25/11/2017
Simone Dalla Valle - dog trainer
Per affrontare una situazione tanto complessa quale è quella dei canili e delle staffette ritengo si debba prima di tutto poter astrarre dall'esperienza personale, che in quanto tale non costituisce un dato statistico, e rifarsi invece a dati più numerosi e raccolti in momenti e luoghi diversi.
Il fatto che qualcuno abbia contribuito personalmente ad un numero di affidi andati a buon fine, infatti, non significa affatto che questo sia il modo corretto di gestire le adozioni in senso lato e che in linea di massima le staffette vadano a buon fine.
Se non si comprende la differenza che vi è tra un'esperienza personale e un dato statistico, infatti, il rischio è quello di assumere il ruolo di colui che sostiene che "fumare non fa male perché, dopo aver trascorso una vita a fumare, a lui e ad altre persone che conosce non è mai successo nulla"!
Conosco anche io cani che al termine di una staffetta sono finiti in "buone mani", ma allo stesso tempo potrei citare numerosi casi di cani che ho incontrato solo negli ultimi mesi provenienti da staffette e finiti poi in altri canili (che da quel momento si devono occupare di loro con tutto ciò che ne deriva in termini di tempo e risorse economiche) poiché rifiutati dai loro futuri proprietari, così come di cani che sono scappati durante una sosta in autogrill e risultano ancora oggi dispersi, così come di cani che sono addirittura arrivati traumatizzati o moribondi al termine del viaggio.
Tuttavia la mia posizione in merito alle staffette non si basa solo sulle mie esperienze personali (altrimenti cadrei nello stesso errore), ma sui dati raccolti in 13 anni di lavoro e collaborazione con diversi canili e numerose associazioni animaliste e al contempo sulle esperienze condivise con i tanti colleghi che, come me, operano in queste realtà.
Solo così ritengo sia possibile avere una conoscenza abbastanza approfondita e obiettiva per poter sostenere una posizione in merito ad un tema così rilevante.
Un'altra considerazione che è poi fondamentale fare è che la maggior parte delle staffette si basano sul motto "il fine giustifica i mezzi".
Ma siamo sicuri che il fine di un randagio che vive nelle campagne o sulle spiagge o che è finito in un canile lager dopo aver fatto questo genere di esperienza, senza mai aver indossato un collare e aver camminato al guinzaglio in mezzo alla gente sia quello di finire in un appartamento in città?
E, in linea di massima, siamo sicuri che il fine di un animale sociale e dal comportamento complesso e variegato quale è appunto il cane sia quello di finire a scatola chiusa in un contesto che non conosce e che potrebbe anche risultare incompatibile con il suo profilo motivazionale e il suo bagaglio esperienziale?
Io non lo credo e per fortuna non lo crede neanche la maggior parte dei miei colleghi che collaborano con i canili italiani e che, come il sottoscritto, si trovano non di rado a mettere pezze a quanto succede in virtù di azioni condotte a fin di bene ma senza alcuna competenza etologica.
La stessa competenza che ritengo necessaria per poter parlare a ragion veduta di bisogni e benessere del cane, randagio o di famiglia che sia!
So bene che la situazione dei canili in Meridione non è rosea e che è ancora tanto il lavoro da fare, ma credo si possa fare lo stesso discorso anche per diversi canili del Centro e del Nord. Lungi da me quindi fare distinzioni territoriali, sia dal punto di vista cinofilo che dal punto di vista politico (per altro sono per metà calabrese!).
Tuttavia non è "staffettando" cani da una parte all'altra dell'Italia che si risolverà il problema dei cani e dei canili del Sud!
Le staffette vengono fatte da decenni eppure è cambiato qualcosa?
Non mi risulta affatto!
E allora perché ostinarsi su questa strada invece che provare a perseguire gli stessi obiettivi seguendo altre strategie?
Finchè le istituzioni non si accolleranno i costi per campagne di sterilizzazione sul territorio così come di campagne informative rivolte alla cittadinanza (visto che non di rado i randagi non sono altro che ex-cuccioli di privati abbandonati per strada…) e non cominceranno a stipulare accordi per l'assegnazione e la gestione dei canili basati su obiettivi lavorativi a lungo termine e portati avanti da personale competente e formato invece che su interessi politici ed economici, saremo chiusi in un circolo vizioso di cui a pagarne le spese saranno sempre e solo i cani!
Inoltre visto che dal mio punto di vista con i cani si dovrebbe instaurare una relazione simile a quella che instauriamo con i nostri amici, dubito fortemente che questo sia possibile "conoscendo" un cane tramite un annuncio e una fotografia visti su internet. Ritengo invece che lo si possa fare solo frequentando quel cane per il tempo necessario a conoscerlo e, soprattutto, a farsi conoscere da lui.
Altrimenti cadiamo nel rischio di imporre al cane che diciamo di voler salvare uno stile di vita e un contesto abitativo che magari lui potrebbe non apprezzare o addirittura rifiutare.
E questo non mi sembra un grande atto d'amore e rispetto nei confronti di un individuo che si afferma di amare e voler aiutare.
E, infine, visto che l'obiettivo delle staffette è comunque quello di "salvare dei cani condannati alla gabbia a vita", mi permetto di lanciare una provocazione: questo obiettivo non dovrebbe riguardare tutti i cani e, quindi, anche i cani ospitati nei canili al Nord?
In parole povere come glielo spiego ai cani ospitati nel mio canile che non verranno adottati perché qualcuno che abita a poche centinaia di metri da loro ha preferito adottare un cane che proviene da centinaia di chilometri di distanza?
Perché alla fine è così che vanno le cose ed è giusto che si sappia!
Altrimenti si rischia di fare una discriminazione al contrario e, non so voi, ma io detesto ogni tipo di discriminazione, soprattutto quelle rivolte ad individui indifesi e incapaci di opporsi.