerà a muoversi impunemente e senza rispetto per nessuno.

Praticamente una socializzazione al contrario, in cui gli individui che riscontrano la maggiore approvazione da parte degli umani rischiano di essere quelli maggiormente rifiutati e allontanati dai conspecifici, e questo comporta che faticheranno molto a raggiungere reale e profondo appagamento e soddisfazione nelle interazioni sociali.

Questo problema può essere risolto solo attraverso la diffusione di un’adeguata cultura, che induca gli umani ad accettare sino in fondo la natura della specie con cui hanno scelto di vivere, e a elaborare la loro spinta all’eccessiva protezione, che rischia di compromettere la salute di tale relazione.

21/03/2024

Spesso i cani di taglia estremamente piccola, a causa della spiccata reattività dovuta alla selezione genetica di una particolare risposta fisiologica alla paura e alla necessità di amplificare la comunicazione usando molta energia per essere presi in considerazione, accompagnata alla continua protezione offerta dagli umani, possono permettersi comportamenti che in cani di maggiori dimensioni non sarebbero tollerati dai conspecifici.

Questo atteggiamento però espone il piccolo cane a gravi rischi, e ne compromettere la possibilità di inserirsi armoniosamente nel contesto di gruppo

Per questo motivo negli ultimi tempi stiamo proponendo a Gilda esperienze che l’aiutino, attraverso l’apprendimento delle conseguenze ma soprattutto attraverso l’esposizione a modelli comportamentali più adeguati, a modificare la sua risposta fisiologica alle situazioni critiche.

Di seguito un link ad una pagina di Wikipedia che espone in modo accurato il meccanismo di attacco o fuga descritto da W. B. Cannon, nell'uomo e negli altri animali, corredata da ampia ed esaustiva bibliografia.
https://it.wikipedia.org/wiki/Reazione_di_attacco_o_fuga

VIDEO SUPPORTATO DA COMMENTO VOCALE

20/03/2024

Crono è un giovane corso di due anni, di buon carattere ma di scarsa esperienza sociale con i suoi conspecifici. Ha tanta voglia di imparare ed è disposto ad approfittare dei modelli e degli insegnamenti che i cani più adulti di lui gli impartiscono.

Per tutta la durata del primo e del secondo incontro, con e senza il filtro della rete, Tino Etna e Argo si concentrano molto nel convincerlo ad abbassare la testa, condizione imprescindibile per favorire uno scambio meno teso.

L’importanza della taglia del giovane cane gli conferisce una pesante responsabilità, che deve imparare a gestire nel modo migliore.

Durante gli incontri occasionali che avvengono nella quotidianità di Crono la sua postura impettita scatena contro di lui l’ostilità degli altri cani, impedendo lo svolgersi sereno dei rapporti e alimentando così le sue difficoltà.

La sensazione che mi arriva è che Crono sia intrappolato dentro a schemi comportamentali impoveriti dalla selezione genetica e dalla mancanza di esperienza, che oltre ad averlo privato di adeguati modelli lo rende incerto e preoccupato di sbagliare.

Fortunatamente il suo buon carattere e la guida pacata e serena della sua compagna umana rendono possibile sopperire a queste mancanze attraverso un adeguato intervento.

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Indirizzo

Via Piavon 3233
Ceggia
30022

Orario di apertura

Lunedì 08:30 - 12:30
15:00 - 19:00
Martedì 08:30 - 12:30
15:00 - 19:00
Mercoledì 08:30 - 12:30
15:00 - 19:00
Giovedì 08:30 - 12:30
15:00 - 19:00
Venerdì 08:30 - 12:30
15:00 - 19:00
Sabato 08:30 - 12:30
15:00 - 19:00
Domenica 08:30 - 12:30
15:00 - 19:00

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Chi siamo

Per stare bene nel mondo un cane deve prima di tutto essere in equilibrio con il suo sé interiore, con la sua natura di cane. Su questa solidità potrà poi costruire le competenze necessarie ad adeguarsi al contesto in cui vive. Imparare a controllare le proprie reazioni, conoscere se stesso, le proprie capacità e i propri limiti, sviluppare un ampio repertorio comportamentale così da potersi esprimere con diverse sfumature e a vari livelli, sono componenti fondamentali nel profilo caratteriale di un soggetto per il quale l’aspetto sociale è rilevante sopra ad ogni cosa. Negli anni siamo arrivate alla conclusione che solamente la frequentazione di figure appartenenti alla medesima specie possa creare i presupposti per uno sviluppo dell’individuo che abbia queste caratteristiche. Il fatto di comunicare prevalentemente attraverso i feromoni, di approcciarsi ad un mondo costituito per la maggior parte da odori, di avere una struttura morfologica di un certo tipo, di avere origini da predatore, pur contando sulla capacità adattiva del suo essere spazzino, sono elementi che portano un cane ad aver bisogno di modelli diversi rispetto a quelli che può offrire un essere umano. L’alleanza tra le due specie è un legame forte e può diventare anche molto intimo e speciale, e molto saldo, ma ciò che un cane può insegnare ad un altro cane non potrà mai essere sostituito dalla presenza di un uomo, per quanto abile egli possa essere. Per questo motivo abbiamo modificato, e continuamente modifichiamo, il nostro modo di lavorare, per cercare di migliorarlo provando a portare gli umani a più stretto contatto possibile con il mondo dei cani con cui vivono, nei limiti che a noi è permesso dalla nostra stessa natura. Solo se riusciamo a creare una complicità reale, dove non ci ergiamo a giudici o maestri, ma ci poniamo come amici che camminano a fianco, possiamo essere un valido aiuto nella sua vita. Un approccio di questo tipo affronta in un certo modo qualunque momento: da ciò che mangia, che deve essere il più possibile in linea con le esigenze non solo nutrizionali ma anche etologiche, a dove e come può trascorrere il suo tempo libero, e con chi, con l’obiettivo di creare i presupposti per una vita il più possibile vicina alle reali esigenze di specie, nei limiti dettati dal contesto in cui vive. Il fulcro del nostro operare sta proprio nel riuscire a trovare la strada che permetta al cane di esprimre se stesso senza entrare in conflitto con l’ambiente in cui vive, inserendovisi con armonia grazie alla possibilità di concertarsi con il suo gruppo familiare.


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