Gruppo Cinofilo Scaligero

Gruppo Cinofilo Scaligero Gruppo che nasce dalla passione per la cinofilia con lo scopo di radunare coloro che hanno la passione per questo mondo.

Il gruppo vorrebbe tutelare le razze canine riconosciute dalla FCI valorizzandole ai fini zootecnici, oltre che sportivi e culturali.

31/03/2024
🕊️🕊️ BUONA PASQUA 🕊️🕊️
08/04/2023

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Qualcosa comincia a muoversi… speriamo anche in più controlli da parte degli organi competenti… e in futuro anche del de...
28/02/2023

Qualcosa comincia a muoversi… speriamo anche in più controlli da parte degli organi competenti… e in futuro anche del deposito del DNA obbligatorio per tutti.

06/06/2022
Nel patrimonio genetico sia dell’uomo che del cane esistono 900 geni che codificano recettori olfattivi, ma nella nostra...
28/03/2022

Nel patrimonio genetico sia dell’uomo che del cane esistono 900 geni che codificano recettori olfattivi, ma nella nostra specie la maggior parte di essi è silente, spenta e non va a maturazione (pseudogeni). In secondo luogo, i neuroni olfattivi umani in media hanno 10 ciglia, quelli del cane 100. In terzo luogo, come è intuibile, la canna nasale del cane (col relativo epitelio olfattivo) è molto più estesa di quella umana.
Il cane si ritrova quindi dotato di 300 milioni di recettori olfattivi e l’uomo solo di 6 (parallelamente, la corteccia olfattiva canina occupa il 12,5% della massa totale del cervello dell’animale mentre quella umana ne ricopre appena l’1%).

Auguri a tutte le DONNE!!!
08/03/2022

Auguri a tutte le DONNE!!!

📢🐾 CHERRY EYE COS'È? 🐾📢L’occhio del cane è diverso dal nostro in quanto, oltre ad avere una palpebra superiore ed una in...
24/02/2022

📢🐾 CHERRY EYE COS'È? 🐾📢

L’occhio del cane è diverso dal nostro in quanto, oltre ad avere una palpebra superiore ed una inferiore, ha anche una terza palpebra, ovvero una “membrana” formata da uno “scheletro interno” di cartilagine e rivestita esternamente dalla congiuntiva. Anatomicamente è situata nell’angolo nasale dell’occhio, tra palpebre e globo oculare, dove svolge un’azione di protezione della cornea: nel cane “sale passivamente” come conseguenza della retrazione volontaria del globo oculare nell’orbita e normalmente non è visibile. Alla base della terza palpebra è presente una ghiandola lacrimale che produce almeno il 35% della porzione acquosa del film lacrimale, il resto viene prodotto dalla ghiandola lacrimale orbitale.
Il “CHERRY EYE” non è altro che il prolasso della ghiandola lacrimale della terza palpebra. Questa esce dalla propria sede naturale (prolassa), aumenta di dimensioni e si infiamma, presentandosi come una massa rossastra all’angolo nasale dell’occhio, molto simile a una ciliegia; da qui il nome “cherry eye”. L’estroflessione della ghiandola è legata all’indebolimento dei tessuti fibrosi che tengono nella corretta posizione la terza palpebra. È una patologia che interessa prevalentemente cani giovani (età media inferiore a due anni) ed è frequente in razze quali: Beagle, Cocker Spaniel, Cavalier King Charles Spaniel, Bulldog Inglese, Bulldog Francese, Mastino Napoletano, Boxer, Shar Pei, Pechinese, Lhassa-Apso, Basset Hound, Boston Terrier, Sh*tzu,
In genere è monolaterale, ma nel 20% dei casi si assiste al prolasso della ghiandola controlaterale in un periodo di tempo variabile, che può andare da pochi giorni a qualche mese.

CAUSE
In passato si riteneva che la causa scatenante fosse infiammatoria, ma oggi l’ipotesi più accreditata è la lassità congenita delle strutture legamentose della ghiandola stessa, oltre ad esserci una particolare predisposizione della patologia in razze brachicefaliche, caratterizzate dall’avere un muso corto e schiacciato.

SINTOMI CLINICI
La ghiandola prolassata va incontro a fenomeni infiammatori, per i quali compare una masserella dapprima rosa poi sempre più rossa e infiammata nell’angolo destro dell’occhio. I sintomi clinici sono:
- arrossamento oculare da congiuntivite;
- abbondante lacrimazione o, al contrario, secchezza oculare e scarsa lacrimazione;
- secrezioni anomale dall’occhio;
- gonfiore attorno agli occhi.
Inoltre il cane ha spesso la tendenza a sfregarsi gli occhi con la zampa e a tenerli socchiusi. Si tratta essenzialmente di tentativi di ridurre l’irritazione che avvertono.
La diagnosi è molto semplice in quanto di norma è sufficiente il solo esame fisico.

fonte: pronto soccorso veterinario roma

❎ IL MALE EPILETTICO NEL CANE ❎Il Male Epilettico nel Cane è una condizione potenzialmente mortale che può verificarsi n...
15/02/2022

❎ IL MALE EPILETTICO NEL CANE ❎

Il Male Epilettico nel Cane è una condizione potenzialmente mortale che può verificarsi nel caso in cui il nostro amico a quattro zampe soffra di epilessia. Prima di capire cos’è lo stato di male epilettico nel cane, è bene comprendere cos’è l’epilessia canina e come si riconosce.

L’epilessia nel cane è una malattia neurologica caratterizzata dal ricorrere di attacchi convulsivi. Queste crisi convulsive sono manifestazioni di un’irregolarità nell’attività cerebrale: in pratica i neurotrasmettitori stimolano in modo esagerato i neuroni fino a superare il limite consentito ed è a questo punto che si scatena la crisi epilettica.

⚠️I sintomi dell’epilessia:

I sintomi dell’epilessia vengono classificati in base a vari parametri.
Per esempio si differenziano a seconda della fase dell’attacco:

⚠️Fase Iniziale (chiamata anche Aura o Fase Pre-ictale): in questa fase, che dura solitamente qualche secondo, il cane ha disturbi di tipo motorio, ma può manifestare anche agitazione improvvisa, irrequietezza, sguardo fisso, paura immotivata, bisogno di protezione e ricerca di sostegno.

⚠️Fase Ictale (chiamata anche Fase da Ictus): in questa fase si ha il vero e proprio attacco di convulsioni, che può durare da pochi secondi a qualche minuto. Il corpo diventa rigido, il cane cade sul fianco e contrae gli arti. Può serrare prepotentemente la mascella, abbondare con la salivazione oppure esplellere i suoi bisogni corporali come feci ed urine. I sintomi di questa fase cambiano in base alla tipologia di crisi da cui è colpito il cane.

⚠️Fase Post-ictale: questa fase è quella che segue la crisi vera e propria, ma può essere altrettanto problematica. Questo perché può durare da pochi minuti fino a qualche giorno, inoltre perché può mostrare una serie di sintomi che possono preoccupare il padrone. Si possono infatti riscontrare nel cane cambiamenti di carattere, disorientamento, alterazione del sensorio, paura, depressione, debolezza, stordimento, sonnolenza, aggressività, sguardo fisso, difficoltà nella deambulazione, vomito, fame esagerata e cecità transitoria.

Come precedentemente anticipato, i sintomi dell’epilessia variano in base alla tipologia di crisi che colpisce il cane.
Possiamo infatti distinguerle in:

⚠️Crisi Focali: questa forma coinvolge una o più parti del corpo e i sintomi rappresentano l’espressione della zona cerebrale colpita. Questo tipo di crisi può trasformarsi anche in Crisi Generalizzate.

⚠️Crisi Generalizzate: questa tipologia è la più frequente ed è quella che coinvolge differenti zone cerebrali. 
Questo tipo di crisi si divide in:

•Toniche: sono caratterizzate da contrazioni muscolari generalizzate
•Tonico-cloniche: chiamate anche Grande Male, sono le più frequenti. Si tratta di un’alternanza tra contrazioni e brevi rilassamenti
•Miocloniche: sono così definite le contrazioni di uno o più gruppi di muscoli
•Atoniche: ovvero quando si riscontra perdita di tono in uno o più gruppi di muscoli
•Assenze: quando il cane sembra svenire e rimane senza coscienza per uno o più minuti

Oltre ai fattori precedentemente esposti, le crisi epilettiche si dividono anche in base alla frequenza:

•Crisi Singola: le crisi epilettiche avvengono a più di 24 ore di distanza le une dalle altre.

•Cluster di Crisi (chiamata anche Crisi a Grappolo): gli attacchi epilettici avvengono a meno di 24 ore gli uni dagli altri, solitamente nel giro di massimo qualche ora.

•Stato di Male Epilettico: la crisi dura per più di 5 minuti oppure tra un attacco e l’altro il cane non riprende conoscenza

⚠️Cosa fare durante un attacco epilettico del cane?

Una crisi epilettica canina può spaventare gli umani, ma per il bene del nostro amico a quattro zampe è importante mantenere la calma. Innanzitutto è bene ricordare che il cane non ha coscienza di sé, per cui non si rende conto di quello che gli sta succedendo e non prova alcun dolore.

Durante questi momenti è bene monitorare la crisi annotando le tempistiche, i comportamenti del cane, i sintomi ed ogni possibile informazione che può essere utile al veterinario. La cosa migliore da fare sarebbe riprendere la crisi con il cellulare, in modo che il veterinario possa vedere effettivamente la sintomatologia.

Oltre a mantenere la calma, durante la crisi è fondamentale allontanare gli altri animali presenti in casa in modo che non si spaventino troppo e non rischino di aggredire il cane in preda alla crisi. Inoltre è consigliato non cercare di abbracciare o accarezzare il cane, in quanto non avendo coscienza di sé stesso potrebbe mordere.

⚠️Lo Stato di Male Epilettico:

Ricordiamo che più crisi convulsive che si verificano in un tempo limitato, ad intervalli via via più brevi, sono definite a crisi “a grappolo”, e questa escalation di frequenza ed intensità spesso prelude allo “stato epilettico”. La condizione di stato epilettico è quindi caratterizzata da crisi convulsive ripetute, che perdurano per 5 minuti o più, in maniera continuativa o separate da brevi intervalli di tempo durante i quali l’animale non ritorna ad uno stato di coscienza. Si tratta di una condizione molto pericolosa perché può potenzialmente causare al cane danni cerebrali irreversibili oppure, nei casi più gravi, può portare alla morte.

Per questo, come norma generale di comportamento, se alla prima crisi convulsiva è ancora possibile prendere tempo, nel caso dell’instaurazione di un “grappolo” o qualora si stiano osservando i sintomi dello “stato epilettico”, è di assoluta importanza recarsi presso una struttura veterinaria nel più breve tempo possibile, dove il cane possa essere tempestivamente soccorso con l’impiego di farmaci anticonvulsivanti endovenosi, nel tentativo di sedare le crisi ed evitare i danni irreversibili che ne potrebbero derivare.

Fonte articolo :
CLINICA VETERINARIA SAN CARLO

🟨🟨🟨PIOMETRA🟨🟨🟨piomètra s. f. [comp. di pio- e gr. μήτρα «utero»]. – In medicina, ritenzione nella cavità uterina di mate...
09/02/2022

🟨🟨🟨PIOMETRA🟨🟨🟨

piomètra s. f. [comp. di pio- e gr. μήτρα «utero»]. – In medicina, ritenzione nella cavità uterina di materiale purulento, che si osserva in alcune infiammazioni della mucosa uterina.

Parliamo di una patologia relativamente frequente nelle cagne (ma può verificarsi anche nelle gatte). Per Piometra si intende l’accumulo di Pus (quindi un liquido infetto) nell’utero.

Vengono prevalentemente colpite le cagne adulte o anziane (raramente giovani) non sterilizzate e la patologia si presenta tipicamente nei 2-4 mesi successivi al calore poichè gli ormoni prodotti dalle ovaie durante e dopo l estro sono necessari per lo sviluppo della patologia.

Questo è il motivo per cui, nelle cagne sterilizzate (quindi senza ovaie), ma nelle quali viene lasciato l’utero, la malattia non si presenta. In queste ultime infatti la malattia può manifestarsi solo se, dopo la sterilizzazione, sia accidentalmente rimasto del tessuto ovarico.

⚫️SINTOMI

📌abbattimento
📌scarso appetito
📌sete aumentata e perdita di pus dalla v***a (piometra aperta).
📌Si può verificare anche un accumulo di pus con la cervice uterina chiusa (piometra chiusa), in questo caso, l’assenza di perdite v***ari, potrà rendere la diagnosi più tardiva e/o complicata.

Ricordiamo che a volte le perdite di pus possono essere di color rosso ed essere confuse con un calore, quindi attenti, se nei due mesi dopo il calore ci sono di nuovo perdite e la vostra cagnetta non è in forma non aspettate.

A questo proposito consigliamo di appuntare volta per volta le date e le durate dei calori in modo da avere chiare le tempistiche e valutare la regolarità dei cicli.

⚫️DIAGNOSI

La DIAGNOSI definitiva richiede un esame ecografico dell’addome che, oltre a confermare la diagnosi, è utile per identificare complicazioni, come rottura dell’utero e/o la peritonite.

⚫️TERAPIA

La TERAPIA di elezione, anche per evitare recidive, è la chirurgia (asportazione di utero e ovaie), ma nelle cagne giovani o destinate alla riproduzione è possibile iniziare una terapia medica (solo farmacologica).

Questa opzione può essere presa in considerazione anche in cagne molto anziane che, per concomitanti gravi patologie, non possono essere sottoposte ad un intervento chirurgico. La terapia medica, per ovvi motivi, non è attuabile in caso di complicazioni legate a questa patologia, come le già citate peritoniti/perforazioni uterine, per cui è sempre necessario che sia preceduta da un esame ecografico. Sottolineiamo comunque che l’infezione uterina, se la chirurgia non viene effettuta, potrà ricomparire durante la vita del nostro animale.

Un calendario dei calori e un’attenta valutazione delle anomalie presentate dalle nostre cagnoline sono alla base di una diagnosi precoce, accompagnata quindi da un’importante riduzione dei rischi legati a questa br**ta e comune infezione.

Fonte: Eros Folli Milanesi

IL PAPILLOMA CANINO ORALEArticolo Dott. Vicla SgaravattiIl papilloma canino orale è un disturbo che causa la comparsa di...
08/02/2022

IL PAPILLOMA CANINO ORALE

Articolo Dott. Vicla Sgaravatti

Il papilloma canino orale è un disturbo che causa la comparsa di verruche, di solito benigne, sulla membrana delle mucose del cane.
Il problema è facilmente riconoscibile, basta un’occhiata, ma non sempre si è coscienti della gravità del fatto.

Il papilloma canino è una malattia infettiva virale causata dal virus papilloma.
Questa malattia procura tumori della pelle, nella maggior parte dei casi benigni.
Colpiscono prevalentemente i cani, mentre nei gatti sono piuttosto rari.

La via di trasmissione è attraverso il contatto diretto con cani infetti o attraverso la saliva o il sangue.
Bere l’acqua dalla stessa ciotola, condividere il cibo, scambiarsi un gioco è sufficiente per passare il contagio.
Questo papilloma virus causa una malattia specifica della specie, e non è possibile che si trasmetta all’uomo.

Il periodo di incubazione può variare da uno a due mesi, e il cane può essere positivo al virus in maniera asintomatica mentre la manifestazione dei sintomi avviene solo dopo l’incubazione.
Particolarmente pericoloso in cani anziani, cuccioli o quelli con malattie pregresse che hanno il sistema immunitario debole.

I papillomi sono strutture con la forma simile a quella dei cavolfiori, di dimensioni variabili, con superficie rugosa e forma irregolare. Il colore varia dal rosa al grigio o al nero, sono localizzate e multifocali.


Il papilloma canino orale si trova nelle mucose della bocca, nella faringe o sulla pelle delle labbra e del muso.

In bocca può causare, a seconda dell’ubicazione: ipersalivazione, alitosi, dolore con inappetenza. difficoltà nel deglutire, ulcere, emorragie, ostruzione parziale o completa della faringe.

Già solo all’osservazione delle verruche orali è possibile fare diagnosi, volendo però si può avere una conferma definitiva praticando una biopsia, seguita da una analisi istopatologica, dei campioni prelevati durante la biopsia.

Non esiste una cura per il papilloma virus nei can: i papillomi si staccano da soli dopo qualche settimana.
Come il papilloma umano, il papilloma canino può riapparire dopo qualche mese, molti ritornano spontaneamente dopo quattro/sei mesi dall’infezione e possono durare anche un anno prima di regredire.
Benché non esista una cura che elimini definitivamente il papilloma nei cani, in alcuni casi, il Medico Veterinario può suggerire alcuni trattamenti per migliorare l’estetica e la qualità della vita del cane.

– Chirurgia: se le verruche si gonfiano, si aprono formando ulcere o se il cane ha difficoltà a deglutire e mangiare, la chirurgia è necessaria. Certi proprietari scelgono l’intervento anche per questioni puramente estetiche eliminando così fisicamente le verruche.

– Crioterapia: per togliere i papillomi si possono usare la rimozione a freddo o la elettro-cauterizzazione. Attraverso l’applicazione di piccole sonde sul papilloma le cellule della zona verranno congelate e il virus contenuto in esse eliminato.
Sembra addirittura che questa tecnica stimoli il sistema immunitario dell’amico peloso rendendolo più forte per eventuali nuovi attacchi da parte del virus.
Queste procedure vanno eseguite da un Medico Veterinario esperto.
Realizzare il trattamento di crioterapia con il “fai da te casalingo” è un atto sconsiderato perché potreste mettere a repentaglio la salute dell’animale.

– Immunoterapia: è una tecnica che si utilizza per rinforzare il sistema immunitario del cane per combattere il papilloma canino. È fondamentale che il cane abbia un sistema immunitario in perfetto funzionamento perché non sviluppi altri papillomi o non sopravvengano altri tipi di problemi di salute.

– Esistono alcuni medicinali per trattare papillomi piccoli e numerosi, che pure con il trascorrere del tempo non hanno dato cenno di voler migliorare, si potranno eseguire attacchi tramite chemioterapia sistemica e tramite farmaci antineoplastici o altri medicinali, per esempio azitromicina o interferone anche se non è certa la loro efficacia in questi casi.

– Chemioterapia: se il papilloma risulta maligno, la si deve prendere in considerazione.. Sarà comunque sempre il Medico Veterinario a visitare il soggetto e a decidere quale sia la strategia migliore da seguire a seconda del caso specifico.

Nel caso di papilloma di grandi dimensioni, facilmente raggiungibile e ben localizzato, ma soprattutto singolo il Medico Veterinario può intervenire con applicazioni locali di pomate, o gocce o unguenti tutti a base di sostanze che disgregando la cheratina permettono una facile eliminazione del papilloma.

Ribadisco che questa patologia non può guarire con rimedi casalinghi improvvisati. Non esiste alcun metodo alternativo per eliminare il papilloma, si può solo applicare dell’olio di ricino per ridurre l’infiammazione, ma è da considerare se ne valga la pena.

Ricordo che l’incidenza è maggiore nei cani giovani, sotto i tre anni di vita, ciò non toglie però che anche un cane adulto o addirittura anziano possa riscontrare i chiari sintomi della patologia.
Visto che si tratta sostanzialmente di un’infezione di natura virale, fortemente contagiosa, la possibilità di contrarre il male in questi ultimi aumenta notevolmente se in contatto con cani giovani ammalati.
E’ sufficiente il contatto diretto fra i papillomi del cane ammalato con le mucose di quello sano che risultano più in pericolo nel caso in cui queste presentino delle piccole abrasioni o ferite anche superficiali.
È proprio li che il virus colpirà e si diffonderà di li a breve.

Riscontrare immediatamente la malattia è difficile dato che dopo il contagio questa resta in incubazione per un periodo discretamente lungo che può variare fra i 30 e 60 giorni. L’incubazione si dimostrerà più duratura nei cani con ottimo sistema immunitario, che alla fine è costretto a cedere.
E’ ancora il sistema immunitario che consente un naturale riassorbimento dei papillomi.
Nel caso in cui questo non avvenga e il sistema immunitario non reagisca positivamente, col passare del tempo non solo i papillomi non spariranno, ma aumenteranno in volume e numero.

Quando questi vengono trasmessi anche alla lingua del cane, la difficoltà di alimentazione aumenta gradualmente.
La dimensione e il numero dei papillomi dipende esclusivamente dalla rapidità con la quale il proprietario si sia accorto della malattia ed abbia portato il fedele amico a quattro zampe dal Medico Veterinario.

⚠️Giardia nel cane⚠️La Giardia è un microrganismo unicellulare, un protozoo che infesta molto frequentemente cuccioli di...
02/02/2022

⚠️Giardia nel cane⚠️

La Giardia è un microrganismo unicellulare, un protozoo che infesta molto frequentemente cuccioli di cani (nel link una guida sul suo addestramento e comunicazione) e gatti.

I piccoli normalmente si infestano direttamente assumendo il parassita per via oro-fecale.
Si sa i cuccioli leccano dappertutto e potrebbero quindi leccare anche feci infette, soprattutto se non vengono immediatamente eliminate.

In un ambiente poco pulito o semplicemente molto affollato, basta poco: canili, gattili, luoghi con alte concentrazioni di animali, ma anche il giardino di casa, se l’animale è fortemente infestato, come anche la cassettina della lettiera del gatto, possono diventare luogo di contaminazione.

Cibo e acqua contaminati possono poi essere un ulteriore serbatoio di infezione.

🟨Giardia ,il periodo di incubazione e resistenza nell’ambiente:

Da quando il parassita comincia a replicarsi in modo importante, passano pochi giorni da 4 a 16 e nelle feci vengono espulse forme cistiche direttamente infestanti.

Nelle feci queste possono rimanere infettanti per una settimana.

La loro espulsione continua in modo intermittente per mesi. Attenzione però!!

Il fatto che le l’emissione delle cisti avvenga in modo non continuo è importante da considerare perché la presenza nelle feci del parassita potrebbe non essere evidenziato erroneamente, avendo prelevato il campione in un momento di assenza di emissione, soprattutto se la ricerca del protozoo avviene attraverso osservazione microscopica.

Il consiglio è quindi quello di fare più prelievi: uno al giorno per tre giorni di seguito, dovrebbero mettere in evidenza il parassita.

La Giardia è resistente soprattutto in ambienti umidi, sopravvivendo fino a tre mesi.
E’ invece fortemente sensibile al freddo (-4°C lo inattivano) e all’ambiente asciutto.

🟨Giardia cane – uomo o gatto – uomo: è possibile il contagio?

Una cosa mi preme sottolineare. Nonostante non sia impossibile la trasmissione della Giardia da cane, o gatto all’uomo, questa è altamente improbabile essendo, questi protozoi, altamente specie-speficici.

Questo significa che la Giardia dell’intestino del cane o del gatto, difficilmente potrà infestare quello dell’uomo a meno che non ci sia una situazione di immunodepressione da parte della persona, anche nei bambini.

Quindi alla domanda: la giardia nel cane si trasmette all’uomo?
La risposta è no, a meno che non ci sia una situazione di immunodepressione della persona o che il protozoo sia una specie che può infestare anche l’uomo (raramente ma può accadere).

I sintomi nel cane e gatto.
Il protozoo normalmente dà sintomi abbastanza aspecifici, presenti soprattutto in animali giovani, sotto l’anno di età.

Il più delle volte però è asintomatico in quanto l’organismo riesce a creare una difesa temporanea che ne limita la diffusione.

Quando però l’animale si trova in uno stato di minor difesa immunitaria, perché molto giovane o perché già debilitato per altre patologie precedenti o concomitanti, i sintomi possono essere:

diarrea, più spesso intermittente con muco, maleodorante e chiara.
In caso di persistenza dei sintomi ed aggravarsi della situazione:

•vomito
•dimagramento
•letargia
•inappetenza

Se vi sono sintomi più gravi, normalmente si è in presenza di situazioni peggiorative concomitanti, come virus e batteri.

Nel cucciolo la diarrea corrisponde all’infestazione iniziale acuta, nonostante questa fase possa essere asintomatica.

🟨Come accorgersi che c’è una infestazione da Giardia?

Il problema della diagnosi di Giardia è tutt’altro che semplice.

Se da una parte infatti l’infestazione può essere presente anche in assenza di sintomi, è altrettanto vero che, si hanno molto spesso falsi negativi.

Questo avviene soprattutto se i campioni di feci vengono mal conservati, osservati da occhio non esperto o, ancora, essere stati prelevati in un momento di assenza di emissioni delle cisti (la parte cioè, che dovrebbe essere identificata al microscopio, dopo corretto trattamento delle feci e conseguente osservazione).

La mancata evidenza del protozoo può portare alla somministrazione indiscriminata di farmaci per il controllo della diarrea che potrebbero quindi complicare ancora di più il quadro e fare danni, perché non si è identificato in modo corretto l’agente causale.

Ecco quindi che alcuni accorgimenti devono essere presi in considerazione.

Se si vuole effettuare un prelievo di feci fresco, ed osservarlo al microscopio (previo adeguata preparazione) bisogna ricordare che le cisti sono sensibili alle basse temperature e che quindi non si possono conservare in ambiente refrigerato (frigorifero) e che l’osservazione deve avvenire entro 30 minuti dal prelievo.

Questo implica che devi far sporcare il tuo cane, prelevare e far osservare il campione al tuo veterinario in 30 minuti.

Un recente studio ha messo in evidenza che tali osservazioni risultavano falsamente positive in oltre il 25% dei casi che, invece erano negativi con test maggiormente sensibili.
Al contrario più della metà dei cani infestati non era stato rilevato come tale.[4]

Il test quindi più sensibile e meglio indicato è un test chiamato ELISA.
Un semplice kit che, messo a contatto con una piccola quantità di feci è in grado di mettere in evidenza gli antigeni, anche se, in quel momento non c’è emissione di cisti.

Inoltre è possibile utilizzare feci conservate (anche per 5-7 giorni) e refrigerate, senza inficiarne il risultato.

Anche qui però, dobbiamo fare una considerazione.

Se è vero che oggi, con i kit è possibile mettere in evidenza la Giardia con assoluta certezza, è anche vero che questa, essendo un protozoo opportunista è praticamente sempre presente nell’intestino.

Il solo trovarla quindi non necessariamente implica una positività della malattia.

Questo significa che il trattamento non è sempre necessario, ma lo diventa solo se il paziente è sintomatico, cioè se ha diarrea, oppure se si ha un dubbio di grave infestazione, nonostante l’assenza di sintomi.

In questo caso sarà necessario effettuare un esame quantitativo, cioè che metta in evidenza quanti protozoi sono effettivamente presenti per grammo di feci. (L’esame si chiama di Immunofluorescenza)
In caso di grave infestazione, di ambiente con molti soggetti presenti e che quindi potrebbe portare a infestazione persistente, allora si potrà pensare a fare il trattamento.

🟨Trattamento contro la Giardia nel cane e gatto: come affrontare la terapia?

Il trattamento contro la Giardia è sostanzialmente dato da un farmaco specifico a base di fendbendazolo o metronidazolo o associazioni di antielmintici, che comunque devono essere prescritti dal tuo medico, sia come posologia che come indicazione dei tempi di somministrazione.

Ciò che importa sottolineare è che spesso si hanno delle ricadute e che quindi la guarigione può essere complicata, soprattutto dalla reinfestazione, più che da resistenza al farmaco.

Gli antibiotici non sono efficaci contro il protozoo e anzi aggravano la situazione, provocando un ulteriore squilibrio della flora batterica intestinale.

Alla fine del trattamento, passata una settimana circa, è possibile effettuare un controllo per verificare l’effettiva eradicazione del problema.

In caso di persistenza di antigeni, ma assenza di sintomi, prima di effettuare un ulteriore trattamento, sarebbe importante capire la effettiva quantità del parassita come già sottolineato anche più su nel testo.

Se il quantitativo risulta davvero importante allora ci potrebbe essere il rischio di reinfestazione e solo allora si dovrà ritrattare, ma in caso contrario, non sarà necessario.

In tali situazioni invece si dovrebbe pensare a migliorare il microbioma intestinale con fermenti probiotici e prebiotici adatti.

In caso di recidive inoltre sarebbe utile valutare anche la possibilità di altre cause, considerando la natura opportunista del protozoo che, quindi sopravvive grazie ad altre patologie sottostanti.

Trattamenti ambientali per evitare la reinfestazione da Giardia.
I casi di recidiva sono soprattutto dovuti alla presenza massiccia del protozoo nell’ambiente.

Ecco quindi che, oltre al trattamento da somministrare al cane o gatto, sarebbe utile fare anche una disinfestazione ambientale che consiste in :

•shampoo a base di clorexidina all’inizio e fine del trattamento del paziente
•in caso di presenza di altri animali in casa effettuare il trattamento su tutti i soggetti
•pulire immediatamente le feci emesse e smaltirle in sacchi di plastica chiusi
•pulire gli ambienti contaminati dalle feci (soprattutto in pensioni, ma anche cortili ecc) con idonei prodotti disinfettanti (a base di 4-chloro-M-cresolo)
•attenzione all’utilizzo del vapore acqueo, perché rende ancora più idoneo l’ambiente al protozoo (caldo-umido)
•lavare e asciugare accuratamente gli ambienti (coperte, brandine) dove il cane e gatto vive e riposa, compresi i tiragraffi, ciotole dell’acqua e attrezzatura
•se il cane è coprofago utilizzare la museruola, almeno per il periodo in cui c’è rischio contaminazione, in questo caso la contaminazione potrebbe provenire dal parco o giardino in cui è stato.

🟨Alimentazione in caso di Giardia nel cane e gatto:

Uno dei concetti più importanti e spesso sottovalutati in caso di Giardia è che il protozoo vive da opportunista praticamente tutta la vita nell’intestino del paziente e che quindi, il suo habitat è la convivenza con la flora batterica intestinale.

Se questa è composta da batteri sani, nella giusta quantità e qualità, si avrà certamente un ambiente non favorevole alla sua proliferazione. Importante quindi sarà quello di cercare di ripristinare il microbioma intestinale attraverso una alimentazione povera di carboidrati .

La somministrazione poi di fermenti e prebiotici per nutrire i microrganismi intestinali sarà certamente un valido supporto terapeutico.

Fonti:

A retrospective molecular study of select intestinal protozoa in healthy pet cats from Italy

Scelta razionale dei test gastrointestinali per cani e gatti con diarrea Stanley L. Marks, BVSc, PhD, DACVIM (Internal Medicine, Oncology), DACVN University of California, Davis, School of Veterinary Medicine One Shields Avenue, Davis, California, 95616, USA.

Linee guida ESCCAP 2017 FS Giardia.pdf
Carlin EP, Bowman DD, Scarlett JM, et al.

Prevalence of Giardia in symptomatic dogs and cats throughout the United States as determined by the IDEXX SNAP Giardia test. Vet Ther. 2006 Fall;7(3):199-206

Jacobs S.R. et al, Can Vet J 2001; Giangaspero A. et al, Vet Rec 2002; Capelli G. et al, Parasitol Res 2003

Finte: izsvepets

La Miocardiopatia Dilatativa (DCM) nel cane è un disordine del miocardio, molto comune soprattutto in soggetti di taglia...
21/01/2022

La Miocardiopatia Dilatativa (DCM) nel cane è un disordine del miocardio, molto comune soprattutto in soggetti di taglia grande e gigante.
Caratterizzata dalla dilatazione delle camere cardiache, le cui pareti muscolari perdono elasticità e tono, si manifesta nel 58% dei cani adulti di razza Dobermann.

🟧MIOCARDIOPATIA DILATATIVA NEL CANE🟧

La DCM (Miocardiopatia dilatativa) è una patologia che si manifesta in un’ampia percentuale di cani di taglia grande e gigante ed è la seconda per prevalenza nei cani, dopo la degenerazione della valvola mitrale.

Le razze maggiormente coinvolte sono:

Dobermann (con una prevalenza che arriva al 58% dei soggetti)
Boxer
Alano
Terranova
Newfoundland
Irish Wolfhound
Cocker Spaniel
Altre razze sono state coinvolte in percentuale inferiore in diversi studi e sono:

Pastore Tedesco
San Bernardo
Labrador
Golden retriever
Mastino napoletano
Rottweiler
Dogue de Bordeaux
Leonberger
Dalmata
Incroci di razze

Viene definita come una
sindrome primaria del miocardio, che causa disfunzioni meccaniche le quali portano a dilatazione e congestione o disfunzioni elettriche che provocano aritmie e morte improvvisa o anormalità meccaniche e elettrocardiografiche contemporaneamente;
definizione che prende in considerazione, quindi, sia le alterazioni che subisce il cuore da un punto di vista meccanico che elettrocardiografico.

🟨CAUSE DI CARDIOMIOPATIA DILATATIVA

Molte malattie metaboliche possono portare a situazioni che mimano una miocardiopatia, con ridotta contrattilità.
Ad esempio, malattie come l’ipotiroidismo o le miocarditi, ma anche fattori ambientali come la deficienza nutrizionale di taurina o l’avvelenamento da antracicline.

Forme di tachicardia, indotte da miocardiopatie, possono portare a sindromi dilatative secondarie.
Questa condizione è particolarmente frequente soprattutto nel Labrador Retriever.

Nonostante non si conosca esattamente la causa della DCM, il sospetto che questa abbia una base genetica con trasmissibilità di tipo familiare è sempre più forte.

È stato ipotizzato che ogni razza abbia una propria mutazione genetica che porta alla manifestazione di malattia e che più razze possano condividere mutazioni simili.

La grande variabilità con cui la Cardiomiopatia Dilatativa si manifesta, però, fa sospettare che possano esserci anche delle concause epigenetiche.
Ciò significa che i fattori ambientali possono influire sulla diversa attività genetica: stile di vita, dieta e condizioni ambientali possono alterare il modo in cui il codice genetico determina la fisiologia e la patologia dei diversi organi e così per la DCM.

Inoltre, la malattia si manifesta in modo differente tra maschio e femmina e in base alla razza coinvolta.

🟨SINTOMI DI MIOCARDIOPATIA: COME SI MANIFESTA?

I sintomi della Cardiomiopatia Dilatativa dipendono in gran parte dal meccanismo che si instaura a livello del cuore.

In pratica il cuore, che è un muscolo, in questa condizione ha una minor capacità contrattile, che determina una minor gettata cardiaca, cioè la quantità di sangue che esce dal cuore al minuto.

All’inizio, l’insufficienza miocardica è di lieve portata ed il cuore (organo molto reattivo) si adatta e compensa la condizione con una ipertrofia (cioè un aumento di dimensione) che riesce ad impedire per lunghi periodi che la gettata cardiaca si riduca e diventi sintomatica.

Ma lo sforzo fa sì che, a livello ventricolare, le pareti del cuore diventino più spesse anche a causa di deposito di cellule fibrose, che rendono meno elastica la parete dei ventricoli e quindi si riduce ulteriormente la capacità di accettare sangue al loro interno.

Quando però la situazione si aggrava, il sistema non riesce più a compensare e si instaura una insufficienza cardiaca congestizia, a causa dell’aumentata pressione all’interno del cuore, con possibilità di instaurarsi anche di un edema polmonare.

Se viene coinvolto anche il cuore destro, i versamenti si troveranno anche in cavità addominale.

Come abbiamo detto, però, ad accelerare la progressione della malattia, ci possono essere condizioni elettrocardiografiche come le aritmie che aggravano precocemente il quadro clinico.

🟨SINTOMI DI CARDIOMIOPATIA DILATATIVA: LE FASI DI PROGRESSIONE DELLA MALATTIA
FASE PRECLINICA.

In questa fase il cane non presenta alcun sintomo. Nonostante sia in atto la malattia, questa fase può durare diversi mesi, con squilibri morfologici e/o elettrici cardiaci, rilevabili solo con esame ecocardiografico e con Holter.

🟨FASE CLINICA
Si manifesta con segni tipici dell’insufficienza cardiaca congestizia (sinistra e destra).
I sintomi sono:
tosse
depressione
difficoltà respiratoria
perdita di peso
anoressia
intolleranza all’esercizio o movimento
sincope.
Alla visita, poi, si può rilevare:
distensione addominale per la presenza di ascite (se l’insufficienza è anche destra), quindi quando la malattia è già in stato avanzato
all’auscultazione polmonare si percepiscono rantoli in caso di edema polmonare
all’auscultazione del cuore si può rilevare un piccolo soffio sistolico apicale sinistro, per l’insufficienza mitralica o il ritmo di galoppo (S3), dovuto alla ridotta compliance (elasticità) ventricolare.
frequenti aritmie, come fibrillazione atriale o aritmie ventricolari.

🟨MANIFESTAZIONE DI CARDIOMIOPATIA DILATATIVA IN BASE ALLA RAZZA

🔴DOBERMANN
La razza maggiormente colpita da questa patologia è in assoluto il Dobermann, tanto che è stata presa come modello di studio nelle altre razze. La sua prevalenza è del 58% in Europa.
La malattia può iniziare a manifestarsi (nella fase asintomatica) dai 2 ai 4 anni, nel 10% dei casi.

Nonostante si sia sempre affermato che fossero soprattutto i maschi ad essere colpiti, recenti studi hanno dimostrato come anche le femmine siano coinvolte in egual misura.
Pare, però, che i maschi manifestino maggiormente segni ecocardiografici precoci, mentre le femmine siano maggiormente colpite da aritmie.[4]

La morte improvvisa del Dobermann è una preoccupazione reale e si manifesta in un terzo dei cani colpiti, sia nella fase asintomatica che nella successiva.
Pare sia associata a tachicardia ventricolare, che porta ad una fibrillazione mortale.

La componente genetica ereditaria del Dobermann è altamente probabile, ma non è ancora stato effettivamente dimostrato o trovato il gene responsabile che, comunque, dovrebbe essere autosomico dominante.

🔴BOXER
Anche in questa razza esiste la Miocardiopatia Dilatativa, ma è stata descritta come forma differente rispetto a quella del Dobermann e anch’essa ha una matrice ereditaria autosomica dominante.

La Miocardiopatia del Boxer (Americano ed Europeo) si manifesta tipicamente in tre fasi, presumibilmente l’una conseguente dell’altra.

fase preclinica: con aritmie e senza segni clinici,
fase sintomatica: con episodi di sincopi durante l’esercizio fisico e/o l’eccitamento,
fase di disfunzione cardiaca: con insufficienza cardiaca e aritmie.
Questa forma è stata associata ad una forma di cardiomiopatia dell’uomo, la ARVC (Cardiomiopatia Aritmogenica Ventricolare Destra).

🔴IRISH WOLFHOUND
Anche in questa razza c’è una alta prevalenza di soggetti colpiti. La percentuale va dal 24.2 al 29%. [6]
La malattia si manifesta soprattutto nei maschi, che pare si ammalino in età più precoce.

In questo caso sono stati individuati 3 loci genotipici che, quando presenti in combinazione, portano ad un grave rischio di malattia. [5]

In generale questa si manifesta tra i 3 e i 7 anni.

La DCM in questa razza è stata associata alla presenza di Fibrillazione Atriale (AF), che pare sia una condizione predisponente la malattia o, comunque, un potenziale precursore della Miocardiopatia secondaria all’aritmia.

È stata riscontrata in una percentuale che va dall’ 80,5 all’ 87,6 % dei casi.

Nonostante non tutti i cani affetti da Fibrillazione Atriale siano anche sintomatici di DCM, pare corretto tenerli sotto stretto monitoraggio, al fine di riuscire a rilevare precocemente l’insorgenza di segni di insufficienza cardiaca e quindi di potere attuare immediatamente una terapia che possa migliorarne la condizione di vita e garantirne la sopravvivenza.

🔴COCKER SPANIEL INGLESI
Abbiamo voluto citare anche questa razza tra le colpite da DCM, nonostante sia una taglia piccola/media, in quanto viene spesso citata come coinvolta nella malattia.

Non esistono studi che mettano in evidenza la certezza di una componente genetica, anche se la causa più probabile pare essere una componente di familiarità.
Non è esclusa però anche una possibile concausa ambientale dietetica di carenze di taurina e carnitina.

Studi su cani di diverse razze affetti da DCM hanno messo in evidenza che il 13% dei soggetti ha una concentrazione plasmatica di taurina più bassa, soprattutto nelle razze Cocker Spaniel (inglesi e non americani) e Golden Retriever.
In questi soggetti, trattamenti con Carnitina e Taurina avevano manifestato un significativo miglioramento all’esame ecocardiografico (a confronto con la somministrazione di placebo).[2]

🟨DIAGNOSI DI MIOCARDIOPATIA (DCM)

Molti autori ritengono che la diagnosi di DCM possa essere raggiunta solo attraverso l’esclusione di altre patologie. Per questo motivo è importante effettuare una corretta diagnosi differenziale e ricercare tutte le possibili situazioni che possono portare al suo sospetto.

La diagnosi di DCM può essere effettuata attraverso diversi mezzi diagnostici in combinazione tra di loro.

E’ importante sottolineare che non può essere considerato probante e negativo un singolo esame, ma solo il periodico monitoraggio da fare a cadenze specifiche (annuali), soprattutto nelle razze considerate a rischio e sui loro incroci (Dobermann e Boxer), in quanto la patologia ha andamento progressivo.

Gli esami da fare sono:

ecocardiografia (specifica per la valutazione della funzionalità sistolica del ventricolo sinistro)
Holter
biomarker quali NT- proBNP e troponine.
Questo tipo di esami deve essere fatto dal 3° anno di età in su, per poter mettere in evidenza in modo precoce eventuali forme occulte e poter eliminare dalla riproduzione soggetti potenzialmente portatori.

In questo modo è possibile iniziare da subito un protocollo terapeutico che può prolungare la fase asintomatica della malattia in modo significativo.

In caso di soggetti sintomatici è inoltre consigliabile effettuare un esame radiografico.

Attraverso di esso infatti sarà possibile mettere in evidenza le complicanze che si potrebbero essere instaurate:

segni di congestione venosa
edema polmonare
versamenti pleurici
versamenti pericardici
ascite

🟨TERAPIA DELLA MIOCARDIOPATIA DILATATIVA NEL CANE: VEDIAMO LA CURA DELLA FASE ASINTOMATICA

La terapia, in questa fase, è volta al tentativo di mantenere la malattia in questa condizione il più a lungo possibile.

A seconda della condizione che si presenta, sarà necessaria una terapia farmacologica che riduca le aritmie e gli scompensi.

🟨CARDIOMIOPATIA DILATATIVA NEL CANE: LA CURA NELLA FASE SINTOMATICA

Purtroppo, se non si fa prevenzione e controlli regolari, la malattia si manifesta già quando l’insufficienza cardiaca congestizia è diventata sintomatica.

Lo scopo terapeutico in questo caso è di intervenire nel più breve tempo possibile, al fine di ridurre l’edema polmonare e/o l’ascite in caso di compromissione del cuore destro.
Se ci si trova in situazione di emergenza, sarà necessaria anche ossigenoterapia, diuretici per stabilizzare il paziente e, talvolta, può essere necessario anche l’intervento chirurgico per il drenaggio dei liquidi.

Una volta risolta la situazione di emergenza, si dovrà approntare una terapia a lungo termine per stabilizzare le condizioni il più a lungo possibile.

🟨PROGNOSI E ASPETTATIVE DI VITA IN CASO DI MIOCARDIOPATIA DILATATIVA NEL CANE

Tranne che per il Cocker Spaniel, per cui la prognosi non è infausta (ci sono studi che hanno messo in evidenza la possibilità di sopravvivenza oltre i 4 anni dalla scoperta della malattia [7], con tempi anche più lunghi e casi in cui i soggetti sono morti per altre cause), quasi sempre per tutte le alte razze la prognosi è infausta.

Anche in caso di terapia, tutti gli studi hanno messo in evidenza l’impossibilità di sopravvivenza oltre i 12/ 24 mesi; anche meno (circa 6 mesi), in caso di situazione conclamata.

Diversi sono gli indicatori prognostici che evidenziano una possibile riduzione della durata della vita:

presenza di ascite
ispessimento della parete ventricolare sinistra
ectopia ventricolare
perdita di peso [8].
Uno studio [9] ha preso in considerazione il valore prognostico dei risultati ottenuti da:

elettrocardiogramma
ecocardiogramma
Doppler
in cani con cardiomiopatia. Sono stati presi in considerazione 11 parametri in 63 soggetti malati, tra cui:
età in cui è stata fatta la diagnosi
stadio di insufficienza cardiaca
presenza o assenza di dispnea
ascite
fibrillazione atriale
diversi parametri ecografici.
Dallo studio è emerso che il tempo medio di sopravvivenza è tra i 350 e 671 giorni.

Il valore prognostico negativo maggiormente indicativo in questo studio è risultato il TMF (flusso trans mitralico) ridotto, insieme all’aritmia.
Lo stadio dell’insufficienza cardiaca, la presenza di ascite e l’indice di volume sistolico (ESV-I) sono altri valori prognostici da tenere in considerazione.

In generale, quindi, risulta fondamentale accorgersi per tempo di un inizio di insufficienza cardiaca al fine di mantenere la fase asintomatica il più a lungo possibile.

Solo così le speranze di vita si allungano.

Inoltre, qualora ci si trovi di fronte a diagnosi di miocardiopatia asintomatica, è importante che il proprietario stesso sia in grado di effettuare un monitoraggio continuo.

A tale fine risulta importante il conteggio degli atti respiratori del cane, fatto quotidianamente, a riposo, meglio ancora mentre dorme.
Qualora questi superassero i 30 atti (sollevamento del torace) al minuto, si deve avvertire il proprio medico che valuterà una terapia aggiuntiva di supporto.

Considerando la scarsa qualità e lunghezza della vita del cane con diagnosi positiva di Miocardiopatia Dilatativa, sarebbe importante riuscire a trovare delle terapie sostitutive, integrative a quelle attualmente note.

In uno studio è stata valutata la possibilità di trattamento con cellule staminali in cani con miocardiopatia dilatativa.
In un prossimo articolo ne valuteremo i risultati.

🟨PREVENZIONE E LINEE GUIDA: SCREENING PER LA MIOCARDIOPATIA DILATATIVA NEL CANE

In generale, è bene ricordare che tutti i soggetti coinvolti nella possibilità di avere una componente genetica di DCM, dovrebbero essere sottoposti a controlli regolari.

Abbiamo infatti visto che, essendo una patologia progressiva, è necessario valutare nel tempo l’andamento della situazione del cuore.

A tal fine è stato studiato un protocollo di screening per la diagnosi di Miocardiopatia Dilatativa nelle razze a rischio, stilato dalla FSA (Fondazione Salute Animale).

Questo comprende controlli che devono valutare diversi parametri e che stabiliscono un punteggio secondo il quale il cane è considerato: negativo, border line o positivo.

Questi sono:

controllo ecocardiografico dai tre anni in su (secondo la FSA è improbabile che si presenti prima)
se negativo, i controlli successivi sono consigliati ogni anno
in caso di valutazione border line, il controllo successivo è dopo 6 mesi.
Gli esami ecocardiografici dovranno essere eseguiti secondo procedure standard (date dalla FSA stessa) con i cani in decubito laterale destro e sinistro e con registrazione simultanea di un tracciato elettrocardiografico.

Se il cane mostra la presenza di aritmie nel corso dell’esame, si dovrà sottoporre ad esame ECG completo (9 derivazioni), con registrazione del ritmo per almeno 2 minuti.
La presenza di aritmie ventricolari o sopraventricolari dovrebbe essere seguita da un esame Holter.

I cani sottoposti a primo esame dovrebbero fare un prelievo ematico (5 ml di sangue in EDTA) al fine di possibili futuri studi genetici.

Poiché la cardiomiopatia dilatativa resta una diagnosi per esclusione, i soggetti positivi dovrebbero comunque essere sottoposti a valutazione della funzione tiroidea e a misurazione della pressione arteriosa, al fine di escludere la miocardiopatia ipotiroidea e quella ipertensiva.

🟥BIBLIOGRAFIA:

Monnet, E., Orton, C. E., Salman, M.,et al (1995) Idiopathic dilated cardiomyopathy in dogs: survival and prognostic indicators. Journal of Veterinary Internal Medicine, 12-17 O’Su
An update on canine cardiomyopathies – is it all in the genes?: An update on canine cardiomyopathies
Perego, M., Ra**ra, L. & Santilli, R. A. (2012) Isorhythmic atrioventricular dissoci-ation in Labrador retrievers. Journal of Veterinary Internal Medicine 26, 320-325
Wess, G., Schulze, A., Butz, J., et al. (2010) Prevalence of dilated cardiomyopathy in Doberman pinschers in various age groups. Journal of Veterinary Internal Medicine 24, 533-538W
Simpson, S., Dunning, M., Brownlie, S., et al. (2016) Multiple genetic associations with Irish wolfhound dilated cardiomyopathy. BioMed Research International 2016, 1-14
Vollmar, A. C. & Fox, P. R. (2016) Long-term outcome of Irish wolfhound dogs with preclinical cardiomyopathy, atrial fibrillation, or both treated with pimobendan, benazepril hydrochloride, or methyldigoxin monotherapy. Journal of Veterinary Internal Medicine 30, 553-559
Luis-Fuentes, V., Corcoran, B., French, A., et al. (2002) A double-blind, randomized, placebo-controlled study of pimobendan in dogs with dilated cardiomyopathy. Journal of Veterinary Internal Medicine 16, 255-261
Idiopathic Dilated Cardiomyopathy in Dogs: Survival and Prognostic Indicators
Prognostic Indicators for Dogs with Dilated Cardiomyopathy

Fonte: Eros Folli Milanesi

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