15/11/2025
Di Valeria Rossi
LA DERESPONSABILIZZAZIONE DEL CANE.
Il cane, come ho già ripetuto un miliardo di volte, NON vuole responsabilità.
NON gliene frega nulla di acquisire autocontrolli: preferisce di gran lunga che lo controlli qualcun altro.
NON vuole “comandare” nè “dominare”, preferisce di gran lunga essere indirizzato.
Quando cerca di comandare lui in famiglia lo fa solo perché nella sua mente, anzi proprio nel suo DNA, c’è la certezza assoluta che un branco senza una guida decisa ed affidabile sia destinato a morire: quindi, se il suo umano di riferimento risulta carente nelle doti necessarie per impersonare questa figura-guida, tenta di ricoprire lui stesso il ruolo vacante.
Il cane aggressivo verso gli altri cani, nove volte su dieci, è semplicemente un cane insicuro: attacca sperando così di non essere attaccato (lo dimostra il fatto che moltissimi cani, quando sono liberi dal guinzaglio, diventano amichevoli con tutti. E’ l’impossibilità di fuggire che li rende aggressivi, esattamente come avviene con i cani a catena).
Il cane al guinzaglio, quando vede un altro cane, pensa: “Oddio, sarà pericoloso? E questo qua (l’umano) sarà in grado di difendermi, nel caso lo fosse? Mi sa di no, questo è capace solo di sfoderare coccole e bocconcini… sarà meglio che metta le zampe avanti e faccia capire IO all’altro cane che sono una belva ferocissima e che è meglio che mi stia lontano”.
Tra le altre cose, l’altro cane magari raccoglierebbe volentieri il messaggio e se ne andrebbe altrove: solo che pure lui è al guinzaglio, quindi impossibilitato a scegliere la fuga. E così, a volte (specie quando gli umani sono così ottusi da infischiarsene dei messaggi che si stanno mandando i loro cani), si arriva alla rissa.
Quand’è che un cane, invece, approccia i suoi simili con serenità?
a) quando è molto sicuro di sè stesso
b) quando è sicuro di essere protetto dal suo umano
Ovviamente, più il cane è psicologicamente fragile (vedi cani di piccola/piccolissima taglia, cani ipersensibili per razza, cani dal passato difficile e traumatico, eccetera), più importante diventerà il punto b).
Se si ottiene il risultato b), il cane NON prenderà decisioni in proprio e non farà cose sgradite e/o pericolose.
Ma il risultato b) non è che caschi dal cielo: bisogna lavorare per ottenerlo.
E se è molto facile, per ovvi motivi, ottenerlo con un cucciolo, le cose si complicano parecchio quando abbiamo a che fare con un adulto che:
a) ragiona e giudica, avendoci già messo più volte alla prova (quindi è perfettamente in grado di capire i nostri limiti, e diventa sempre più difficile convincerlo che si è sbagliato e che non siamo poi così p***a come crede lui);
b) sa già di essere fisicamente più forte di noi – specie se non è proprio un bruscolino di cane;
c) ha ormai acquisito e fissato comportamenti che gli hanno portato vantaggio (per esempio, nel caso del cane aggressivo, è sempre riuscito a mettere in fuga l’avversario, cane o umano che fosse): quindi non vede alcun motivo valido per cambiare il suo atteggiamento.
I casi in cui ci si può ritrovare a dover prendere in esame la forza fisica nei confronti del cane sono sostanzialmente due:
a) quello in cui abbiamo trascurato la nostra immagine di “leader” nei confronti del cucciolo;
b) quello in cui abbiamo adottato un cane adulto che già presentava problemi.
Il fatto che gran parte della cinofilia new age, che spesso basa i propri assunti sul semplice desiderio di far colpo sulle Sciuremarie predicando una gentilezza fine a se stessa, slegata da qualsiasi cognizione etologica (o, peggio, legata a studi di ricercatori che hanno mal interpretato e talora volutamente falsato i risultati dei propri studi per adeguarli alla “moda” gentilista), finisca per far perdere ai proprietari di cani un sacco di tempo prezioso (e, nel caso dei cuccioli, il periodo più prezioso in assoluto, che è quello dell’ordinamento gerarchico) tentando strade che non danno in alcun modo al cane di sentirsi davvero al sicuro (priorità assoluta nella sua vita), ma che lo fanno sentire soltanto coccolato, viziato, rimpinzato di bocconcini e così via: tutte cose di cui al cane non frega assolutamente nulla. O meglio, gli fanno chiaramente piacere, così come a un bambino farebbe sicuramente piacere avere dei genitori che non fanno altro che acconsentire a tutte le sue richieste… ma non lo aiutano a crescere.
La differenza sta nel fatto che il bambino, per diventare un uomo consapevole e maturo, deve essere gradualmente responsabilizzato: ma il cane NO, perché il cane “cresce” solo fino a un certo punto. Come è stato più volte ribadito, il cane adulto ha una mente paragonabile a quella di un bimbo umano di 3-4 anni, al quale non si può chiedere di assumere alcuna responsabilità, specie in una società che non è la sua e che non sarà mai in grado di comprendere fino in fondo.
La cinofilia new age: mette il buonismo a tacere i sensi di colpa, l’idea di “amare” e soprattutto di “trattare” il cane “come un figlio” tacita le coscienze di chi, sotto sotto, si rende ben conto che il labrador da divano o il border da parchetto non saranno mai cani davvero felici e completi. Però l’idea di dar loro tanto ammmmore, così come quella di insegnar loro ad autogestirsi, autocontrollarsi, auto-tutto quello che non troviamo il tempo di fare noi, suona molto meglio dell’idea di non occuparci abbastanza dei nostri cani, o di non farlo nel modo giusto. Quando si tratta di scegliere tra una vita serena e una vita di m***a per cane e umano, si può accettare anche un calcio nel sedere: ma il punto resta un altro, e cioè resta il fatto che a quel calcio nel sedere non si dovrebbe mai arrivare se il rapporto con quel cane fosse stato impostato fin dall’inizio in modo diverso. In quale modo? NON responsabilizzando il cane, anzi de-responsabilizzandolo quando pensa di dover essere lui a prendere decisioni, ed accettando la cruda verità, ovvero il fatto che possedere, gestire, amare un cane è una precisa responsabilità nostra, non sua.
Perché è inutile svuotare i canili e riempire le case di cani che rendono la vita impossibile ai loro proprietari: ma soprattutto è un vero affronto alla cinofilia proporre metodi educativi che portino proprio a queste vite impossibili, solo perché è tanto trendy far credere alla gente che “basti l’ammmore”, o che il cane sia in grado di amministrare un condominio, o che debba essere “libero” di fare il comodaccio suo in ogni circostanza.
Perché purtroppo, prima o poi, il comodaccio suo si scontra sempre col nostro: e allora arrivano gli abbandoni, gli psicofarmaci e le soppressioni, e soprattutto perché, 99 volte su cento, erano evitabili.
E lo erano senza alcun bisogno di fare i Cesar Millan, i coercitivi o i padri-padroni: bastava essere proprietari responsabili, impegnarsi un po’ e cercare di capire di cosa ha davvero bisogno un cane.
In foto Rudy e Fatal