09/04/2025
Queste spesso sono le parole delle volontarie quando una loro adozione non va a buon fine e poco dopo emergono problemi fino anche al rifiuto del cane.
E' vero? La responsabilità è degli adottanti?
Credo che la realtà sia più complessa perché si intrecciano diverse variabili e in primis, complessi, lo siamo tutti noi esseri umani.
Comprendere ciò che spinge realmente una persona o una famiglia a chiedere di avere un cane , (voler convivere sarebbe già un concetto evoluto, magari fosse così ), non è sempre facile; non lo è nemmeno per chi ha competenze in umana, gli psicologi per esempio.
Mettendomi nei panni di una volontaria spinta dal desiderio di “salvare” cani, ( motivazione che dovrebbe scomparire dalla mente di tutti noi, volontari e adottanti, per lasciar posto una accoglienza consapevole, una inclusione a 360° nelle nostre vite), posso comprendere prendano il sopravvento sentimenti ed emozioni, però devo anche tenere conto che, se io volontaria dirò sì a un' adozione, la responsabilità sarà mia.
Il destino di quel cane è nelle mie capacità di valutazione delle motivazioni all’adozione dei potenziali adottanti, della loro consapevolezza, esperienza, del tipo di aspettative, nella loro situazione abitativa, nella routine di vita e soprattutto, il fattore più importante è il TEMPO. Ma non solo….
Nel mio sentire e ascoltare, nelle mie competenze cinofile, ( e se non ne ho o deliberatamente le ignoro, forse è bene mi faccia qualche domanda, perché è affidare un cane significa avere nelle proprie mani il suo benessere o malessere per il resto della vita) e perciò nel comprendere il più possibile l'”individuo” cane a cui desidero trovare famiglia.
Sono sicura di essere all'altezza di tutto questo?
Dall'altra parte bisognerebbe prima spiegare ai potenziali adottanti, mossi anche loro da emozioni e aspettative che spesso ( non sempre) non sono in linea con il benessere dei cani, quanto convivere con uno o più cani possa essere un'esperienza meravigliosa se si è in grado di uscire dalla mentalità tipica “umana” che si rapporta al cane in quanto animale a noi assoggettato.
Non basta il desiderio di salvare, anche perché dovremmo chiederci: chi salva chi?
Molti cani vogliono davvero essere salvati? Sono PRONTI per passare da una vita raminga ad una quotidianità cittadina? Ad un contesto abitativo privo di qualunque sicurezza? E qualora lo volessero, siamo disposti a sgretolare le nostre aspettative su quel cane? Siamo disposti a comprendere davvero quell'essere vivente che abbiamo desiderato, senza cercare scorciatoie o accomodamenti?
Come istruttrice cinofila posso affermare serenamente che anche noi addetti ai lavori ci poniamo domande ogni giorno perché ci rapportiamo con esseri senzienti, con soggetti, che
sono cani e umani e non abbiamo la bacchetta magica.
L'incontro tra cane e umano deve essere condiviso, desiderato da entrambi.
Noi educatori dovremmo e potremmo interve**re come “mediatori” della relazione, purtroppo spesso veniamo chiamati come riparatori di “qualcosa” che non ha funzionato.
E anche quando si manifesta qualche problema, non è mai solo del cane, e permettetemi, a volte non è proprio il cane, per niente.