Batti5

Batti5 Progetto educativo con i cani di canile per favorire e facilitare la loro adozione.
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Un'altra adozione favolosa: Zara passerà tra poco la sua seconda notte a casa. E io mi emoziono a pensarla lì, su quel d...
27/11/2023

Un'altra adozione favolosa: Zara passerà tra poco la sua seconda notte a casa. E io mi emoziono a pensarla lì, su quel divano che ha fatto suo dal primo giorno di inserimento. Eravamo (e siamo ancora) proprio amiche, io e lei. Ha passato molto, troppo tempo in canile ma ha sempre saputo essere generosa e affettuosa anche se a tratti poteva essere ostinata e inflessibile. Adesso ha un branco fantastico tuo suo, fratellone peloso compreso. Buona vita, amica mia, ci vediamo a passeggio nei boschi:-) Un grazie enorme a chi ha deciso di cercare un nuovo membro della famiglia in canile e non su Internet: ve lo garantisco, avete proprio trovato un tesoro!

Attenzione.
25/08/2023

Attenzione.

In uno studio del 2018, pubblicato su Journal of Veterinary Behavior, “Barriers to the adoption of humane dog training methods”,
Todd si interroga sulle cause che ostacolano l’utilizzo di metodi “umani” nell’ addestramento/educazione dei cani.

Todd osserva che, nonostante l’uso di metodi avversivi sia un problema per il benessere degli animali, la maggior parte dei proprietari di cani continui ad utilizzare punizioni e rinforzi negativi nell’addestramento/educazione.

Nello studio emerge che nel 2015 in Italia ben il 55% delle persone intervistate, dichiara di ricorrere al fai da te.
Di questi il 13% vanno ad intuito ed il 42% prende le informazioni sul web, dalla tv o in qualche libro.

Una cosa del genere succede negli Stati Uniti, dove le persone che hanno cani con problemi di comportamento ricorrono molto frequentemente al fai da te.
I consigli recuperati con il fai da te, vanno dall’uso di collari a strozzo e con le punte, al forzare il cane a terra usando il guinzaglio, insegnare il “guardami”.

Quello che salta fuori è che, se anche i proprietari di cani decidono di consultare un libro, i libri più popolari di training contengono informazioni non corrette e che la personalità dei proprietari può influenzare la scelta sul tipo di metodo.

In conclusione quello che ostacola la diffusione presso i proprietari di cani di metodi "umani", oltre alle loro scarse competenze tecniche, sono: il fai da te, la qualità scarsa delle informazioni nei libri (web) popolari, la mancanza di regolamentazione della figura dell' educatore, addestratore e il continuo uso di tecniche avversive da parte di trainer.

Queste sono tutte cose che noi Educatori/Istruttori purtroppo sappiamo bene per esperienza.

Le persone, anche con le migliori intenzioni, prendono le loro informazioni su TikTok, Youtube, serie di tv, da pagine web. Il problema del reperimento delle informazioni è davvero serio, perché, se è vero che poter cercare le informazioni direttamente senza intermediari ci da accesso ad un’infinità di materiale, è pur vero che, proprio per questo, bisogna cominciare a sviluppare uno spirito critico e vagliare bene le fonti.

Oggi chiunque, può svegliarsi la mattina e mettersi a produrre tutorial, video, scrivere un libro e non è facile poi per le persone scremare le informazioni corrette da stupidaggini, leggende e falsi miti.

La cosa non sarebbe così grave, se non fosse che, proprio come emerge dallo studio di Todd, le informazioni e i consigli che trovate in rete sono per gran parte non corretti e basati su approcci punitivi.
Per cui il rischio di fare danni anche importanti affidandovi a quello che trovate in rete è davvero consistente.

Il consiglio quindi è di non prendere mai per oro colato quello che leggete o vedete, nemmeno se la pagina dove lo vedete ha una quantità di follower (che sono solo proprietari proprio come voi, con le vostre stesse conoscenze).

Cominciate a farvi domande su ogni singola affermazione che leggete. Non date per scontato niente. Guardate alla sostanza e ricordate che il dubbio e la curiosità sono alla base della conoscenza e che la realtà è complessa, per cui tutte le regolette facili, i consigli detto fatto, 9 su 10 sono bufale.

Quello che cercheremo di fare insieme è di allenare la nostra capacità di osservazione, il nostro spirito critico.

Vedremo come sia possibile vivere, educare, anche allenare un cane, senza uno straccio di violenza e come questo non solo sia possibile, non solo sia l’unica via eticamente accettabile, ma sia anche quello che decisamente vi conviene fare, perché da risultati giganteschi e duraturi.

25/08/2023

In uno studio del 2018, pubblicato su Journal of Veterinary Behavior, “Barriers to the adoption of humane dog training methods”,
Todd si interroga sulle cause che ostacolano l’utilizzo di metodi “umani” nell’ addestramento/educazione dei cani.

Todd osserva che, nonostante l’uso di metodi avversivi sia un problema per il benessere degli animali, la maggior parte dei proprietari di cani continui ad utilizzare punizioni e rinforzi negativi nell’addestramento/educazione.

Nello studio emerge che nel 2015 in Italia ben il 55% delle persone intervistate, dichiara di ricorrere al fai da te.
Di questi il 13% vanno ad intuito ed il 42% prende le informazioni sul web, dalla tv o in qualche libro.

Una cosa del genere succede negli Stati Uniti, dove le persone che hanno cani con problemi di comportamento ricorrono molto frequentemente al fai da te.
I consigli recuperati con il fai da te, vanno dall’uso di collari a strozzo e con le punte, al forzare il cane a terra usando il guinzaglio, insegnare il “guardami”.

Quello che salta fuori è che, se anche i proprietari di cani decidono di consultare un libro, i libri più popolari di training contengono informazioni non corrette e che la personalità dei proprietari può influenzare la scelta sul tipo di metodo.

In conclusione quello che ostacola la diffusione presso i proprietari di cani di metodi "umani", oltre alle loro scarse competenze tecniche, sono: il fai da te, la qualità scarsa delle informazioni nei libri (web) popolari, la mancanza di regolamentazione della figura dell' educatore, addestratore e il continuo uso di tecniche avversive da parte di trainer.

Queste sono tutte cose che noi Educatori/Istruttori purtroppo sappiamo bene per esperienza.

Le persone, anche con le migliori intenzioni, prendono le loro informazioni su TikTok, Youtube, serie di tv, da pagine web. Il problema del reperimento delle informazioni è davvero serio, perché, se è vero che poter cercare le informazioni direttamente senza intermediari ci da accesso ad un’infinità di materiale, è pur vero che, proprio per questo, bisogna cominciare a sviluppare uno spirito critico e vagliare bene le fonti.

Oggi chiunque, può svegliarsi la mattina e mettersi a produrre tutorial, video, scrivere un libro e non è facile poi per le persone scremare le informazioni corrette da stupidaggini, leggende e falsi miti.

La cosa non sarebbe così grave, se non fosse che, proprio come emerge dallo studio di Todd, le informazioni e i consigli che trovate in rete sono per gran parte non corretti e basati su approcci punitivi.
Per cui il rischio di fare danni anche importanti affidandovi a quello che trovate in rete è davvero consistente.

Il consiglio quindi è di non prendere mai per oro colato quello che leggete o vedete, nemmeno se la pagina dove lo vedete ha una quantità di follower (che sono solo proprietari proprio come voi, con le vostre stesse conoscenze).

Cominciate a farvi domande su ogni singola affermazione che leggete. Non date per scontato niente. Guardate alla sostanza e ricordate che il dubbio e la curiosità sono alla base della conoscenza e che la realtà è complessa, per cui tutte le regolette facili, i consigli detto fatto, 9 su 10 sono bufale.

Quello che cercheremo di fare insieme è di allenare la nostra capacità di osservazione, il nostro spirito critico.

Vedremo come sia possibile vivere, educare, anche allenare un cane, senza uno straccio di violenza e come questo non solo sia possibile, non solo sia l’unica via eticamente accettabile, ma sia anche quello che decisamente vi conviene fare, perché da risultati giganteschi e duraturi.

10/07/2023
20/04/2023

È veramente bravo.

Prince è a casa! Da oggi il nostro piccolo diavolo scatenerà l'inferno a casa di una famiglia favolosa che lo ha scelto,...
11/03/2023

Prince è a casa! Da oggi il nostro piccolo diavolo scatenerà l'inferno a casa di una famiglia favolosa che lo ha scelto, anche se diversamente giovane e diversamente tranquillo!! Evvai Prince!!

Prova macchina superata. Ora andiamo a fare una prova famiglia:-) Forza Prince!
19/02/2023

Prova macchina superata. Ora andiamo a fare una prova famiglia:-) Forza Prince!

30/12/2022

Sapevatelo!

Meglio saperlo.
30/09/2022

Meglio saperlo.

La grande BUFALA dei simil golden e simil labrador!

La più grande balla che chi legge i vari appelli di cani in cerca di casa può notare di continuo, è quella dei cani spacciati per incroci di golden e labrador.

È bene che sappiate da subito, che questi cani del retriever non hanno neanche le unghie🤦🏼‍♀️ rido per non piangere, perché da piangere ce ne sarebbe, e tanto!!!

Quando poi questi cani raggiungono le famiglie si avrà a che fare ben presto con un soggetto tutt'altro che retriever, un cane inerme che spesso non si muove da un angolo della casa, che non si fa toccare o resta totalmente paralizzato se lo si tocca, che non tollererà il guinzaglio, che avrà paura di uscire di casa, di stare in luoghi con persone o troppi rumori, che non vorrà mangiare se non di notte.....e così via.
Questi cani infatti non sono cani che dovrebbero vivere dentro una casa, in luoghi dove ci sono solo umani e nessun altro cane, che faranno fatica ad adattarsi..
Per lo meno vanno compresi e aiutati ad adattarsi nel migliore dei modi (perché non hanno alternativa) a vivere con voi.
La maggior parte sono cani derivati pastore, per lo più maremmani, gli altri sono cani bianchi a pelo corto (i simil labrador 🤦🏼‍♀️) i classici cani vaganti del sud insomma.

Se davvero si vuole che il marcio nel volontariato sparisca penso che sia più produttivo informare l'adottante, che reso informato, potrà fare le scelte con consapevolezza e con rispetto.
Dalla pagina Cane di canile chi sei?

Buone notizie: diffondiamo!
02/09/2022

Buone notizie: diffondiamo!

Da leggere e rileggere.
23/08/2022

Da leggere e rileggere.

Studio interessante ed originale condotto dai ricercatori veterinari dell’Università di Bari in collaborazione con degli psicologi e finalizzato ad esplorare le motivazioni che spingono i volontari a prendersi cura dei cani di canile e di quelli randagi che vivono in Puglia. E’ ragionevole ritenere che, in molti casi, il comportamento prosociale esibito dai volontari sia motivato dall’empatia, intesa come capacità di comprendere i bisogni dell’altro, e che sia quindi funzionale allo scopo di migliorare il benessere dei cani. Tuttavia, in altri casi, un comportamento apparentemente prosociale potrebbe essere primariamente causato dalla necessità di soddisfare i bisogni della persona che lo esegue, e ciò potrebbe ostacolare il raggiungimento di una autentica comprensione dei reali bisogni del cane, e concretizzarsi, quindi, in un intervento disfunzionale. Partendo da queste premesse, gli autori della ricerca hanno studiato le caratteristiche psicologiche di un campione di 122 volontari, utilizzando tre diversi tipi di questionari, ed hanno riscontrato l’attivazione dei cosiddetti “schemi maladattativi precoci” (come quelli legati all’abbandono, alla sfiducia e alla grandiosità) in una percentuale non trascurabile di soggetti. Tali schemi maladattativi sono insiemi di ricordi, emozioni, pensieri e sensazioni che insorgono durante l’infanzia e/o l’adolescenza degli individui e che influenzano il loro comportamento anche durante la vita adulta. Nello specifico, gli autori dello studio ipotizzano che l’attivazione di questi schemi maladattativi potrebbe indurre alcuni volontari a compiere degli interventi disfunzionali come quelli che conducono alla cattura e rimozione dal territorio di cani non socializzati con gli esseri umani e/o, più in generale, ad adozioni di cani effettuate in una maniera troppo frettolosa e superficiale. Ad esempio, l’attivazione dello schema dell’abbandono (e quindi la paura dell’abbandono) potrebbe indurre alcune persone ad assumere atteggiamenti iperprotettivi nei confronti dei cani liberi e a sopravvalutare i pericoli ai quali essi sono esposti sul territorio con conseguente cattura dei cani stessi e riduzione del loro benessere a causa della perdita della libertà e dei legami sociali con i membri del loro branco. Inoltre, l’attivazione dello schema della sfiducia (e, quindi, la paura di essere ingannati) potrebbe ridurre la tendenza dei volontari a collaborare con i professionisti che si occupano del benessere dei cani con conseguenze negative per lo stesso. Infine, l’attivazione dello schema della grandiosità (associato a sentimenti di superiorità) potrebbe indurre alcune persone ad utilizzare i cani come mezzo per esercitare il proprio controllo sugli altri conducendo ad un numero eccessivo di “salvataggi” e di adozioni “frettolose” con bassa probabilità di successo. Un altro risultato interessante emerso da questo studio è l’associazione statisticamente significativa tra l’attivazione dei suddetti schemi maladattativi e la presenza di “inflessibilità psicologica” (la tendenza ad assumere posizioni rigide di fronte agli eventi) e di “credenze irrazionali” nei volontari che hanno preso parte allo studio. Tuttavia, sia l’inflessibilità psicologica che le credenze irrazionali (misurate con specifici tests) si sono significativamente ridotte nei volontari che si sono sottoposti a specifiche sessioni di terapia cognitiva e a un corso di formazione sulle esigenze etologiche e sul benessere del cane. Ovviamente si tratta di uno studio pilota che, spero, costituisca una buona base di partenza per aprire nuove linee di ricerca. Queste ricerche potrebbero essere utili allo scopo di sviluppare specifici programmi di educazione e formazione rivolti ai volontari che desiderano occuparsi del benessere dei cani. A tale scopo, sarà importante dimostrare l’esistenza di una effettiva relazione di causa-effetto tra schemi disfunzionali e comportamenti disfunzionali che compromettono il benessere dei cani. Personalmente, accolgo molto volentieri studi multidisciplinari e innovativi come questo che sottolineano l’importanza della conservazione dei cani che vivono liberi sul territorio.

Grazie per la traduzione al dottor Bonanni.

⤵️ Qui trovate il testo completo.

https://www.mdpi.com/2306-7381/9/3/145/htm

08/08/2022
No, ma non gli fa mica male..
03/08/2022

No, ma non gli fa mica male..

Già già.
05/07/2022

Già già.

A different view

📸: drawtism

27/06/2022
Ciccio cerca casa, anzi cerca una persona a cui legarsi.Questo pastorello del sud di circa 6 anni ha bisogno di una figu...
11/05/2022

Ciccio cerca casa, anzi cerca una persona a cui legarsi.
Questo pastorello del sud di circa 6 anni ha bisogno di una figura di riferimento che lo comprenda e lo guidi.
Ora vive a Milano ma il centro città non va bene per lui, soprattutto perché ha paura dei botti.
Per il resto, è abituato alla casa, va benissimo al guinzaglio e in passeggiata. È un cane molto sensibile che, con il tempo e i giusti riferimenti, diventerà un cane solido e affidabile. Ciccio sa ascoltare e prendere indicazioni e potrebbe trarre giovamento dalla presenza di un cane femmina che lo aiuti a orientarsi nel mondo. Si cerca adozione urgente.
Per info, contatto whatsapp 3356016663

ADOZIONE URGENTE:Ciccio cerca casa, anzi cerca una persona a cui legarsi.Questo pastorello del sud di circa 6 anni ha bi...
11/05/2022

ADOZIONE URGENTE:
Ciccio cerca casa, anzi cerca una persona a cui legarsi.
Questo pastorello del sud di circa 6 anni ha bisogno di una figura di riferimento che lo comprenda e lo guidi.
Ora vive a Milano ma il centro città non va bene per lui, soprattutto perché ha paura dei botti.
Per il resto, è abituato alla casa, va benissimo al guinzaglio e in passeggiata. È un cane molto sensibile che, con il tempo e i giusti riferimenti, diventerà un cane solido e affidabile. Ciccio sa ascoltare e prendere indicazioni e potrebbe trarre giovamento dalla presenza di un cane femmina che lo aiuti a orientarsi nel mondo. Si cerca adozione urgente.
Per info, contatto whatsapp: 3356016663

Ancora non ci credo, ma Stella è andata a casa. Dopo 5 anni faticosissimi per lei, Stella ora ha il suo umano. Ed io non...
27/04/2022

Ancora non ci credo, ma Stella è andata a casa. Dopo 5 anni faticosissimi per lei, Stella ora ha il suo umano. Ed io non la sentirò più ululare per chiamarmi disperata ogni volta che metto piede in canile. Vai, Stella, fai una buona vita, te la meriti tutta!!

28/03/2022
09/06/2021

Ma il tuo è Alfa?

Sono ormai anni che la teoria del lupo ‘alfa’ è stata scientificamente screditata, anche da chi per primo ne aveva parlato.
Eppure l’uomo non vuole crederci. Magari c’è stata poca divulgazione di queste ultime argomentazioni ma quello che mi preoccupa è l’indignazione: le persone si sentono offese, indignate e diventano aggressive al sentirsi dire che quella storia dell’alfa non è proprio così.
Ma perché? Possibile che sia più confortante credere a lotte atroci per il dominio che non all’equilibrio e alla fiducia basate semplicemente su un sistema famiglia?
Perché è preferibile un lupo che uccide per il trono a un padre che si prende cura della sua famiglia?

E non comincio neanche a parlare di quelli che entrano in area cani tutti tronfi perché son convinti di avere un cane alfa. Che magari è solo uno che non vorrebbe proprio essere lì.

"Coming Out" di David Mech sulla teoria "Alpha"
di L. David Mech
L’aggettivo “alfa” o “dominante”, riferito ai lupi, ha una lunga storia alle spalle. Per molti anni libri e articoli sui lupi hanno parlato di maschio e femmina alfa, o della coppia alfa. In saggi meno specialistici il termine è ancora tuttora in uso. Comunque, acuti osservatori hanno notato un ribasso di questo trend negli ultimi anni. Per esempio, in un lungo articolo sull’accoppiamento dei lupi, diciannove importanti biologi, sia europei sia americani, non hanno mai usato il termine “alfa”. L’articolo, intitolato “The Effects of Breeder Loss on Wolves” (Gli effetti della perdita di esemplari riproduttori sui lupi) fu pubblicato nel 2008 in un inserto del Journal of Wildlife Management. Nel libro di 448 pagine pubblicato nel 2003 da Luigi Boitani e dal sottoscritto, “Wolves: Behavior, Ecology and Conservation” (Lupi: comportamento, ecologia e conservazione), scritto da ventitré autori, la parola “alfa” compare solo sei volte, e solo per spiegare il motivo per cui il termine è obsoleto. Che cosa significa tutto ciò? Questo mutamento della terminologia riflette un importante cambiamento nel modo di pensare riguardo ai comportamenti sociali del lupo. Piuttosto che ritenere un branco di lupi un gruppo di animali organizzati, con un esemplare (o una coppia maschio-femmina) che lotta per divenire “capobranco”, la scienza è giunta alla conclusione che la maggiore parte dei branchi dei lupi non è nient’altro che nuclei familiari, formatisi esattamente come le famiglie umane. Ovvero, lupi adulti di entrambi i sessi, provenienti da diversi branchi dispersi, girovagano finché non si trovano l’un l’altro; in un’area priva di altri lupi e con prede adatte, si corteggiano, si accoppiano e generano i loro cuccioli.
A volte, questo processo …
coinvolge solamente un maschio maturo che corteggia una femmina di un branco limitrofo, in seguito la coppia si stabilirà in un territorio adiacente a quelli dei branchi d’origine. In popolazioni più numerose, questo potrebbe voler dire vagare per molte miglia fino ai limiti del loro habitat e lì trovare compagni dispersi in maniera simile. Questo è il processo che permette a una crescente popolazione di lupi di espandere il proprio territorio. Un buon esempio è la popolazione di lupi perennemente in crescita del Wisconsin. In questo caso, non solo il gruppo principale di lupi situato nella parte più a nord dello stato continua a popolare i territori settentrionali con nuovi branchi, ma è arrivato anche a formare un secondo gruppo nella zona centrale dello stato attraverso la dispersione e la proliferazione di branchi. Al momento circa diciotto branchi vivono nel Wisconsin centrale. Ma torniamo alla famiglia. Come quella originale, nuove coppie di lupi crescono i loro cuccioli, li nutrono e se ne prendono cura come ogni altro animale si prende cura della propria prole. Quando i cuccioli crescono, i loro genitori spontaneamente guidano i loro primi passi, e i cuccioli a loro volta li seguono spontaneamente. Durante l’autunno, quando iniziano ad accompagnare i loro genitori lontano dalla tana e a girovagare nel territorio, i cuccioli seguono gli adulti e imparano a cavarsela da soli. A questo punto i genitori diventano automaticamente “capobranco”, in quanto sono responsabili dei cuccioli. Questo ruolo di leadership, in ogni caso, non consiste nella lotta per il controllo del branco, perché, come in una famiglia umana, i più giovani seguono in maniera spontanea la guida dei loro genitori. Certamente, non appena i cuccioli crescono ulteriormente, iniziano a essere indipendenti, e tendono periodicamente ad allontanarsi per proprio conto dal branco, esplorando questo e quello lungo le tracce del branco.
Comunque, i genitori continuano rimanere alla guida del gruppo, dal momento che sono loro quelli che cacciano le prede, marcano il territorio, difendono le carcasse dallo sciacallaggio di altri animali o proteggono il gruppo da branchi limitrofi in cui potrebbero imbattersi. Una volta che i cuccioli sono cresciuti e hanno raggiunto un anno di età, i loro genitori generano una seconda cucciolata, cioè i fratellini e le sorelline della prima cucciolata. Di nuovo i genitori guidano la nuova cucciolata insieme con quella vecchia, rimanendo i leader del branco. I primogeniti, proprio come i fratelli o le sorelle maggiori in una famiglia umana, naturalmente controllano i secondogeniti: anche in questo caso non c’è una lotta generale per conquistare il controllo del branco, che anzi rimane nelle zampe dei genitori. Alcuni dei fratelli e alcune delle sorelle più grandi andranno per proprio conto tra il primo e il secondo anno di età in certe popolazioni, e in altre rimarranno nel branco fino al terzo anno d’età circa. In ogni caso, alla fine, la maggior parte si disperderà alla ricerca di un compagno per creare il proprio branco. Considerando in questo modo la genesi naturale dei branchi, non vi è più ragione nel considerare i lupi genitori come alfa di quanta ce ne sia nel riferirci ai genitori di una famiglia umana come “coppia alfa”. Così ci riferiremo a questi animali come maschio riproduttore e femmina riproduttrice, e come coppia riproduttrice o semplicemente genitori. Quindi, come ha potuto la scienza andare fuori strada, e chiamare per lungo tempo i lupi genitori “alfa”? La risposta si trova in un’interessante storia che illustra in maniera arguta come avvengono i progressi della scienza. Molti decenni fa, prima degli studi sui lupi nel loro habitat naturale, gli scienziati interessati ai comportamenti sociali negli animali credevano che il branco dei lupi fosse un raggruppamento casuale di lupi che si riunivano all’arrivo dell’inverno per meglio cacciare le prede più grosse. Così, per studiare i lupi nell’unico modo che conoscevano, questi studiosi prelevarono dei singoli esemplari da diversi zoo e li misero insieme in una specie di colonia in cattività. Quando si riunisce un gruppo casuale d’individui di qualsiasi specie, questi animali naturalmente lotteranno l’un l’altro e alla fine istituiranno un ordine gerarchico. (Questo è il tipico “ordine di beccata” descritto nei gallinacei.) In questo caso, è appropriato riferirsi all’animale nella posizione più alta come animale “alfa”, o “dominante”, dal momento che ha combattuto per guadagnare la propria posizione. Questo accadde anche con i lupi, quando riuniti artificialmente. Così, il maggiore comportamentista che ha studiato i lupi in cattività, Rudolph Schenkel, pubblicò una famosa monografia che descriveva come i lupi interagissero l’un l’altro in questo gruppo artificiale, sostenendo che nei branchi ci fossero un maschio e una femmina dominanti, chiamandoli “alfa”.
Questa classica monografia era la pietra miliare della letteratura comportamentista sui lupi disponibile alla fine degli anni ’60, quando redissi il mio libro The Wolf: Ecology and Behavior of an Endangered Species (Il lupo: ecologia e comportamento di una specie in pericolo d’estinzione). Questo libro è una sintesi della letteratura sui lupi disponibile ai tempi, quindi inclusi molti riferimenti agli studi di Schenken. Il libro fu scritto nel momento giusto, perché nessun’altra sintesi sui lupi era stata più pubblicata dal 1944, quindi il libro vendette bene. Fu per la prima volta pubblicato nel 1970, e ne fu stampata una seconda edizione nel 1981 ed è tuttora stampato. Più di 120.000 copie sono tuttora in circolazione. Molti altri autori hanno scritto i loro libri basandosi sulle informazioni contenute ne The Wolf, così diffondendo l’errato concetto di lupo alfa. Finalmente, alla fine degli anni Novanta, dopo aver vissuto per molte estati con un branco di lupi selvaggi su Ellesmer Island, vicino al Polo Nord, e aver visto di persona le interazioni tra i lupi e i loro cuccioli, decisi di correggere questa informazione errata. Tuttavia, fino allora sia i profani sia gli esperti avevano completamente adottato il concetto di dominanza e la sua terminologia. Sembrava che nessuno potesse parlare di branco senza menzionare il termine “alfa”. Molte persone mi avrebbero chiesto cosa rende un lupo dominante e che tipo di combattimento e competizione deve affrontare per raggiungere questo status. Così, nel 1999 pubblicai l’articolo “Alpha Status, Dominance, and Division of Labor in Wolf Packs” (Alfa status, dominanza, e divisione dei compiti nei branchi di lupi) sul Canadian Journal of Zoology correggendo ufficialmente l’errore ricorrente nella letteratura scientifica. Nel 2000 fece seguito “Leadership in Wolf, Canis Lupus, Packs” (Leadership nei branchi dei lupi, Canis Lupus) sul Canadian Field Naturalist, articolo con il quale approfondii il ruolo dei lupi genitori nell’ordine sociale del branco. In ogni caso, si dice che per una nuova disciplina ci vogliano circa venti anni per essere generalmente accettata, persino le innovazioni in campo medico. Molti miei colleghi accettarono la correzione, ma alcuni si correggevano all’improvviso mentre mi parlavano, altri sembravano totalmente dimentichi dell’argomento. E’ rincuorante invece vedere come le recenti pubblicazioni, come quelle citate nell’introduzione, abbiano adottato la corretta terminologia. La questione non è soltanto di correttezza semantica ma biologica: il termine che usiamo per i lupi riproduttori deve accuratamente indicare il ruolo biologico e sociale degli animali, e non un’errata convinzione. Questa questione è particolarmente confusa nel parco nazionale di Yellowstone, dove un gran numero di turisti può osservare i lupi, in compagnia di biologi e naturalisti. Dato che la popolazione di lupi in questione è stata ripopolata di recente e può godere di un’abbondanza di prede (dai 6.000 ai 12.000 wapiti, 4.000 bisonti e centinaia di cervi, antilocapre americane, pecore selvatiche, alci e altre prede), la struttura dei suoi branchi è più complessa che in altre popolazioni.
In questo caso, i giovani lupi lasciano il branco tra il secondo e il terzo anno d’età, invece che dal primo al secondo, così rendendo i branchi più numerosi e composti da un maggiore numero di esemplari maturi rispetto ad altre zone. In questi branchi si trovano sia la madre sia le figlie adulte, entrambe si accoppiano nell’arco dello stesso anno, le figlie di solito con maschi provenienti da altri branchi. Quando in un branco più di una partorisce, le femmine possono diventare competitive, in questo caso è appropriato riferirsi alla matriarca come femmina alfa e alle sue figlie come “beta”. Gli osservatori di Yellowstone usano comunemente questa terminologia, ma troppo spesso viene largamente applicata a tutti i lupi riproduttori, persino nei branchi in cui c’è un’unica coppia riproduttrice. Mentre non è sbagliato usare il termine alfa quando riferito a branchi con più riproduttori, in generale è preferibile usare termini meno connotati. Per esempio, si potrebbe chiamare la femmina capostipite “leader” o “matriarca” e le figlie adulte “seguaci” o “gregarie” (l’autore dell’articolo usa le parole la cui traduzione letterale in italiano è “dominante-subordinate”, tuttavia rimarrebbe la connotazione negativa che in tutto l’articolo si cerca di evitare e confutare). Oppure, nel caso si creasse una gerarchia, gli esemplari potrebbero essere chiamati esemplari di secondo, terzo (etc.) grado (o rango). Quest’approccio potrebbe ulteriormente riformare la terminologia sui lupi e rendere più accurata la percezione dell’animale da parte della scienza e del pubblico. Se tutto va bene, ci vorranno meno di venti anni perché il pubblico e i media adottino la corretta terminologia e così, una volta per tutte, cesserà la visione superata del branco come un gruppo aggressivo di lupi in continua competizione per aggiudicarsi la leadership.
L. David Mech è un ricercatore senior per la U.S. Geological Survey e fondatore e vice-presidente del Centro Internazionale del Lupo. Ha studiato per cinquanta anni i lupi, pubblicando molti libri e articoli sull’argomento.
Traduzione inglese-italiano: Laura Boari

http://scienze-naturali.it/ambiente-natura/zoologia/limportanza-della-famiglia-nei-lupi-le-bugie-sul-maschio-alpha

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