16/06/2024
Zero voti. Questo è il dato da cui partire per analizzare l’esperienza elettorale di Luca Mercalli, noto climatologo e divulgatore scientifico che, proprio dai dati, ricava quotidianamente le informazioni per elaborare studi o riflessioni.
Così è riuscito a fare anche in questa occasione, formulando un’analisi lucida di quella che, a uno sguardo distratto, potrebbe apparire come una schiacciante sconfitta.
“Per me non è un fallimento – ha commentato in un’intervista al Fatto Quotidiano – è un’indicazione importante su come la società considera questi temi e quanto sarà difficile in futuro uscire fuori dalla sacca di indifferenza ambientale nella quale ci siamo cacciati. Ma alla fine le elezioni più importanti le darà il clima, e quello non sarà votabile: quando avremo l’alluvione in casa, nessuno escluso, non ci saranno le urne a evitarla”.
Mercalli si era candidato come consigliere comunale nel comune di Usseaux, un piccolo comune di 180 abitanti sulle Alpi piemontesi, in provincia di Torino. Come da lui stesso evidenziato, la sua campagna elettorale si è focalizzata soprattutto sull’impatto che le trasformazioni climatiche possono provocare sui territori montani e sulle comunità che li abitano, e sulle soluzioni da adottare per provare ad affrontare la dinamica.
Una scelta importante, perché il tema dei cambiamenti climatici, come da anni invoca la scienza, dovrebbe essere messo al centro delle agende politiche. Tuttavia in alcune aree montane, ma non solo, fatica ad attecchire (come ormai la neve, verrebbe da aggiungere). D’altronde, quello nei confronti delle trasformazioni è un timore atavico, e i cambiamenti climatici richiedono inevitabilmente dei mutamenti comportamentali (soggettivi e collettivi) che spaventano, proiettando molti di noi nella logica del rifiuto. È forse proprio in questo scenario che si inserisce il magro raccolto di Mercalli.
Una delusione che, tuttavia, non sa di sorpresa per il climatologo: “Alla fine – prosegue nella stessa intervista – il risultato è coerente con il dato politico nazionale dove c’è una prevalenza dei voti di destra e il tema ambientale non è prioritario”.
A ben guardare, però, dai risultati delle Europee si intravvede un barlume di speranza sul fronte ambientale anche grazie a candidati che, negli ultimi mesi/anni hanno saputo inserire nei loro programmi anche dinamiche socio-ambientali che riguardano le Terre alte. Per fare un nome, è sufficiente pensare a Cristina Guarda (Avs) che è riuscita a ottenere oltre 32.000 preferenze, diverse delle quali provenienti da abitanti dei territori montani.
Altri volti giovani, che alle politiche ambientali hanno saputo unire uno sguardo sui territori montani, si sono distinti: pensiamo a Giovanni Mori (sempre Avs), per citare un altro nome, attivista capace di sfiorare le 20.000 preferenze, nonostante quella delle europee fosse una delle sue prime esperienze nel solco della politica.
Ovviamente le elezioni europee seguono traiettorie differenti rispetto a quelle comunali. Però ragazze e ragazzi giovani come Guarda e Mori, rappresentano un’eccezione importante; quell’eccezione che devia la corrente, aprendo così le porte a scenari alternativi in un presente decisamente plumbeo per l’azione climatica.
di Pietro Lacasella