04/08/2024
Un articolo molto , molto interessante ed assolutamente condivisibile.
Se continuiamo a pensare agli animali come quelli disegnati nei libri di fiabe, e vogliamo a tutti costi umanizzarli, siamo fuori strada.
La Natura FA la natura e gli animali ne seguono le regole, non scritte, me esistenti da sempre.
Amare gli animali , significa rispettarli e sapere anche , che, presi nel momento sbagliato, si incazzano e possono fare male, molto male. Ripeto, un articolo da leggere e , se volete , da commentare.
"Ma come? Bambi non era buono?"
È stata portata alla mia attenzione questa notizia non freschissima ma che - lo ammetto - mi ha strappato un sorriso amaro: tra Cocquio-Trevisago e Gemonio (Varese) due donne sono state caricate da un capriolo.
Sì, avete capito bene.
Un capriolo.
Il risultato? Una ha riportato la rottura del piede e alcune ferite profonde a coscia e gluteo, col figlio minorenne anche lui ferito nel tentativo di allontanare l'animale.
La seconda ha riportato una frattura della tibia (link alla notizia nei commenti).
Auguro pronta guarigione alle due donne, che ne avranno per parecchie settimane.
Ma come, un capriolo?
Ma Bambi non è buono? Non annusa i fiorellini? Non fa amicizia coi coniglietti? Non si fa posare le farfalle sul codino?
Evidentemente no.
Sarò estremamente diretto: al di là di quella sua immagine zuccherosa e posticcia, ormai radicata nell'immaginario collettivo a causa di una cultura naturalistica costruita sui cartoni animati, un capriolo furibondo è una bestiola assai pericolosa.
Per capire quanto è distorta l'idea collettiva del mondo naturale, basta chiedere in giro per farsi un'idea di cosa evoca questa specie nella mente delle persone: candore, purezza, innocenza, dolcezza, inoffensività.
Chiedete invece cosa evoca nell'immaginario collettivo di buona parte della popolazione la figura del lupo: voracità, ferocia, crudeltá, cattiveria.
Eppure, quest'ultimo incidente da solo (da solo!) è sufficiente, dati e statistiche alla mano, per affermare che un capriolo è più pericoloso di un lupo.
Dunque soffermiamoci un attimo a pensare, una volta ancora, come tutto ciò sia profondamente sbagliato.
Ma perché un capriolo, per la precisione un maschio adulto, ha attaccato e caricato queste due donne?
È presto detto: la stagione riproduttiva di questo cervide cade proprio in piena estate. I contendenti traboccano di testosterone e se le danno di santa ragione: competono duramente per le femmine incrociando i palchi. Sono talmente "presi" da questo momento di grande eccitazione da perdere il senno, e possono caricare a testa bassa qualsiasi animale di taglia simile alla loro - umano compreso - che osa entrare incautamente nella loro porzione di territorio.
In parole semplici, le due donne si sono trovate nel posto sbagliato al momento sbagliato, e sono state scambiate per competitori sessuali dal caro Bambi.
Un altro sospetto si fa inoltre strada nella mia mente, anche se per mancanza di elementi è destinato a restare tale: la possibilità che questo animale sia stato cresciuto da mano umana e poi incautamente liberato, rovinato nell'etologia: meno diffidente, dunque più spavaldo e meno inibito. Gli ormoni hanno fatto il resto, senza quel "blocco" e quella paura innata che i caprioli dovrebbero sempre avere nei confronti dell'uomo.
In tal caso sarebbe stato un grave errore dell'uomo, l'ennesimo.
Nonostante il capriolo sia il più piccolo dei cervidi nostrani - i maschi adulti di Capreolus capreolus superano di rado i 35 kg, per un'altezza alla spalla che arriva di rado al metro - può sfoderare una potenza esplosiva da non sottovalutare grazie a una muscolatura inaspettatamente possente. Il tutto senza contare i palchi: le stanghe del capriolo non sono grandi come quelle di daino e cervo, e la loro ramificatura è meno accentuata, ma sono appuntite e possono provocare gravi danni.
Ferite profonde, come inferte da pugnalate, e grandi vasi sanguigni recisi con facilità.
Mettiamoci anche che un capriolo è istintivamente portato a spingere e a "lavorare" coi palchi a poche spanne da terra - l'altezza a cui si incrocia, capo contro capo, col rivale in amore - e il quadro è completo: un capriolo che carica a testa bassa può potenzialmente uccidere una persona.
Perché dico questo?
Non certo per fare terrorismo - una volta, per aver detto che un cervo può potenzialmente eviscerare una persona, ho provocato lo sdegno del web - ma per insistere e cercare di inculcare nella testa di chi legge alcuni concetti fondamentali.
In primis, la fauna selvatica tutta è da trattare con rispetto.
Perché un animale selvatico, in determinate situazioni e contesti, può essere pericoloso al di là delle etichette che gli vengono appiccicate addosso.
Un capriolo, specie di regola timida ed estremamente schiva, in certi frangenti può diventare anch'esso pericoloso.
Proprio come un'orsa con prole al seguito.
E qui, la mia provocazione: il capriolo logicamente non verrà abbattuto per aver mandato le due donne in ospedale. E ci mancherebbe ancora: chi sparerebbe a un povero capriolo per essersi comportato, in quel preciso momento, secondo la sua natura?
La domanda è: perché invece un'orsa che reagisce in presenza dei suoi piccoli - il comportamento più naturale del mondo, la difesa della prole - viene sistematicamente demonizzata e poi abbattuta?
Pregasi notare, questo è un discorso che va oltre la policy sull'eventuale rimozione di esemplari davvero problematici, sulla quale mi sono già espresso favorevolmente decine di volte.
Il nocciolo della questione verte sempre sui soliti punti. Abbiamo deciso che alcuni animali sono "buoni e carini", e che altri sono "brutti e cattivi". Contro questi ultimi - in primis orsi e lupi - è in atto una vera e propria guerra ideologica, orchestrata a dovere anche da politici e interessi economici e che trova terreno fertile nell'ignoranza diffusa delle persone.
Peccato che, e lo ripeterò finché avrò vita, in natura non esistono buoni e cattivi.
Il capriolo non è buono, né cattivo.
L'orso non è buono, né cattivo.
Esistono solo animali selvatici che sopravvivono, ognuno a modo suo, e che vanno concepiti e trattati con rispetto: non sono personaggi delle fiabe o dei cartoni, così come non sono mostri. E soprattutto, possono anche rappresentare un rischio per noi umani.
Noi umani che apparteniamo come loro al mondo naturale, e la natura è - PER DEFINIZIONE - rischio.
E il rischio non può essere eliminato dal mondo. Nemmeno da questa gabbia che ci siamo costruiti per donare a noi stessi quell'effimera illusione di sicurezza di cui non possiamo più fare a meno.
In natura può capitarci un'infinità di imprevisti potenzialmente mortali: precipitare in un crepaccio, inciampare su un sasso e ba***re la testa, scivolare sul ghiaccio e cadere male, ve**re travolti da un'onda, essere colpiti da un fulmine, ve**re morsi da una vipera o punti da un calabrone, prendere una grave malattia da una puntura di zecca, o magari essere caricati da un capriolo infoiato o spintonati da un orso.
Questa è natura, questi sono i rischi del vivere sul pianeta Terra.
E cercare di averne il controllo funziona solo fino a un certo punto. Soprattutto, non paga.
Si può tenerne conto nei limiti del buon senso e del fattibile, con informazione e prevenzione, ma senza vedere tutto ciò come una limitazione e/o un furto di libertà. Piuttosto, come una questione di tolleranza e rispetto nei confronti di chi condivide con noi il pianeta e il territorio.