25/10/2022
È POSSIBILE “INSEGNARE” LA VIOLENZA AL CANE?
CIÒ CHE NOI POSSIAMO INSEGNARE AL CANE È LEGATO AL CONTESTO E AL
CONDIZIONAMENTO (ANCHE PER MIMESI, AD ESEMPIO). CIÒ CHE NOI POSSIAMO INSEGNARE AD UN BAMBINO, INVECE, PUÒ ANDARE OLTRE IL CONTESTO E ALLARGARSI A CONCETTI PIÙ “ASTRATTI”, CHE PREVEDONO UN’ELABORAZIONE “ALTA” E RAZIONALE”.
Eh niente… ci sono cascata di nuovo! Come sempre anche questo articolo non strapperà facili like acchiappa consensi, ma non potevo esimermi dal commentare i video sponsorizzati di questi professionisti cinofili.
Ne parlo qui 👇
Come ridicolizzare una professione storica in pochi semplici passi
Da qualche tempo a questa parte, gira in rete la sponsorizzazione di un video corso online per proprietari di cani consapevoli, o aspiranti tali, che desiderino approfondire la loro conoscenza, per gestire al meglio il proprio amico a quattro zampe. Fin qui nulla di strano, mi direte, se non fosse che pensare di poter approfondire al meglio la propria conoscenza cinofila con un video corso online mi sembri un po’ poco. Ma, vabbè, facciamo finta che questi aspiranti proprietari consapevoli siano ancora più consapevoli del fatto che, a sostengo di un video corso, ci dovrebbe essere poi tanta, ma tanta, pratica in campo e andiamo oltre.
Veniamo al dunque e quindi al video corso: la sponsorizzazione social consiste in tre o quattro video brevi, dove si alternano medici veterinari comportamentalisti ed educatori, ad anticiparci qualche pillola, in vista di ciò che si potrà approfondire nel corso.
Ho ascoltato attentamente le parti presentate dalle due dottoresse comportamentaliste. E, scusatemi davvero (non vorrei risultare irrispettosa, mia madre è un medico veterinario, figuriamoci se non ho il massimo rispetto per questa categoria) ma mi è venuto da ridere. Lo ammetto. Lo so, sembra brutto da dire. Ma mi è venuto da ridere. E qui di seguito vi spiego perché.
Nel primo video una dottoressa molto elegante e dalla dialettica piuttosto forbita, seduta dietro la sua scrivania (insomma molto diversa da quel brutto e rozzo addestratore vichingo di cui abbiamo parlato in un altro articolo) ci racconta una cosa: se noi abituiamo il nostro cucciolo alla violenza in casa, perché per educarlo “gli diamo le botte”, questi, quando diventerà adolescente e lo porteremo al parco, “andrà giù di pestoni” verso i suoi simili, perché penserà (cito testuali parole): “eh, me l’ha insegnato la mia mamma che si fa cosi (che si usa la violenza)”. Il tutto recitato con il tono in stile “maestrina dell’asilo” nell’atto di rimproverare i bimbi indisciplinati. E niente…non ce l’ho fatta e sono scoppiata a ridere. Perché?
Primo: perché non si può parlare di argomenti seri e professionali come il comportamento canino e fare le vocine. Davvero come se ci stessimo rapportando a dei bimbi che bisticciano in classe. A maggior ragione se siamo dei professionisti. Le vocine (che anch’io faccio ai miei cani) teniamole per il nostro privato e non per i momenti seri di divulgazione.
Secondo: partiamo dal presupposto che siamo tutti contrari all’educazione impartita tramite violenza (ho scritto proprio di recente un articolo sull’ abissale differenza che passa tra violenza e inibizione contentiva perciò vi rimando lì se per caso voleste approfondire). Possiamo quindi affermare, in questo senso, di essere d’accordo con la dottoressa e ripudiare l’utilizzo della violenza per educare. E allora dov’è il problema? Ve lo spiego.
Come potete pensare che un cucciolo, magari anche di una determinata razza, dotato naturalmente di aggressività e combattività, vada al parco e tiri giù “pestoni” agli altri cuccioli perché voi in casa gli avete insegnato la violenza? Caspiterina, non è un bambino (dotato di un altro tipo di sviluppo cognitivo) per cui, se respira violenza in casa e nessuno gli mostra un’alternativa più sana, allora potrebbe replicare quella stessa violenza fuori casa e riversarla magari sugli altri.
Il cane è diverso: se lo educhiamo con violenza è molto probabile che entri in conflitto con noi e risponda (per istinto di conservazione) con violenza nei nostri confronti. Proprio perché il cane fa associazioni immediate e legate al contesto e non è in grado di elaborare concetti in forma generalizzata. Della serie: a casa sono cattivi con me e quindi mi sento autorizzato ad esserlo anche io con gli altri. Questa è un’elaborazione UMANA. Il cane, al massimo, può rispondere con aggressività a chi usa violenza su di lui per difendersi e potrebbe, se regolarmente cresciuto a calcioni, avere delle risposte aggressive nei confronti dell’uomo in generale (che comincerebbe a leggere come un pericolo) sempre per difendersi. Oppure potrebbe avere comportamenti aggressivi (anche verso altri cani) come scarico di stress, se si tratta di un cane molto compresso. Ma, vi prego, non si può dare come spiegazione il fatto che “gli abbiate insegnato la violenza a casa”. Il rapporto che un cane ha con i suoi simili ha poco a che fare con il rapporto che lo lega all’uomo. Sono due cose diverse perché siamo due specie diverse e abbiamo due modi di comunicare diversi. Quell’Amstaff adolescente (ma anche Boxer o Rottwailer o giù di lì) che voi porterte al parco e manifesterà atteggiamenti di aggressività o dominanza verso gli altri, lo farà ugualmente anche se in casa lo avrete fatto vivere in un monastero Zen, seguendo le abitudini dei monaci tibetani e la filosofia Hippie. Perché queste doti le ha nel suo Dna.
Davvero si può credere che se insegno la benevolenza e la comprensione al mio cucciolo questo poi non proverà a dominare gli altri (sempre si tratti di un cane con questa memoria di razza)? Dai, per favore! Che si tratti di naturale propensione (doti genetiche) o qualche eccesso di queste (vedi eccesso di aggressività presente in un cucciolo) si tratta di risposte che gli adolescenti iniziano a sperimentare con i propri simili, a prescindere dal contesto in cui sono cresciuti. La differenza in questo senso la fa, ovviamente, il modo in cui noi proprietari riusciamo a gestirli ed educarli, soprattutto in questa fase delicata.
Ricapitolando: un cucciolo abituato alla violenza in casa potrà sviluppare comportamenti aggressivi, appresi come funzionali, nei confronti dell’uomo come difesa o nei confronti di altri cani come scarico di stress. Al di fuori di questi contesti, se manifesta tentativi di dominanza o aggressività al parco nei confronti “degli amichetti” non è perchè gli abbiate insegnato la violenza a casa (questo è un concetto troppo elaborato e proprio dell’uomo) ma perché sta manifestando le sue doti genetiche in modo corretto o, a volte, esasperato, se presenti squilibri. A quel punto se un proprietario consapevole ha ben educato il suo cucciolo e si mostra in grado di saperlo gestire, farà in modo che questa fase adolescenziale rientri senza grossi problemi e insegnerà al suo cane adulto come comportarsi nella società. Di certo non modificando il suo Dna.
Personalmente credo che affrontare un tema così etologicamente importante in questi termini, sia un po’ ridicolizzare una professione storica come quella dello studio del comportamento animale e uno svalutare le facoltà del cane, che in questo modo viene trattato come un bimbetto un po’ bullo che fa così perché a casa mamma e papà litigano troppo o sono stati troppo severi (tutto ciò anche grazie all’utilizzo di quelle meravigliose vocine di cui sopra, che esprimono il pensiero di Fido nell’atto di scusarsi per il suo comportamento poco carino mentre alza le zampine in segno di innocenza, affermando “me lo ha insegnato la mia mamma”).
Qui si sta parlando di comportamenti innati, doti genetiche strutturate e consolidate in secoli di selezione e studi, non dei bisticci dei bimbi all’asilo. Fermo restando che anche su questo tema i professionisti del settore della psicologia infantile sanno come approfondire in modo serio. Non è, infatti, l’argomento in sé, piuttosto il modo in cui viene trattato, affinchè si continui a vedere il cane, come un bimbetto da accudire e proteggere da qualunque stress. E questa modalità (strategica?) no, non posso aspettarmela da un professionista in camice bianco.
Il bello, però, è che non finisce qui: passiamo quindi, alla grandissima contraddizione che le due dottoresse hanno, involontariamente, messo in evidenza nel video corso.
Dopo aver appreso, infatti, come il mio cucciolo, se educato a pestoni, potrebbe diventare il bullo del parco perché glielo ha insegnato “mamma”, apprendiamo, dalla seconda dottoressa, che punire il mio cucciolo che ha fatto un bisognino in casa, sbattendogli il musetto sulla p**ì in un secondo momento, sia completamente inutile, poiché il cucciolo non capirà il nesso, non potendo fare un’associazione contestuale dell’accaduto.
Posto il fatto che io sia pienamente d’accordo con quest’ultima affermazione (è difficile pensare che un cucciolo punito a distanza riesca a comprendere l’errore, in più l’atto dello sb****re il musetto sulla p**ì rientra sempre in quella sfera di “punizioni” attive che non piacciono nemmeno a noi) ora spiegatemi come sia possibile far combaciare le tesi delle due dottoresse che operano, a quanto pare, in team.
Mi spiego meglio: quest’ultima ci dice che un cucciolo non potrà collegare una marachella a un atto punitivo arrivato a distanza (corretto) mentre la prima ci spiega che un cucciolo potrebbe elaborare un concetto “astratto” come la violenza e riproporlo a distanza, anche in contesti diversi (qui direi che non siamo proprio d’accordo).
Cioè, da una parte mi state dicendo che il cane non è in grado di fare elaborazioni cognitive “alte”, in quanto non comprende, se non nello stretto condizionamento del contesto e dall’altra, al contrario, mi dite che un cane è in grado di elaborare un vissuto e trasportarlo in altri ambiti, come “insegnamento appreso”. Caspita che confusione!
Come detto sopra, un cane che respira violenza, sarà “semplicemente” un cane stressato, che vive costantemente in stato di difesa attiva e, se mostrerà aggressività in eccesso, anche al di fuori del contesto “familiare”, lo farà per scarico o difesa, non perché avrà appreso il concetto di violenza, esattamente come il cucciolo del secondo esempio non collegherà il musetto sulla p**ì al non doverlo più fare, proprio perché ormai fuori contesto.
Ovvero il cane non “ricorda” in modo elaborato. Ma agisce nel presente, in risposta agli stimoli che arrivano. Vengo colto sul fatto, collego che la p**ì in casa è meglio non farla più. Oppure, vengo educato con violenza, risponderò con violenza laddove mi sentirò in pericolo o in compressione, non elaborerò un concetto di “dominanza” generalizzata in contesti diversi. Quella, piuttosto, sarà una naturale messa alla prova delle proprie doti, in una fase adolescenziale. Provate ad insegnare la “compassione” al vostro Amstaff di 7 mesi e vediamo se quando andrà al parco non proverà a prendere le misure con gli altri per, eventualmente, dominarli. E lo dico perché se fosse possibile insegnare la violenza, allora dovrebbe essere possibile insegnare anche la compassione, giusto?
Ora non si sta negando che un cane sottoposto costantemente a pressioni ed un’educazione violenta, possa mettere in atto comportamenti “eccessivi”, ma, come ribadito più volte, la frase incriminata, e per me errata, è: “me l’ha insegnato mamma”. Piuttosto potrebbe essere: “se educo un cane in modo inutilmente inibitorio, otterrò un cucciolo stressato e perennemente in difesa attiva e conflitto, il quale risponderà in modo eccessivo agli stimoli, oppure, se appartenente a determinate razze con una specifica memoria di razza, quando naturalmente (non perché glielo ha insegnato mamma) proverà a dominare i suoi simili per testare se stesso, lo farà, magari, in maniera eccessiva e sarà meno disponibile ad ascoltare le indicazioni del suo umano, con cui sarà in conflitto”.
Ciò che noi possiamo “insegnare” al cane è legato al contesto e al condizionamento (anche per mimesi ad esempio) il resto sono risposte che l’animale darà in base alle sue esperienze e al suo stato emotivo. Ciò che noi possiamo insegnare ad un bambino, invece, può andare oltre il contesto e allargarsi a concetti più “astratti”, che prevedono un’elaborazione “alta” e razionale.
Ecco credo che questa sia un’informazione più completa, lontana però da quei buonismi accattivanti e strappalacrime che acchiappano i like. Lontana da quel “povero cucciolo gli hanno insegnato la violenza a casa e adesso gira per il parco a fare il bullo, ha bisogno di aiuto”, ma piuttosto “guarda quel Boxer adolescente che sta iniziando a testare le sue doti di cane “combattente”. Forse però, si tratta di un soggetto stressato e in conflitto, non sa dosarsi!”. Si lo so, è molto meno ad effetto come spiegazione vero? Però, ahimè, più reale. Anche perché io non ho mai sentito qualcuno dire: “uh, guarda che bravo quel cane, come va a mettere pace fra i suoi simili, si vede che la mamma gli ha insegnato la benevolenza e la capacità di ascolto”. Se esistono i famosi cani “pacificatori” si tratta sempre di dinamiche di branco o di cani ben gestiti e rilassati che presentano, nel loro corredo genetico, questa attitudine, che potrà esprimersi al meglio anche grazie, ad esempio, ad una buona gestione familiare.
Adesso, scusatemi proprio, ma devo lasciarvi. Vado ad insegnare l’empatia ai miei cani.