29/10/2024
Un vero colpo di fortuna per questa micia🥰E' arrivata nella grande famiglia del Il Ventunesimo Gatto.
Questo era il suo post
https://www.facebook.com/9vitegattidipescara/posts/pfbid02bCvYdDtdBB7HaKzLUUvAYjvfaNx4MQTGJrvaCEvUCsiKyQB1BBMbRqySnWcTw1PHl
BENVENUTA ANDY ‼️
🥫Coatto, ti chiami così vero? Strano nome, devo dire, mi spiegherai poi come ci sei arrivato a meritartelo, tanto più che con me sei stato subito affabile e dai modi gentili. Forse anche perché io sono educatissima e poco invadente. Comunque, sei stato il primo ad accogliermi con gentilezza, quindi voglio dirti di me
👷 Ingegner Coatto Secondo, per l’esattezza!
🥫 Beh, insomma, Ingegnere, ok! La storia su di me raccontata dalla Zia Anna Poggia è proprio avventurosa e come tutte le storie che si rispettano è fatta di: situazione di equilibrio iniziale; rottura dell'equilibrio e peripezie dei personaggi
Se non l’hai letta (i coatti sanno leggere? Ah sì ma tu sei anche ingegnere!) te la ripropongo qui:
“C’era una volta un gentile signore che si chiamava Tom ed aveva un gatto di nome Bianchino. Ovviamente il suo mantello era candido come la neve. Un giorno Tom stava facendo la salsa di pomodoro e disgraziatamente ebbe un malore, p***e l'equilibrio e ciò fece cadere il pentolone. Nei pressi c'era Bianchino, la sua pelliccetta venne tutta macchiata dal pomodoro , ma al momento non vi badò, troppa era la sua preoccupazione per Tom, che purtroppo non si riprese mai più e morì. Bianchino, con il cuore lacerato, fu così costretto a cercarsi un'altra sistemazione. Cammina cammina arrivò al porto di New York e rincorrendo un topo salì su una grande nave in partenza per l'Italia. Si sistemò dentro ad uno scatolone che aveva contenuto la famosa zuppa Campbell, quell'odore gli ricordava tanto quello della casa di Tom e di come la loro vita fosse felice. Durante il viaggio, per ingannare il tempo, si impegnò tanto a lavarsi la pelliccetta, ma il rosso lasciato dalla salsa non ne volle sapere di andarsene. Così la grande nave approdò a Pescara e Bianchino iniziò la sua nuova vita di gatto di porto. Ma era dura, cibo poco e a volte niente e con la pancia vuota si trascinava a dormire dove capitava. La sua salute rapidamente peggiorò, dimagrì tanto che gli si contavano le costole. Ma una stella di nome Salvo guidò la sua strada e giunse così ad un paesello, davanti ad una cancellata e lì attese. Vedeva al di là tanti colleghi suoi ed una signora bionda sempre gentile e buona con loro. Ora è ancora là, ma sente che quel cancello molto presto si aprirà per lui.”
Come vedi (ma i coatti e gli ingegneri le sanno queste cose?), la struttura del racconto è in piena regola, manca però una parte delle peripezie e la fase dello scioglimento o conclusione che ripristina l’equilibrio iniziale.
E visto che nessun altro ha indovinato (come si potrebbe, del resto?), il finale te lo racconterò io, caro Coatto
👷Ti ascolto!
🥫Precisiamo intanto alcuni particolari. Bianchino era una Bianchina (che hai capito, era una gattina, non un’automobile del secolo scorso!). E poi le operazioni di pulizia sulla nave non sortirono esattamente un bel rosa acceso, ma piuttosto un rossiccio contaminato da polvere, catrame e ruggine che, non so se lo sai, sulle navi abbondano. E poi non è che quella stella che chiamate Salvo (un giorno mi spiegherai, mi hanno detto che eri un suo amico, poi non so perché si sarebbe trasformato in una stella!) mi abbia condotto proprio dritto dritto qua. Di mezzo c’era una corriera, strade di campagna, un camionista amante dell’arte moderna, un’altra signora bionda e un altro cancello. E tanta tanta fame.
Ma avviciniamoci alla risoluzione, mi sa che ti sto annoiando.
👷Non preoccuparti, vai avanti. Tanto non mi fanno uscire in Voliera, perché devo fare delle cure, quindi qui in cucina mi annoio!
🥫Va bene, continuo
Al porto non è che si stesse male, un pesciolino fresco quando rientravano i piccoli pescherecci al molo Nord lo rimediavi facilmente, le donne dei pescatori che allestivano le scafette per la vendita al mercatino hanno il cuore grande e facilmente fingevano che una cianchetta scivolasse tra le fessure delle cassette di polistirolo. Pure al bar del Quadrifoglio (è un complesso edilizio, non un fiorellino, ma ci sei mai stato a Pescara, tu?) qualche pezzetto di toast al prosciutto o mezzo supplì a volte si rimediava.
👷 No, a Pescara non ci sono mai stato. Sono nato e cresciuto nelle campagne angolane io!
🥫Cooosa? Vieni dall’Angola e non hai mai visto Pescara?
👷 Ma che Angola! Angolano=di Città Sant’Angelo. Vai avanti!
🥫 Ah, vai a capire dove hai studiato ingegneria, mah?! Comunque, andiamo avanti!
Insomma, certezze non ce n’erano, e questo languore di stomaco intermittente mi ha indotto a cercare nuovi orizzonti nutrizionali e ho pensato che fosse il momento di raggiungere le campagne aprutine, i marinai sulla nave parlavano sempre della proverbiale ospitalità di queste genti. Così ho colto la palla al balzo, ah no, ho colto al balzo un autobus diretto verso Penne, mi sono intrufolata fra i sedili posteriori e zitta zitta mi sono fatta trasferire nell’entroterra. A un certo punto la corriera si è fermata, l’autista ha annunciato “Quattro strade!” Mi è sembrato che un posto dove ci si può dirigere verso i quattro punti cardinali fosse un luogo pieno di prospettive e mi sono decisa a scendere. Siccome “go west” è un’esortazione che mi era parecchio familiare dalla mia prima vita americana, ho deciso di seguire la freccia verso un paesino chiamato Picciano.
👷 E non erano proverbialmente ospitali lì?
🥫Non saprei, non ho avuto modo di verificare
👷Come mai?
🥫Beh, la trasferta in autobus era stata lunga ed erano due giorni che non mangiavo, così ho pensato di fare una sosta a un McDonald lungo la via
👷McDonald? Ma vuoi scherzare? McDonald in località Quattrostrade? Sarà che voi americani ne avete uno ad ogni incrocio … A Quattrostrade che un rinomato ristorante con tutti i crismi, mi è giunta voce fin qui!
🥫Hai ragione, Ingegnere! Quello che ho incontrato non era un McDonald. Però una cosa americana ce l’avevano! Ho iniziato a rovistare fra i bidoni sul retro, e che cosa ti trovo fra resti di arrosto e avanzi di una strana pasta lunga lunga grossa grossa, a sort of big spaghetto esagerato?
👷Non dirmi, una lattina! Ristorante rinomato della tradizione abruzzese fa uso di cibo in scatola? Ma che dici? Che lattina era?
🥫Sì, una lattina di zuppa di pomodoro!
👷Aaahh, ho capito, la famosissima Campbell’s Soup concentrata. Una lattina iconica! 40€ al litro in Italia, l’eccellente passata di pomodoro abruzzese fatta dai contadini costa dieci volte meno. Ma non metto muso. Probabilmente in quel ristorante offrono agli amanti dell’arte una chicca storica!
🥫Storica? Tanto vecchia non doveva essere la zuppa, il fondo del barattolo era profumatissimo e mi ricordava la minestra che preparava il mio primo umano in America. Presa dalla fame a da una botta di nostalgia mi sono catapultata a leccarlo!
👷Buono? Appagata?
🥫Macché appagata! Un disastro!
👷Era guasta?
🥫Macché guasta, al gusto era buona come l’aroma prometteva! Ma …
👷Ma?
🥫Ma quando ho cercato di riti**re la testa, la testa non usciva!
👷 Oddio, ti si saranno gonfiate le ghiandole salivari e la testa ti si è ingrossata. E poi che hai fatto?
🥫Ho puntato le zampe posteriori contro il bidone della differenziata e ho cercato di ti**re all’indietro, ma niente. Mi sono sollevata e ho cercato di sb****re il barattolo (con tutta la testa) per terra. Niente. Ho cercato di correre ad altissima velocità a marcia indietro. Niente. Ho cominciato a scuotere la testa (con tutto il barattolo) a dritta e a manca. Niente. Ho cercato di miagolare più forte che potevo, ma niente, niente, niente. Il suono che emettevo era flebile e somigliava più al muggito di quelle scatole-giocattolo che quando le rovesci fanno il verso della mucca, hai presente? Figurati, in quei posti rurali chi ci faceva caso! Dopo ore e ore di vani tentativi l’angoscia claustrofobica mi ha sfinito. Tutto il mio corpo ha ceduto e mi sono accasciata sul ciglio della strada. Non so se ho dormito, se ero in coma, non so quante ore o forse giorni sono rimasta in quello stato …
👷E poi?
🥫 Poi a un tratto il rombo di un grosso motore mi ha svegliata. Spaventatissima, ho cercato di allontanarmi a marcia indietro dal bordo stradale, già mi immaginavo ridotta in due dimensioni con tanto di lattina.
👷O mammamia!
🥫Ecco invece che sento uno stridore di freni e subito dopo un vocione rauco e maschio che esclama: “Perbacco, un’opera d’arte sulla mia strada!” Poi evidentemente il proprietario della voce guarda meglio e si ravvede: “Macché opera d’arte! Non è una riproduzione del famoso *132 Campbell’s Soup cans*! Questo è il barattolo ispiratore. E ci sta pure attaccato il posteriore di un gatto!” Mentre mi batte forte forte il cuore, evidentemente mi si avvicina e capisce che “Ma è vivo! Il gatto è vivo!” Mi sento sollevare con delicatezza e “Vieni, povero micio. Non aver paura, ora ti carico sul mio camion e ti porto da un carrozziere qui vicino che conosco e vediamo di farti liberare!” Mi posa sul sedile e sfreccia col suo potente mezzo lungo la provinciale, non sono nelle condizioni di leggere il tachimetro, ma sono certa che supera di gran lunga i limiti di velocità. Arrivati all’officina mi deposita, credo, su un banco da lavoro e dopo pochi minuti sente scorrermi qualcosa di gelido e duro lungo la nuca e … zac! Con un taglio netto di una tranciatrice riconquisto la mia libertà. Non ti dico le fusa che ho fatto a quell’ormone dall’aria rude e i modi delicati! E pure al meccanico, giacché c’ero.
👷Uhm, libertà. Ma che ci facevi della libertà con lo stomaco vuoto? Come ci sei arrivata qua?
🥫L’ecomiabile camionista amante dell’arte e evidentemente ora anche amante degli animali si è rivolto a una Signora che conosceva a Picciano che si occupa di gatti di strada. La Signora ha seguito le procedure di legge (Dixie può confermartelo) e ha allertato i vigili urbani e mi ha condotto al canile sanitario di riferimento, perché dovevo essere rifocillata, controllata per le malattie e soprattutto sterilizzata.
👷Eh, ho capito, ma poi come mai non ti hanno rimessa sul territorio?
🥫Ecco, qui entra in gioco la signora bionda del racconto …
👷La nostra Zia?
🥫No, te l’ho detto che in questa storia di signore bionde c’è ne sono due!
👷Chi allora?
🥫Una bionda coi capelli corti, che da quello che ho capito è una bravissima signora che insieme ad altre gestisce su base volontaria un rifugio per gatti e si occupa dei gatti del territorio. Lei va spesso al canile per aiutare i mici ricoverati a trovare una sistemazione e mi aveva notato perché sono piccoletta, anzianotta (pare, non si sa per certo perché sono arrivata senza documenti), buona buona e soprattutto FIV positiva.
👷Ah, come me, come tanti qui!
🥫Appunto, non era una cosa buona rimandarmi per strada, soprattutto in vista dell’inverno, e lì non potevo restare. Oltretutto come dice la parola, il canile è pieno di cani che fanno un casino incredibile, poveracci, un frastuono infernale per noi gatti, da esaurimento nervoso.
👷E così?
🥫E così la signora bionda coi capelli corti ha chiamato la seconda signora bionda di questa storia, quella coi capelli lunghi …
👷La Zia nostra
🥫Sì, la Zia vostra, e ha chiesto se c’era un posticino per me. La Zia vostra deve averle detto che veramente il posticino non c’era, ma insomma… Insomma si è consultata con lo Zio vostro in un momento favorevole e …
👷E …?
🥫E sono venuti a prendermi al canile. Tutti e due, insieme alla Signora buona numero 1.
👷Gli Zii ora NOSTRI! In mezzo a tutto il frastuono dei cani, che hanno detto?
🥫Non hanno detto niente, ma erano visibilmente toccati. Sì, in mezzo a tutto quel vocio e cani grandi e piccoli, tutti aggrappati alle reti delle loro celle, tutti in cerca di una carezza …
👷Ora ho capito perché avevano gli occhi lucidi quando ti hanno portata a casa l’altro giorno. Pensavo fosse un momento di gioia, ma …
🥫Ma inevitabilmente il pensiero va a quelli rimasti indietro. Vale anche per me. Oltre a tanti cani, c’era la tricolore grassoccia, la tricolore smilza, il Tuxedo bianco e grigio, il nero o con la frattura del bacino ormai guarita …
👷Ma dimmi una cosa: è vera tutta questa tua storia?
🥫Boh, fai tu, Coà! Io te l’ho raccontata per filo e per segno.
👷Va bene, ci rifletterò. Intanto: BENVENUTA ANDY! Che farai ora?
🥫Mangio, no?! Non sono qui per quello?!
☺️🥫☺️🥫☺️🥫☺️🥫☺️🥫☺️🥫☺️🥫☺️🥫☺️
⚠️🥫♻️ ADDENDUM ♻️ 🥫 ⚠️
Io non so se la prima parte di questa storia sia reale, verosimile o inventata di sana pianta. Di sicuro posso dirvi che il finale è assolutamente così come l’ha raccontato Andy. E posso dirvi con altrettanta certezza che le lattine lasciate incustodite costituiscono un realissimo rischio per noi gatti. Anche mortale, se non intervengono tempestivamente accorti camionisti. Quindi smaltitele sempre in secchi della raccolta differenziata con chiusura sicura e prima di gettarle schiacciatele in modo che nessun animale possa infilarvi la testa!
Mi raccomando!
Vostra Claudia Tender da Arsita 🍉
Ministra della Salute