26/10/2024
E' ormai il pomeriggio del sabato 19 ottobre e mia moglie ed io abbiamo deciso di concederci una serata in tranquillità, nella casa in collina, davanti al fuoco, per guardarci un film. E' un periodo complicato da un paio di mesi a questa parte e sentiamo proprio il bisogno di un momento di relax.
Le previsioni dal giorno prima non sono edificanti, e l'allerta rossa non è ancora stata declassificata. Piove, il Ravone ha ancora un paio di metri prima di arrivare allo sfioramento, quindi ci allontaniamo dalla Clinica per attuare il nostro progetto. L'idea è di ritornare la mattina dopo.
Arrivati in montagna, la pioggia intensifica ulteriormente. Accendo il camino e cerco di scegliere un film tranquillo, magari una commedia che non superi la classificazione 13+. L'idillio, però, dura poco. Il canale Whatsapp con cui il Comune di Bologna comunica aggiornamenti di pubblica utilità avvisa di un ordinanza di evacuazione per alcune strade in cui è necessario abbandonare i piani terra e recarsi ai piani superiori, nonché evitare in generale di muoversi. Aggrotto le sopracciglia ed emetto uno sbuffo: il Ravone ha raggiunto la soglia critica e il rischio esondazione è reale. Mi collego da remoto alla clinica (non mi muovo mai senza il Pc appresso) e sento telefonicamente i colleghi al lavoro: abbiamo in degenza diversi pazienti critici e continuano ad arrivare urgenze. Subito mi viene alla mente il ricordo della volta precedente in cui esondò il Ravone: evacuare la clinica fu complesso, faticoso e richiese tempo; tempo che adesso manca. Inoltre chiedere ai proprietari di mettersi in auto per ve**re a riprendersi gli animali per poi trasferirli presso altre strutture (ammesso di trovarne disponibili o senza criticità) significherebbe esporli ad un pericolo reale: ulteriori notizie nel frattempo raccontano di strade allagate mentre la pioggia continua a intensificare. Mi prendo alcuni minuti per decidere il da farsi: è troppo tardi per evacuare la clinica, ai pazienti non possono essere sospese le terapie e i proprietari non devono essere messi in pericolo, quindi decido che no, non si evacua. Nel frattempo vengo avvisato che manca l'energia elettrica e il generatore di emergenza si è avviato automaticamente a sostenere il gruppo di continuità: tutti gli apparati critici sono quindi regolarmente funzionanti (pompe da infusione, monitors, concentratori di ossigeno, rete dati, telefoni, campanello ecc..) Mi accordo con i colleghi sulle cose da fare nell'immediato, come portare nelle gabbie più in alto i pazienti, spegnere gli impianti non necessari e alcuni computers. Inoltre concordiamo di sconsigliare eventuali proprietari di recarsi in zona, visto che il Ravone rimane la nostra più grande preoccupazione.
Pare tutto sotto controllo, la procedura viene eseguita in modo rapido e preciso; forse, penso io, posso respirare un po'. Si tratta però di una sensazione che dura poco: su Facebook compare un video inquietante postato da un cittadino di via Brizio: il Ravone ha sfondato sotto al palazzo e inonda con la forza di uno tsunami la strada: fiumi di fango e acqua si spandono dove trovano spazio come lanciati da un pressione enorme e prendono l'unica via possibile: la Chiesa di San Paolo di Ravone appare per un attimo sullo sfondo e non è difficile immaginare cosa succederà a breve nelle vie e alle attività e abitazioni a valle dell'esondazione. Il progetto “relax” svanisce in un attimo: si chiude tutto e si torna in pista, non potendo certo lasciare da soli i colleghi in una simile situazione. L'idea di mettermi in strada non mi piace affatto: la pioggia, come se volesse dimostrare la propria potenza, si intensifica ulteriormente e i cartelli all'ingresso dell'autostrada annunciano tratti allagati. Procedo quindi con prudenza, limitando la velocità e facendo attenzione ai punti critici. Arrivati a Bologna, il passaggio sotto i ponti dell'asse attrezzato sono allagati, ma passando sul lato giusto la profondità è minore e riusciamo a oltrepassarli a bassa velocità senza problemi. A lato scorgo con la coda dell'occhio, nel buio, la sagoma di un'auto abbandonata, con l'acqua all'altezza dei finestrini: “brutto segno” penso tra me e me.
Arriviamo alla clinica attraversando un fiume di acqua e fango in via Vittorio Veneto, Asiago e Montello. Incredibilmente Montenero è ancora indenne, mentre da un rapido sopralluogo, Sabotino è allagata: la “schiena d'asino” della ciclabile ci sta ancora proteggendo dall'acqua e dal fango che hanno invaso la strada. In clinica decidiamo di mettere ulteriormente in protezione alcune attrezzature disarmando i magnetotermici. Il generatore eroga con rumorosa potenza i suoi 13 KiloWatt/ora, ma è ora di verificare quanto carburante rimane: è la prima volta in tanti anni che deve sostenere le apparecchiature per così tante ore. E' buio, uso la torcia del telefonino e osservo che serve un rabbocco. Ho a portata 2 taniche di riserva (non ricordo nemmeno quando le ho riempite), e le uso fino all'ultimo goccio di gasolio. Passiamo alcune ore nell'inutile tentativo di riposare, il ticchettio della pioggia è diventato un frastuono che copre appena il rumore del generatore. Alle 4 del mattino, visto che non riesco a rilassarmi, eseguo un sopralluogo per capire quanto carburante rimane. Detto, fatto, e mi trovo a cercare un distributore che non sia interessato dal blackout; le strade sono allagate e piene di fango, ci vuole attenzione, la visibilità è scarsa, ma la Jeep con le sue gomme All Terrain, fa il suo egregio lavoro. Al distributore mi sembra una situazione surreale: io, le mie due taniche, i guanti da lavoro ed il nulla e nessuno attorno, a parte l'acqua. Rabboccato il serbatoio del generatore, mi reco di nuovo in strada. All'inizio della via, inizia a tracimare acqua e fango. Ecco, ci siamo, penso, adesso inizia il peggio. Ma proprio mentre immagino già la clinica allagata, noto che l'acqua e il fango scorrono ai lati del marciapiedi senza superarli, anzi scivolando negli scoli fognari, che incredibilmente drenano ancora. A dieci metri dalla clinica, il rivolo quasi scompare, come lavato dalla pioggia che ancora batte forte. Tiro un sospiro di sollievo e resto di vedetta. Nel frattempo accade la ciliegina sulla torta, quasi a volere dare un tocco di ironia alla situazione: l'impianto di allarme dei vicini ha esaurito le batterie tampone e comincia a emettere una sorta di suoni di avviso ad impulsi che con il passare dei minuti diventa prima intenso e poi addirittura fastidioso. Se qualcuno fosse riuscito ad addormentarsi si sarebbe sicuramente svegliato. Infatti di lì a poco si ritrovano il padrone di casa e due dei vicini più prossimi in cima ad una scala nel tentativo di zittire il problema. Ci vorrà un'ora di lavoro per riuscirci, naturalmente sotto la pioggia battente e bagnati fradici. Intanto è mattina e la pioggia rallenta. Sembra dire che anche lei vuole una tregua, paga per come ha colpito il territorio. Rimangono il fango, la chiusura di due delle più importanti strade della città, i varchi presidiati dalla Polizia Locale, gli elicotteri, la stima dei danni, la Protezione Civile, i Vigili del Fuoco …..ma anche tanta solidarietà come dimostrano i tantissimi volontari al lavoro, sudati e infangati. E' domenica, del sole non se ne parla ancora e pioverà di nuovo...... ma questa sarà un'altra storia.