09/05/2022
https://www.facebook.com/100044604121798/posts/543152630514870/?sfnsn=scwspmo
Giusto per....
Un plauso a Lorenzo Biagiarelli per averlo scritto.
E vale lo stesso discorso, in buona parte, anche per i vestiti.
Grazie Lorenzo.
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"Da qualche giorno gira un video, tra le rotazioni di Facebook, ambientato in un mercato ortofrutticolo di una città italiana. Il protagonista è un ragazzo che vuole scoprire cosa riuscirà a comprare con dieci euro, perché quel mercato ha la fama di essere uno dei più economici della città. Alla fine porta a casa 10 carciofi, 1 kg di banane, 1 di mele e 1 di kiwi, 3 di patate, 1 kg di fragole e 1 di arance. Un sacco di roba. Ci sono più di seimila commenti, quasi tutti entusiasti, quasi tutti sottolineando che chi commenta, nella propria città, non comprerebbe nemmeno la metà delle cose.
E c’è un motivo. C’è un motivo se la frutta e gli ortaggi costano: qualcuno li ha raccolti. Qualcuno con uno stipendio regolare. Qualcuno, si spera, che non sia nelle grinfie del caporalato. Poi c’è qualcuno che li lavora, qualcuno che li trasporta, auspicabilmente nelle stesse condizioni dei lavoratori precedenti. Poi c’è qualcuno, ad esempio il supermercato, o la bottega, che su quello che vende paga le tasse, attraverso l’emissione dello scontrino. E infine c’è un informazione sulla filiera, sulla provenienza, sulla cosiddetta qualità potenziale.
Ad esempio, al supermercato sotto casa mia un kg di fragole della Basilicata costa sei euro. So da dove vengono, conosco la loro varietà e il periodo di raccolta, leggo il nome dell’azienda, su cui posso fare ricerche di eticità. Pagherei 7 euro al kg dei kiwi con le stesse caratteristiche, per delle patate della Sila, ad esempio, 1,50. Questo al supermercato. Al mercato dei coltivatori diretti, forse anche di più, in quel caso però il produttore sarebbe di fronte a me, con frutta e ortaggi biologici, con una minore impronta di carbonio e con la certezza che i soldi che pago ricadranno sul lavoro del territorio. E accetterebbero un pagamento con il pos.
È scivoloso dire quanto sto per dire ma lo farò: è possibile che quello sia un mercato con una clientela che per mille motivi non piò permettersi di spendere prezzi maggiori di quelli offerti. È perfettamente comprensibile. Ciò non toglie che dietro a quei prezzi c’è lo spettro di gente ancora più povera, che zappa i campi sotto il sole per due euro al giorno e dorme in un CARA assieme a altri otto compagni di stanza. Di mancati introiti nelle casse dello stato sotto forma di tasse non pagate, e l’assistenzialismo non si paga da solo, ma proprio con le tasse. Potrebbe esserci lo spettro della mafia, dell’agricoltura intensiva che impoverisce il terreno e obera l’ambiente. È un cane che si mangia la coda, e non è certo colpa del ragazzo che ha girato il video.
Il problema del video è solo culturale: trasforma tutto questo pacchetto di miseria in un’allegra rappresentazione folcloristica, suscita commenti entusiastici mentre dovrebbero essere colmi di preoccupazione, in sostanza rende ‘cool’ una catena di problemi per l’ambiente, per lo stato e soprattutto per la gente che, da una parte o dall’altra, a quella catena ci è legata mani e piedi".
Lorenzo Biagiarelli