18/05/2020
Di MASSIMILIANO GUERRINI – L’istruzione dovrebbe corrispondere a gioia, piacere, divertimento; l’intrattenersi lungo il processo di costruzione della propria cultura procurarci una profonda soddisfazione, in particolare nel riconoscimento e nel rispetto delle diversità: cos'altro potrebbe affascinare, attrarre più dell’alterità?
Umanizzare il cane, un tema assai attuale; chi non ricorda i meravigliosi film di Walt Disney, chi non li ha adorati e non è rimasto affascinato dall'espressione di tutte quelle virtù alle quali il genere umano abdica sempre più di sovente?
Le pellicole aventi un focus sugli animali domestici si susseguono ininterrotte. La maggior parte delle produzioni è veramente ben fatta e gli effetti speciali sono eccezionali. Si giocherella con le capacità cognitive e non solo. Il mondo animale parla, discute, canta, suona, balla, s’intrattiene persino ai video game. Finché si tratta di finzione, non possiamo che rimanerne affascinati o sorriderne simpaticamente.
E’ tuttavia auspicabile ritenersi in grado di interpretare il proprio cane e interagire correttamente con lui, partendo dal presupposto di appartenenza alla medesima specie? In verità no, anzi, rappresenta un errore importante.
L’antropomorfizzazione, vale a dire l’attribuzione di caratteristiche umane a chi umano non è, non riconosce la diversità tra le specie, ed è, di conseguenza, una ragione delle tante criticità che coinvolgono il mondo del cane.
I problemi di relazione tra cane e uomo non sono mai da sottovalutare, piuttosto da analizzare approfonditamente. Dovremmo renderci conto di quanto l’informarsi rappresenti un’opportunità preziosa, tanto per noi quanto per chi ha rapporti con noi.
Dovremmo ritrovare piacere nel ricercare la verità, perché solo il cammino verso la conoscenza rende liberi e responsabili.
Costruire un rapporto equilibrato con i nostri amici sembrerebbe semplice e diretto. Crediamo che tutto possa svolgersi in modo palese, intuitivo; si è certi di potere comprendere esattamente i desideri del nostro cane o i variegati “perché” correlati ai suoi comportamenti: detto, fatto. E ci spingiamo così in un batter d’occhio in sconsigliabili interpretazioni ed esposizioni.
Sì, perché non è semplice riconoscere, rispettare e valorizzare l’essenza animale quando si ha a che fare con le abitudini acquisite di un mondo domestico a noi ben noto, eppure sovente distante dalla verità su molti fronti. Non è sufficiente amare gli animali per rispettarli, non lo è assolutamente. Si commettono molti passi falsi non avendo maturato competenze specifiche. La nostra indolenza, in questi casi, non è mai in buona fede.
Un quadro simile si ripete all'interno di rapporti squisitamente umani. E’ cosa frequente che una famiglia non riesca a intuire le qualità potenziali di un figlio, ad esempio. Sono molte le riflessioni possibili a questo proposito. L’ignorare le sue capacità, il non essere personalmente in grado di identificarle, la mancata esposizione dei genitori a fattori che contribuiscono a favorire una buona apertura mentale, ecc.
La questione non è poi cosi diversa nel rapporto con il cane. Le ragioni di sostanza sono in verità sovente le medesime, con il vizio tronfio sul piedistallo e abitualmente padre dell’arroganza.
Senza volere scendere in dettaglio nell'analisi, il cane forma parte della società umana da più di 15.000 anni. In tempi moderni ha acquisito ruoli ancora più specifici: un ruolo sociale, educativo, assistenziale. Ciò nonostante e non di rado lo trattiamo malamente, peggio di un manufatto qualunque.
Abbiamo il massimo rispetto per il nostro smartphone, cerchiamo di capire alla perfezione come funzioni e facciamo attenzione a utilizzarlo nel modo corretto e, quel che più importa, a non danneggiarlo. Tutto ciò per il cane accade molto più raramente. La nostra vita è ricca di impegni, scadenze, preoccupazioni da risolvere. Urge semplificare. Ci sentiamo quindi liberi di trasformarlo in un essere umano in carne e pelo, non prendendo in considerazione quelli che sono i suoi elementi distintivi di specie e soggettivi.
Immaginiamo che attraverso valutazioni del tutto personali, fondate sulla nostra cultura ed esperienza di vita, non tecnico-specifiche, si possano scoprire tutte le sue peculiarità.
Se pago a un cane le attenzioni che tengo in serbo per un mio caro, come potrei sbagliare? L’affetto diventa il fattore predominante di gestione e di valutazione, una monorotaia.
Anche oggi sei stato in giardino da solo tutto il giorno? Mi dispiace! Ti farò ancora più coccole!
Culture limitrofe sotto un profilo geografico stentano a intendersi; in virtù di quale diritto riteniamo di potere conoscere le basi della comunicazione tra due specie differenti?
Non finisce qui.
Alcune campagne (sebbene non tutte chiaramente) fanno leva direttamente sulla sensibilità popolare attraverso un pietismo sproporzionato. E’ impossibile non notarlo, specie nel caso degli affidi e della lotta all'abbandono. L’amore vince ogni cosa… ma deve essere figlio della comprensione, altrimenti non è più né eticamente né pragmaticamente corretto.
Il pietismo, dicevamo, veste il cane di un’immagine che non gli appartiene, annuncio dopo annuncio, messaggio dopo messaggio.
Trasformiamo il cane in un quadro devozionale, talvolta in un fumetto. Si tratta di un atteggiamento che favorisce il rifiuto o la negligenza nell'approfondire la sua conoscenza, prima di tutto perché essere senziente, tipico nella sua unicità. Sarebbe largamente preferibile perseguire dei fini più nobili, anche a costo di apparire meno zuccherosi, ma realistici.
Quanto affermato non vuole indicare che il cane non possa essere amato, coccolato, premiato, curato, ben nutrito.
Significa semplicemente che il tutto va fatto secondo criterio, e che gli spunti per le analisi e le riflessioni non possono, e non dovrebbero mai, originare da deduzioni o approfondimenti sulla razza umana. L’uomo sembrerebbe conoscere molto e volere disporre di altrettanto. Eppure, interpretare un comportamento canino non rappresenta un atto istintivo per l'uomo inesperto.
Qui di seguito alcuni esempi pratici.
- Il cane che non permette ad alcuno di avvicinarsi alla sua ciotola non è necessariamente un cane di “temperamento”, dote caratteriale che si distingue, ad esempio, dall'aggressività. La nostra posizione gerarchica all'interno del gruppo famiglia potrebbe semplicemente non corrispondere a quella percepita.
- Ogni comportamento non voluto, che non contribuiremo a condurre all'estinzione, acquisirà una probabilità sempre maggiore di ripetersi nel tempo. Ignorarlo significherà favorire la sua reiterazione.
- Una dose eccessiva di coccole e attenzioni gratuite potrebbero rendere un cane ansioso e più insicuro. Il cane dovrebbe invece imparare ad affrontare e gestire le fonti di stress quotidiano con serenità. Lo stress, infatti, forma parte integrante della sua come della nostra vita.
- Il cane che ha trascorso lunghi periodi solitari in un giardino, magari dalla tenera età, ed è stato esposto a scarsi contatti umani, potrebbe facilmente manifestare aggressività, anche quando meno ce lo aspettiamo.
- Il soggetto che ci lecca la mano dopo averla ferita con un morso, non sta chiedendoci scusa, casomai una consacrazione, permettendoglielo gli trasmetteremo le nostre scuse per avere “sbagliato”.
- Il cane che in casa ci segue senza tregua non esprime l’impossibilità di fare a meno di noi in virtù di un amore senza confini, potrebbe invece denotare ansia e frustrazione.
- Dialogare con il cane, come faremmo con un umano, non avrà certo l’effetto auspicato.
- Il cane che produce deiezioni su un letto o divano non lo fa per dispetto, bensì per una sensazione di disagio, come conseguenza di un’occorrenza, o di più occorrenze, ritenuta/e stressante/i.
- Il cane non conosce il coraggio nel senso umano del termine.
- L’aggressività in natura è una dote, non un vizio del carattere.
Il concetto interpretativo viene non a caso definito “contro-intuitivo”. La psicologia canina merita uno studio dedicato e, ancor di più pratica sul campo. Se adotteremo con i nostri cani i medesimi standard interpretativi utilizzati per un essere umano, correremo il rischio, tra gli altri, di creare una figura gerarchicamente importante, rischio che sarà correlato al profilo caratteriale del nostro animale. Il suo sistema sociale non riflette una democrazia, anche se ci piacerebbe crederlo e i media non fanno altro che raccontarcelo. Quello che in molti faticano a digerire, a volte con dolo, vale a dire per mere finalità economiche, è che i suoi metodi non prevedono per nulla il compromesso, quantomeno non come lo intendiamo comunemente. O gli si dimostra di potere organizzare la sua vita con autorevolezza e il dovuto rispetto, o lui potrebbe arrivare a gestire la nostra.
Nessun animale può essere assimilato a un oggetto. Non possiamo riassumere un essere vivente. Gli animali allo stato libero sono profondamente connessi al pianeta, l’uomo ha dimenticato quanto meravigliosi possano essere i privilegi che ne derivano. Credo profondamente che esistano dimensioni distinte dalla nostra e alternative. La più banale deriva forse dall'espressione delle diverse capacità cognitive, quindi dalla possibilità di percepire il mondo e gli esseri che ne fanno parte senza dovere necessariamente legarsi intimamente alle suggestive potenzialità cerebrali dell’Homo sapiens sapiens (l’uomo moderno). Indipendentemente dall'ego dei più, molta realtà rimane, a oggi, un mistero.
Gli animali selvaggi (1) vivono oltre i nostri principi di economia, sono disinteressati al concetto di Stato-nazione, non richiedono tecnologie, non ricercano alcuna crescita dei consumi per proliferare a dismisura, eppure sono perfettamente in grado di provare stati emotivi interconnessi ai nostri.
Tutto questo ci dovrebbe ricordare come, in fondo, anche l’essere umano abbia un genuino bisogno di acqua buona, aria pulita e cibo sano, unitamente a un desiderio di diversità: una delle principali condizioni necessarie alla vita.
Anche e specialmente il rispetto per l’alterità acquisisce dunque un’importanza fondamentale, ad esempio nella ricerca dell’applicazione di una giustizia universale nel rapporto con chi non ci appartiene, e che, in quanto tale, includa tutte le creature in vita intorno a noi
(1) estratto modificato dal testo in lingua originale: “Of Wolfes and Men”, scritto da Barry Holstun Lopez e edito da Scribner, NY, USA)